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NBA, Kobe Bryant: “Senza l’aiuto di Michael Jordan non avrei mai vinto 5 titoli”

the last dance
©Getty

Il protagonista dell’inizio della quinta puntata di “The Last Dance” - in Italia su Netflix e disponibile a un prezzo vantaggioso per gli abbonati Sky che sottoscrivono l’offerta Intrattenimento Plus su Sky Q - è il Black Mamba, che parla in un’intervista inedita del suo rapporto con MJ: “Era il mio fratello maggiore, tutto ciò che facevo in campo l’ho imparato da lui”

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Parla al presente Kobe Bryant, protagonista assieme a Michael Jordan dell’All-Star Game del 1998 al Madison Square Garden - il primo grande palcoscenico nella carriera del futuro Hall of Famer dei Lakers, sul quale si è potuto confrontare per la prima volta con il suo idolo, la sua ispirazione, la sua ossessione. Inizia così la quinta puntata di “The Last Dance” - serie disponibile in Italia su Netflix a un prezzo vantaggioso per gli abbonati Sky che sottoscrivono l’offerta Intrattenimento Plus su Sky Q - dedicata alla memoria del Black Mamba, scomparso lo scorso 26 gennaio a seguito di un incidente in elicottero a Los Angeles. “Quel giovane dei Lakers mi affronterà uno contro uno di continuo”, commenta Jordan tra il sorridente e l’infastidito nello spogliatoio, prima di mettere piede in campo per la partita delle stelle. “Non aspetta il suo momento. Lui va e se lo prende”, aggiungono i tanti All-Star dell’Est che circondano MJ. “Ok, ci sto. Sarà un testa a testa continuo”. E con chi scherza sugli errori al tiro e sulle forzature di Bryant, che continua imperterrito a tirare nonostante non trovi il fondo della retina, aggiunge: “Io avrei smesso di passargliela. Se vuoi la palla, vai a rimbalzo”. Un concetto ribadito anche in panchina, quando durante un timeout (ripreso sempre grazie alle immagini esclusive di cui i registi e i produttori di The Last Dance dispongono), si sente MJ aggiungere: “Vuole solo attaccare uno contro uno. Lo farò faticare”. Al termine di quella partita così particolare [in teoria sarebbe stato l’ultimo All-Star Game della carriera di Jordan, ritornato poi in campo con gli Wizards e alla partita delle stelle anche nel 2002 e nel 2003, ndr] Jordan chiude come “l’All-Star degli All-Star”, da MVP del match grazie ai suoi 23 punti e 8 assist. Bryant però è il miglior realizzatore dell’Ovest: 18 punti e soprattutto 17 tiri tentati in 22 minuti in campo. “Ci vediamo alla prossima”, commenta MJ nell’abbraccio finale post-partita, dandogli una pacca sulla schiena. Arriverà il tuo momento, ma non ancora.

Le parole di Bryant: “Nessuno mi prendeva sul serio, MJ invece…”

A colpire però durante la ricostruzione di quell’All-Star Game sono soprattutto le parole del Kobe Bryant di oggi, registrate poche settimane prima della sua scomparsa. “Sono cresciuto guardando Jordan in TV e finalmente potevo giocarci contro. Avevo la possibilità di vederne e apprezzarne dal vivo la forza, la rapidità e la velocità d’esecuzione. Fu molto belle essere lì”, spiega il Black Mamba, senza nascondere le difficoltà di quei momenti e ringraziando MJ per la mano tesa verso di lui: “I miei primi due anni in NBA non furono facili, l’età media delle squadre era molto più alta - non come ai giorni nostri. Nessuno mi prendeva sul serio. Ero il ragazzino che non riusciva neanche a prendere il ferro. In quel periodo Michael mi aiutò molto. Volevo fargli una domanda riguardo la sua tecnica di tiro ad esempio, e quando gliela feci mi diede una risposta dettagliatissima. E poi aggiunse: “Se ti serve qualcosa, chiamami pure”. È stato come un fratello maggiore”. Le stesse parole usate da Jordan durante la cerimonia di commemorazione allo Staples Center dedicata a Kobe e a sua figlia Gigi lo scorso 24 febbraio, quando MJ in lacrime sottolineò questo aspetto: il loro legame, il continuo contatto e il sentirlo come un fratello minore. Una presenza fondamentale nella vita del Black Mamba, che chiosa: “Non mi piace discutere su chi avrebbe vinto in uno contro uno: i miei tifosi sostengono che avrei battuto MJ, ma io ho sempre detto che ciò che facevo l’avevo imparato da lui. Non avrei mai vinto 5 titoli NBA senza di lui, perché fu una guida e mi diede dei consigli fondamentali”. Proprio come fanno i fratelli maggiori, presenti e vicini fino alla fine.