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NBA Finals, Kawhi Leonard nominato MVP: "Tanti dubitavano di me"

NBA

A cinque anni di distanza dalla prima volta, Kawhi Leonard torna sul trono della NBA con il trofeo di MVP in mano — il terzo dopo Kareem Abdul-Jabbar e LeBron James a riuscirci con due squadre diverse. "La scorsa estate è stata dura, ma sono contento che tutto sia stato ripagato"

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Un anno fa di questi tempi Kawhi Leonard era reduce da una stagione della sua carriera sostanzialmente buttata, e probabilmente si era già convinto della necessità di lasciare i San Antonio Spurs. Dodici mesi dopo è di nuovo campione NBA e di nuovo MVP delle Finali, a cinque anni di distanza dal primo trionfo in nero-argento, diventando il terzo giocatore nella storia NBA a vincere il premio di miglior giocatore delle finali con due maglie diverse dopo Kareem Abdul-Jabbar e LeBron James, ma il primo di sempre a farlo nelle due conference. “L’estate scorsa ho dovuto affrontare tante cose” ha detto Kawhi sul palco intervistato da Doris Burke di ESPN. “Ma ho un grande gruppo che mi sostiene: io ho solo continuato a lavorare duro e a mettere la testa solamente su questo trofeo che ho qui in mano. Sono arrivato in una squadra con un nuovo allenatore che aveva il mio stesso obiettivo, quello di vincere il Larry O’Brien Trophy. Questo è il motivo per cui gioco a pallacanestro, quello per cui lavoro tutta l’estate in off-season, e sono contento che tutto quel lavoro sia stato ripagato”. Leonard ha chiuso la serie di finale con 28.5 punti, 9.8 rimbalzi, 4.2 assist, 2 recuperi e 1.2 stoppate con il 43.4% dal campo, il 35.7% da tre su 7 tentativi a partita e il 90.6% ai liberi, chiudendo gara-6 con tre tiri liberi (uno per fallo tecnico e due per fallo subito) portando i Raptors da +1 a +4 e chiudendo la serie. Quando l’ultimo tentativo di Steph Curry è andato a spegnersi, persino Leonard — uomo senza emozioni per eccellenza — si è lasciato andare a urla e festeggiamenti, ritrovando la compostezza solamente per dare un ultimo saluto ai suoi avversari come Draymond Green, Steph Curry e Andre Iguodala.  “Le esperienze della mia vita mi permettono di giocare come gioco” ha detto poi sempre sul podio. “I miei compagni mi hanno accolto a braccia aperte, il management mi ha permesso di pensare solamente a giocare a pallacanestro. Cerco sempre di non farmi prendere dall’esaltazione o dallo sconforto, e tutto è andato per il meglio”.

Il premio di MVP e quel messaggio a Kyle Lowry dopo la trade

Leonard è stato nominato MVP — un premio che lui ha detto di “non aver cercato di vincere” — quasi all’unanimità, visto che solamente un giurato su undici (Hubie Brown di ESPN) ha preferito dare il suo voto a Fred VanVleet, a cui lui stesso ha dato i suoi meriti sottolineando il suo “incredibile ultimo quarto”. Senza alcun dubbio però è lui l’uomo del momento, meritandosi anche diverse domande in conferenza stampa dopo il successo, spiegando come è nata questa stagione così speciale: “Tutti sappiamo quali erano le mie destinazioni preferite [al momento dello scambio]. Ma come ho sempre detto dal primo giorno, ero concentrato sul presente con l’obiettivo di fare la storia, e lo abbiamo fatto. Il giorno stesso in cui sono stato scambiato ho mandato un messaggio a Kyle [Lowry] e li ho scritto: so che il tuo miglior amico se ne è andato, so che sei arrabbiato, ma facciamo funzionare le cose e creiamo qualcosa di speciale. Oggi siamo qui”. Dopo aver speso un momento per fare gli auguri di pronta guarigione al suo “buon amico” Klay Thompson, Leonard è tornato con la mente agli ultimi istanti delle Finals 2013 contro Miami, dove ha perso il suo primo titolo per una questione di rimbalzi: “Il tiro di Steph non mi sembrava buono: ovviamente lo può mettere visto che ne ha segnati milioni, ma non ne ero troppo preoccupato. Mi sono occupato soprattutto del rimbalzo, perché in passato ho perso le Finals per non essere riuscito a controllare il pallone. Ho cercato di portarla avanti e non di prenderla in mano per far scorrere il cronometro, evitando che mi facessero fallo”.

La frecciata a San Antonio: “Tanti pensavano che stessi inventando l’infortunio”

Inevitabile poi tornare su quello che è successo lo scorso anno a San Antonio, e Leonard — pur nel suo modo — si è tolto qualche sassolino dalle scarpe: “Un sacco di persone hanno dubitato di me. Pensavano che stessi inventando l’infortunio oppure che non volessi più giocare per la squadra” ha detto. “La cosa che più mi ha deluso è che tutto è trapelato ai media, perché io amo il gioco della pallacanestro. Io soffro se non gioco. Perciò, attraversando una situazione di quel genere, ho capito che dovevo rendere felice solo me stesso e nessun altro. Non importa quello che si dice di me, io so chi sono e mi fido di me stesso. Io gioco nella maniera giusta, non cerco i titoli dei giornali: è quello che ho imparato nella mia carriera in NBA”. Da quei momenti difficili, però, è nata una cavalcata ai playoff tra le più entusiasmanti a livello individuale nella storia della NBA: “Questo titolo vuol dire moltissimo. La scorsa estate è stata dura, ma mi sono sempre detto che sarei tornato a essere me stesso. Volevo tornare nella forma in cui ero senza dover giocare cinque partite e poi infortunarmi di nuovo — che è quello che sono riuscito a fare quest’anno. Non sono riuscito a farne 82, ma sono contento di essere arrivato a 60. A Toronto lo hanno capito e tutto è andato per il meglio”.

Nessuna indicazione sul futuro: “Ci penserò poi”

Ovviamente a Toronto ora Leonard godrà di fama imperitura, avendo portato i Raptors al primo titolo nella loro storia e avendo riportato un trofeo a Toronto a 26 anni di distanza dall’ultimo. La domanda che tutti si fanno, ovviamente, riguarda il suo futuro, visto che il due volte MVP delle Finals potrà diventare free agent a fine mese e decidere la sua prossima destinazione. Imbeccato da Doris Burke proprio su questo argomento, Leonard — come era facilmente prevedibile — non ha lasciato indicazioni a riguardo: “Mi godrò questa vittoria con i compagni e i miei allenatori, al resto ci penserò poi” ha detto. Almeno per una sera, anche lui si è potuto lasciare andare a un sorriso e ai festeggiamenti — anche se a Toronto sperano che sia il primo di una lunga serie.