Ospite della trasmissione "First Take", l'ex presidente (dimissionario) dei Lakers svuota il sacco. "Troppo gente al tavolo delle decisioni dei Lakers, con Rob Pelinka che parlava male di me alle mie spalle. Me ne sono andato perché non avevo il potere di decidere, ma LeBron vincerà un titolo con questa franchigia"
LE DIMISSIONI DA PRESIDENTE DI MAGIC JOHNSON
A un mese e mezzo di distanza dalla clamorosa – e inaspettata – decisione di lasciare la carica di presidente dei Los Angeles Lakers, iniziano a emergere alcuni dettagli che raccontano dei perché della scelta e del clima (tutt’altro che idilliaco) in seno alla franchigia gialloviola. A fornirli lo stesso Magic Johnson, che ospite del giornalista ESPN Stephen A. Smith alla trasmissione “First Take” non ha usato mezzi termini nell’accusare l’attuale general manager dei Lakers di “tradimento” sottolineando anche il clima di confusione a livello decisionale che ha portato al suo passo indietro. “Se devo parlare di tradimento, l’unica persona da cui mi sono sentito tradito è Rob Pelinka – afferma l’ex legenda gialloviola – ma i fattori che mi hanno portato a lasciare i Lakers sono tanti. Mi sono guardato dentro, l’ho fatto per mesi, e una delle cose che non mi piaceva era il fatto che Tim Harris [presidente delle Business Operations] fosse coinvolto nelle decisioni di basket, quelle tecniche. Jeanie [Buss] deve fare in modo che non succeda più, oggi come oggi c’è troppa gente al tavolo delle decisioni dei Lakers, e così quando io esprimevo la mia opinione, lei ne aveva già sentite tante altre, a volte divergenti e contrastanti. Con lei sono stato chiaro, gliel’ho detto: ‘Non puoi gestire un’azienda in questo modo’. Per l’amore e il rispetto che lei nutre verso queste persone noi spesso abbiamo finito per non fare delle scelte, oppure non abbiamo fatto quelle giuste. Avrei dovuto essere io – nel mio ruolo di presidente – ad avere l’ultima parola sulle decisioni di campo, e invece non è stato così”, racconta Magic. Che poi torna indietro al momento del suo ingresso nell’organizzazione dei Lakers nel ruolo di presidente per chiarire come si sono creati certi equilibri fin dall’inizio e perché, poi, questi stessi equilibri siano saltati, portando alla sua decisione di abbandonare il ruolo di presidente. “Con Jeanie ero stato chiaro, ho altri impegni, ho vari business avviati, se mi vuoi io sarò dentro e fuori dai Lakers. Mi ha detto ok. Allora ho chiesto di avere il potere di prendere le decisioni – per me era importante saperlo – e mi ha assicurato che lo avrei avuto. A quel punto ho accettato, e lei mi ha affiancato Rob Pelinka, che io non conoscevo. Il primo anno è andato tutto bene, dovevamo scendere sotto il salary cap, lo abbiamo fatto; per via del problema con Swaggy P [Nick Young] sapevo che avrei dovuto liberarmi di D’Angelo Russell, e la scelta che abbiamo ottenuto nello scambio è stata quella che abbiamo utilizzato per Kyle Kuzma; quindi abbiamo scelto Lonzo Ball alla n°2, e sono convinto ancora oggi sia una point guard e un giocatore all-around davvero eccezionale, e con lui abbiamo preso Josh Hart. Tutto sembrava andar bene”, dice Johnson, che invece racconta come, nel giro di poco tempo, le cose sono cambiate completamente.
“Rob Pelinka parlava male di me alle mie spalle”
Le frizioni tra Magic Johnson nel suo ruolo di presidente e il resto del front office dei Lakers sono poi giunte alla superficie in maniera clamorosa con l’intensificarsi di voci che hanno aperto gli occhi all’ex n°32 dei gialloviola. Che racconta: “A un certo punto ho iniziato a sentire voci che mi contestavano il fatto di non essere troppo coinvolto nei Lakers, di non essere spesso in ufficio. Più di una persona all’interno dell’organizzazione mi diceva che Rob [Pelinka] stava mettendo in giro queste voci alle mie spalle, e la cosa non mi piaceva. Ho ricevuto conferma anche da gente fuori dal giro dei Lakers, gente di cui mi fido, e anche loro avevano sentito le stesso voci. Nel frattempo ho dovuto gestire le ambizioni dei due fratelli Buss, Joey e Jesse, che volevano più potere in seno all’organizzazione – e l’ho fatto volentieri. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso ha riguardato Luke Walton”, rivela Magic.
Il dilemma Walton: “Io lo volevo licenziare”
Sull’attuale allenatore dei Sacramento Kings, licenziato dai Lakers a fine stagione, Johnson rivela: “Luke mi piace, è bravo, ma pensavo che dovessimo licenziarlo per cambiare direzione. Tim Harris invece voleva tenerlo, perché loro due sono amici, si conoscono bene – e Luke, lo ripeto, è davvero un’ottima persona. Però io pensavo di dover rendere conto soltanto a Jeanie Buss, e invece ora mi ritrovavo Tim Harris a farmi sapere la sua opinione su una decisione tecnica. Allora ho capito: era arrivato il momento di andarmene. Parlavano male di me alle mie spalle. Non avevo il potere che pensavo di dover avere. Ho capito che era il momento di farmi da parte”.
"LeBron vincerà un titolo con i Lakers"
Un addio che però, secondo lo stesso Magic, non compromette il futuro dei Lakers, che l'ex n°32 continua a vedere assolutamente roseo, per la presenza di LeBron James e non solo: "Andarsene? Perché dovrebbe? LeBron è il giocatore che ha una chance di invertire la rotta di questa franchigia. Il nostro nucleo di giovani giocatori è davvero speciale e se ci si aggiunge un grande free agent – non mi importa chi, può essere Kyrie Irving, Kawhi Leonard – la squadra è competitiva a ogni livello. Se LeBron vincerà mai un titolo con i Lakers? Sì, succederà", afferma sicuro, e spiega cosa deve succedere perché accada: "LeBron sarà importante nel reclutare altri giocatori, la società deve seguire la direzione di Jeanie [Buss], di LeBron, di Rob [Pelinka] e al massimo quella di Frank [Vogel, il nuovo allenatore]. Basta. Punto. Nessun altro".