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NBA, Magic Johnson si è dimesso da presidente dei Los Angeles Lakers

NBA

Con un annuncio sorprendente, Magic Johnson ha deciso di lasciare la carica di presidente dei Los Angeles Lakers, senza avvisare prima la proprietà o nessun altro all’interno della franchigia. "Mi divertivo di più quando non ero presidente. Voglio essere libero. Questo per me è un buon giorno"

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Magic Johnson non è più il capo della dirigenza dei Los Angeles Lakers. Ad annunciarlo è stato lui stesso, in una conferenza stampa improvvisata poco prima della gara finale dei gialloviola allo Staples Center di L.A.. Una decisione del tutto inattesa sia all’interno della franchigia che fuori, che ha motivazioni di carattere personale prima ancora che professionale: "Mi divertivo di più quando ero dall’altra parte, perché in questo ruolo non posso avere un impatto sulle vite delle persone" ha spiegato davanti alla stampa che non si aspettava di ricevere una notizia del genere. "Ci ho pensato e mi sono detto che questo lavoro non è più divertente. Non è quello che sono. Voglio tornare a divertirmi, voglio tornare quello che ero prima di accettare questo posto". A rendere ancora più strana l’intera vicenda non c’è solo la tempistica dell’annuncio, quanto il fatto che Magic non abbia avvisato nessuno all’interno della franchigia — né la proprietaria Jeanie Buss né il General Manager Rob Pelinka, per non parlare di LeBron James che (secondo quanto riferito da ESPN) aveva incontrato giusto sabato senza dare alcuna indicazione di voler lasciare i Lakers. "Sapevo di non poterglielo dire faccia a faccia” si è giustificato Johnson parlando della Buss. "Le voglio bene come se ne può volere a una sorella. Non avrei potuto farlo di fronte a lei. Voglio preservare il nostro rapporto, tornando a essere un fratello per lei e un ambasciatore del gioco". Sulla sua decisione, almeno da quanto dichiarato da Magic, non dipende da quella di licenziare o meno Luke Walton, anche se ormai da mesi il coaching staff dei Lakers si aspetta di essere lasciato andare al termine di questa stagione. Quando gli è stato chiesto se volesse vedere Walton e Pelinka ai loro posti il prossimo anno, Johnson ha semplicemente risposto che a deciderlo sarà Jeanie Buss, e che non avrebbe potuto prendere la decisione di licenziare Walton senza deluderla enormemente. Lei, dal canto suo, ha twittato il suo apprezzamento incondizionato per quanto fatto da Magic.

L'assenteismo di Magic e i problemi con il resto della dirigenza

Negli ultimi giorni si erano rincorsi diversi articoli in cui Magic veniva definito come un “dirigente assente”, spesso più impegnato a seguire i suoi tantissimi impegni fuori dal basket — gestisce un impero da oltre 700 milioni di dollari, tra cui le proprietà dei Dodgers e dei Los Angeles FC — piuttosto che essere presente negli uffici della dirigenza. Secondo una fonte di CBS Sports, Magic era solito presentarsi in ufficio qualche giorno al mese, prendere decisioni un po’ alla rinfusa e poi sparire, lasciando che fossero gli altri a risolvere i problemi da lui creato. Non a caso, il suo General Manager Rob Pelinka non è stato citato o ringraziato da Magic nella sua conferenza stampa da 40 minuti, e ci sono state alcune parole particolarmente sibilline. "Le cose che più non mi sono piaciute sono state le pugnalate nella schiena e i bisbigli" ha detto, chiarendo poi che non si stava riferendo ai Lakers ma al resto della lega. "Non mi sono piaciute molte cose che sono successe e che non sarebbero dovute succedere. Spero che i Lakers dopo questa stagione vadano nella giusta direzione, come credo che siamo diretti - altrimenti non me ne sarei andato. Gli infortuni ci hanno davvero frenato, ma mi è piaciuto lavorare con Jeanie. È dura lasciare un’organizzazione che amo, ed è dura lasciare una persona come Jeanie. Le voglio bene, non voglio farle del male. E voglio bene anche a Luke [Walton]". La mancanza di Pelinka, ancora una volta, è degna di nota, anche se Magic ha detto solo di non aver avuto problemi con lui.

Il comunicato dei Lakers e la frustrazione di Johnson

I Lakers hanno poi rilasciato un comunicato nel quale hanno scritto che “non esiste un Los Angeles Laker più grande di Earvin Johnson. Siamo profondamente grati per tutto quello che ha fatto per la nostra franchigia — come giocatore, ambasciatore e dirigente. Sarà sempre non solo un’icona dei Lakers, ma nella nostra famiglia”. Parole di ringraziamento dovute a quello che indiscutibilmente è un personaggio chiave della franchigia gialloviola, ma che non citano i problemi avuti da quando ha assunto la carica nel febbraio 2017. Questa stagione è stata particolarmente difficile per tutti, mancando i playoff per il sesto anno consecutivo nonostante l’arrivo in città di LeBron James — che rimane in assoluto il punto più alto dell’esperienza di Magic alla guida dei Lakers. "Io sono uno spirito libero, non posso essere ammanettato. Questo per me è un buon giorno" ha detto nel corso della sua conferenza, nel quale ha però spiegato come fosse stanco di essere investigato o multato ogni volta che parlava di qualche giocatore avversario. "Pensavo al ritiro di Dwyane Wade: non posso neanche twittare per congratularmi o essere presente. Quando Russell Westbrook ha fatto 20+20+20, non ho potuto dire nulla per celebrarlo. Anche quando Ben Simmons mi ha chiamato seguendo i canali giusti, sono comunque passato come il cattivo della situazione anche se non ho fatto nulla di male. Ho pensato spesso alle persone che mi vogliono come mentore o come parte delle loro vite, cose che non posso fare in questa posizione. Mi divertivo di più dall’altra parte". Sarà anche così, ma come spesso è accaduto in questi due anni ora tocca agli altri rimettere assieme i cocci di una franchigia più in frantumi che mai quando sta per aprirsi un’estate fondamentale sul mercato — in termini di scambi e free agent — per costruire attorno a LeBron James la squadra da titolo che tutti si aspettano. Ma a chi spetterà farlo ora?