NBA: i Golden State Warriors hanno il piano, ma i tifosi per ora non potranno entrare
coronavirusLa squadra di San Francisco ha presentato un piano alle autorità sanitarie per garantire l’accesso al Chase Center in massima sicurezza di 10.000 persone durante le gare casalinghe degli Warriors. Progetto respinto a causa del crescente numero di contagi in California, ma che potrebbe tornare utile tra qualche mese. Ecco come funziona
“Il risultato del test per rilevare la presenza di COVID-19 che hai effettuato oggi è negativo: ora puoi accedere al Chase Center”. Queste le parole che i tifosi di San Francisco sperano di poter leggere presto, prima di sedersi comodamente in tribuna ad assistere a una partita degli Warriors. Uno scenario che la franchigia californiana è stata costretta a rimandare, almeno in queste prime settimane di regular season. Le autorità sanitarie di San Francisco nelle scorse settimane hanno rigettato il piano da 30 milioni di dollari con cui gli Warriors vogliono riportare almeno 10.000 persone sulle tribune del Chase Center per ogni gara casalinga della squadra di Steve Kerr. Una decisione che tiene conto del sensibile incremento di contagi che la California - e non solo - sta vivendo in queste ultime settimane, durante le quali sono tornate anche alcune restrizioni negli stati federali più colpiti. La bocciatura, dunque, è stata interpretata dai dirigenti degli Warriors come un messaggio implicito: “Adesso non possiamo dare l’ok, ma il vostro piano va bene e vedremo quando sarà possibile metterlo in pratica nel prossimo futuro”. Questo quanto raccontato da Kim Stone, uno dei dirigenti dell’arena di San Francisco. “Se saremo fortunati, tra 60 o al massimo 90 giorni potremo metterci a lavoro su ciò che abbiamo preparato”.
A pochi giorni dall’avvio della regular season - che Golden State inizierà in trasferta a Brooklyn - il discorso è tornato d’attualità a seguito di un articolo pubblicato da Marcus Thompson su The Athletic; a bordo campo al Chase Center a nove mesi di distanza dall’ultima gara interna degli Warriors che risaliva allo scorso 10 marzo. Qualche ora prima della partita di preseason contro i Nuggets, anche il giornalista ha ricevuto il risultato del test rapido effettuato per accedere all’arena. Un cartoncino bianco consegnato in maniera strettamente privata - Golden State, la franchigia e i suoi dipendenti non sono in alcun modo a conoscenza dei risultati degli esami - dopo aver seguito in maniera scrupolosa un iter che potrebbe essere replicato anche per garantire l’accesso ai tifosi. La sfida contro Denver infatti è stata giocata senza pubblico, ma tutti gli impiegati - giornalisti con accredito inclusi - sono state testati prima della palla a due. A 24 ore dalla partita, gli addetti del Chase Center hanno inviato una mail con tutte le indicazioni per sottoporsi ai controlli: mappe, diagrammi e spiegazioni di ciò che accadrà prima di accedere all’arena. Una delle richieste è quella di scaricare l’app CLEAR - utilizzata da molti in aeroporto per evitare le code - sulla quale ricevere in formato digitale i risultati degli esami.
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Nel caso di Marcus Thompson, ma è presumibile che il protocollo verrà applicato anche ai tifosi, la richiesta è stata quella di arrivare all’arena con tre ore d’anticipo rispetto alla palla a due. Routine per i giornalisti, un po’ meno per gli appassionati a quali non è permesso introdurre cibo all’interno dell’arena. L’esame prevede l’utilizzo di un tampone da inserire in entrambe le narici per una decina di secondi ciascuna. Nessun test antigenico, ma un molecolare rapido che permette di avere il risultato in meno di un’ora. A differenza dei test più veloci effettuati in in soli 15 minuti, l’efficacia del controllo in laboratorio permette di ridurre dal 50 al 2% il numero di falsi positivi rilevati. Un investimento più oneroso in termini economici e di tempo, ma necessario per rendere credibile il piano messo in piedi dalla dirigenza Warriors. Resta però un grosso punto interrogativo: come riempire quei 45 minuti d’attesa del risultato del test, senza distruggere l’attesa e la piacevolezza dell’esperienza di assistere a una gara NBA? L’idea è quella di creare dei punti dove effettuare i test a cui accedere in macchina sia a Oakland che in altri punti di San Francisco, per evitare che tutte le persone siano costrette ad accedere al Chase Center, restando imbottigliate a distanza in attesa per quasi un’ora del risultato del loro tampone. Si sta pensando anche a un piano di test da effettuare a casa il giorno stesso della partita, in maniera tale da portarsi avanti con il lavoro ed evitare attese e complicazioni - nonostante, in questo modo, aumenti il rischio contagio. Chi risulta positivo al test, deve sottoporsi a un secondo controllo. Se anche quello dà esito positivo, la persona non è autorizzata a entrare. Per tutti gli altri invece si apriranno le porte dell’arena più moderna e innovativa dell’intera NBA.