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Coronavirus, la soluzione per ripartire in NBA sono i test rapidi

coronavirus
©Getty

NBA e NBPA stanno guardando con attenzione da settimane alla sperimentazione di alcuni dispositivi di tracciamento del contagio attraverso l’analisi del sangue, il modo migliore per avere un risultato accurato in pochi minuti: il primo passo necessario in un processo più lungo da seguire per ritornare in campo nel minor tempo possibile

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Chi ne sta studiando e mettendo a punto i primi prototipi li definisce come i dispositivi utilizzati dai diabetici per controllare il livello di glucosio nel sangue: un piccola puntura sul dito e in pochi istanti si ha il risultato. Questo il tipo di sperimentazione a cui sia la NBA che la NBPA - il sindacato che rappresenta i giocatori - stanno guardando per progettare un percorso di ritorno in campo che sia il più rapido possibile. Secondo quanto riportato dal Washington Post, alcuni laboratori dell’Illinois hanno già ottenuto il permesso per la sperimentazione dei dispositivi: in meno di 15 minuti sarebbe così possibile sapere se una persone è positiva al virus o se eventualmente ha già sviluppato gli anticorpi - ossia già guarita e dunque immune dal contagio. Al momento il prototipo è in fase di sperimentazione e non ci sono tempistiche certe rispetto a quando verrà provata la sua efficacia. La scienza sta cercando in questa fase così complessa di accelerare i tempi, ma non è immaginabile avere nel breve periodo uno scenario chiaro di quanto potrebbe volerci prima di tornare in campo. L’idea più diffusa al momento nella lega è proprio questa: i dispositivi sono il primo passo indispensabile da compiere. Senza il tracciamento rapido del contagio non può esserci modo di ricominciare a giocare: “Tutti i lavori che richiedono il contatto fisico con gli altri hanno questa necessità: dobbiamo sentirci sicuri e per esserlo bisogna poter testare le persone di continuo. Lo sport non fa eccezione”.

I tempi lunghi e la paura dei “falsi negativi”

Da parte della NBA al momento non c’è nessuna intenzione di “forzare la mano”, ben consapevole che in questa fase le priorità sono altre. La lega però è già pronta a dirsi disponibile per un’eventuale sperimentazione, in prima linea nel momento in cui ci sarà - si spera il prima possibile - l’opportunità di utilizzare questo metodo per tracciare il contagio. “Sappiamo che questa tecnologia verrà utilizzata in maniera prioritaria da chi sta lavorando in prima linea: medici, trasportatori, lavoratori dei servizi pubblici. Bisognerà capire anche quando sarà disponibile su larga scala, in maniera tale da permettere anche alla NBA di poter far partire un piano di rientro in campo”. Strumenti del genere infatti verrebbero utilizzati all’ingresso delle arene per testare giocatori e staff prima della partita (sempre in uno scenario a porte chiuse senza pubblico): un filtro fondamentale per permettere di giocare con serenità. A preoccupare però al momento sono i “falsi negativi”, coloro che vengono erroneamente valutati come non malati potendo così diffondere il virus. Questo è solo uno dei tanti punti interrogativi ancora da sciogliere, con tutti i vari addetti e GM ascoltati da ESPN a tal proposito che concordano su un punto: “Il commissioner Silver è molto prudente e da sempre ha come priorità la salute di giocatori e staff: non saremo i primi a riaprire, con il rischio di scatenare un disastro sanitario”.