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NBA, Taylor Jenkins presenta le Finals per Sky: "Contro Golden State basta un errore"

INTERVISTA

Dario Vismara

Il capo-allenatore dei Memphis Grizzlies Taylor Jenkins ha parlato in esclusiva con Sky Sport per raccontare la sua emozione di essere al Basketball Without Borders ad Assago, cosa si aspetta dai suoi Memphis Grizzlies per il prossimo anno e cosa rende Golden State così difficile da battere in una serie di playoff: "Hanno talento, esperienza e profondità di squadra, con loro basta un errore per perdere una partita"

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Anche se ha appena concluso la sua terza stagione in NBA, ci si accorge di quanto è giovane Taylor Jenkins solamente quando ce lo si trova davanti. L’allenatore dei Memphis Grizzlies è un classe 1984 e quando lo incontriamo ad Assago per l’inaugurazione del Basketball Without Borders sembra davvero nel suo elemento: maglietta, pantaloncini, un pallone in mano e una voglia incredibile di mettersi al servizio dei ragazzi venuti da tutta Europa per imparare da lui. Che pur essendo l’unico capo-allenatore presente, è il primo a mettersi in campo a spiegare esercizi e situazioni tattiche alle ragazze del camp, con un entusiasmo che trasuda passione per la pallacanestro. Ma non è l’unico motivo per cui si trova così a suo agio qui: pur essendo la sua prima volta a Milano, Jenkins definisce l’Italia "la sua seconda casa", avendo fatto già numerosi viaggi nel nostro paese (tra cui la sua luna di miele) e avendo studiato italiano al college. E anche se non è più in grado di parlarlo ("Troppo arruginito", dice lui), sostiene di saperlo ancora leggere e capire. Ma per farci raccontare la stagione sensazionale dei suoi Memphis Grizzlies e le Finals che stanno per cominciare siamo tornati all’inglese, e i concetti da lui espressi sempre con il sorriso sulle labbra sono estremamente interessanti, e spiegano anche il successo avuto dalla sua squadra da quando siede in panchina.

Qual è la tua emozione di essere qui al Basketball Without Borders?

"Amo essere qui, è la mia seconda volta al BWB dopo aver fatto quello di Città del Messico qualche anno fa. Gli allenatori con cui ho lavorato, i giocatori NBA e le giocatrici WNBA, ma soprattutto i ragazzi e le ragazze del camp formano una famiglia straordinaria. Se ami il gioco della pallacanestro, se ti piace giocarlo o ti piace allenarlo, questo è il miglior camp che esiste al mondo: si impara tantissimo nell’aiutare il gioco a diventare ancora più grande a livello globale. Spero che i ragazzi imparino qualcosa da me, ma soprattutto sarò io a imparare da loro e dall’energia che mettono in questo gioco".

 

Prima che cominciasse la stagione, ti aspettavi di avere questo successo?

"Ho sempre avuto grandi aspettative su di noi e sul fatto che saremmo migliorati, senza cercare di porre un limite a dove saremmo potuti arrivare. Il nostro obiettivo è sempre quello di vincere il titolo ogni anno, e in questa stagione abbiamo fatto un passo in quella direzione. Ovviamente tutti vogliono vincere ogni anno, ma il nostro obiettivo è l’anello. Sapevo che dopo la passata stagione e l’eliminazione al primo turno con gli Utah Jazz sarebbero tornati con ancora più motivazioni, e abbiamo visto tanti giocatori salire di livello: Ja Morant ha fatto un grande salto in avanti, lo stesso vale per Desmond Bane e Jaren Jackson Jr.. E grazie ai loro miglioramenti, la squadra è salita di livello. Quello che mi entusiasma maggiormente è il lavoro che fanno nella off-season: questo per me è il momento più divertente, perché vedo nei ragazzi la voglia di lavorare sul loro corpo e sul loro gioco anche quando non giochiamo. Sono tutti in palestra, e lo stanno facendo come una squadra. La speranza è che tutto questo lavoro ci porti a essere ancora migliori".

 

Da chi ti aspetti il miglioramento maggiore nella prossima stagione?

"Da tutti, incluso me stesso. Nessuno deve sentirsi soddisfatto di quello che abbiamo fatto: ho allenato meglio nel mio terzo anno rispetto a quanto ho fatto nel secondo, ma il mio obiettivo è fare ancora meglio il prossimo anno. So per certo che Ja Morant ha grandi obiettivi per se stesso, così come Desmond e Jaren, ma tutto deve essere ricondotto a un concetto di squadra: come posso essere la versione migliore di me stesso per aiutare la squadra a giocare una pallacanestro migliore e a vincere? Dobbiamo rimanere fedeli a quello che siamo dall’inizio alla fine della stagione. Nella speranza che poi tutto il tempo che abbiamo investito possa darci dei frutti il prossimo anno ai playoff, andando ancora più avanti rispetto a quest’anno".

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Uno degli aspetti migliori di Memphis è la profondità di squadra, usando tutti i giocatori dal primo al quindicesimo: come si tiene coinvolto tutto il gruppo anche quando alcuni giocano di meno?

"Sin dal primo giorno abbiamo detto ai nostri giocatori che tutti avrebbero avuto un impatto sulla stagione. Cerco sempre di essere onesto e disponibile con tutti, dicendo loro: ‘Anche se non sai quale ruolo avrai o se potrà cambiare nel corso dell’anno, ci aspettiamo che continui a lavorare e a farti trovare pronto quando chiamato in causa. Puoi rimanere fuori per cinque partite e poi giocare le successive cinque; puoi rimanere in panchina nel primo tempo e poi giocare nel secondo; o non vedere il campo nel primo turno dei playoff e poi essere nella rotazione nel secondo. Ma sei in grado di rimanere concentrato, mentalmente e fisicamente, per poter dare un contributo e avere un impatto in campo?’. Sono orgoglioso di quanto fatto dal nostro gruppo: abbiamo superato infortuni e Covid, magari qualcuno ha faticato e ho dovuto cambiare quintetto ma ho sempre avuto fiducia che chiunque avessi messo in campo, se avesse dato tutto se stesso e avesse giocato la pallacanestro dei Grizzlies, avremmo avuto successo come squadra. Con questo spirito, non importa quali dieci giocatori scendono in campo: avremmo vinto comunque".

 

Come squadra voi utilizzate tantissimo il floater: è un tiro che allenate o è dovuto solo alle caratteristiche dei giocatori?

"È un tipo di tiro sul quale stiamo lavorando: ovviamente abbiamo giocatori che se lo sanno prendere molto bene, ma è un’area nella quale possiamo ancora migliorare nel bilanciamento del nostro attacco. In questa stagione siamo migliorati sotto questo aspetto, ma dobbiamo migliorare nelle conclusioni al ferro invece di fermarci ai floater: a volte bisogna prendere quello che ti dà la difesa, ma dobbiamo migliorare anche nel tiro da tre punti. Ne parliamo moltissimo coi nostri ragazzi, è anche un discorso di insegnamento: i tiri che ci prendiamo, che siano in area, fuori dall’area o da tre punti, hanno un impatto sul nostro attacco. Ogni giocatore deve capire quali tiri ci fanno bene e quali ci fanno male, per poi lavorare su quelli in maniera individuale e migliorare la nostra efficienza complessiva. Il prossimo anno contiamo di fare meglio".

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Siete reduci da una serie di playoff contro gli Warriors, che ora sono alle Finals. Cosa li rende così difficili da affrontare?

"Hanno giocatori incredibili, con talento, esperienza e profondità di roster. Abbiamo giocato una serie molto competitiva contro di loro in cui purtroppo ci è mancato qualcosa, ma abbiamo imparato molto. Sono le piccole cose che fanno la differenza contro di loro: un possesso qua e là, un errore qui o là può davvero costarti la partita. Si sono affidati molto alla loro esperienza, sono riusciti a batterci e a superare il turno anche se abbiamo avuto le nostre opportunità. Non è una sorpresa che siano arrivati alle Finals considerando il livello di gioco che riescono ad avere sia in attacco che in difesa, e anche quanti giocatori dal primo all’ultimo riescono ad avere un impatto per loro".

 

Stanno per cominciare le Finals: da allenatore cosa ti aspetti di vedere?

"Spero solo di vedere della grande pallacanestro. Ovviamente da agonista preferirei essere lì in questo momento, ma quando mi metterò a guardarle cercherò di imparare il più possibile da quello che faranno i miei colleghi in panchina, cercando di capire cosa fanno le squadre che sono arrivate fino al livello più alto: quali sono le loro caratteristiche, quali giochi o situazioni utilizzano che magari posso utilizzare anche per la mia squadra. Stiamo cercando di creare una mentalità da titolo: finché non ci arrivi non hai tutte le risposte, perciò cerco sempre di imparare e di migliorare".

 

Pronostico su chi vince e chi sarà l'MVP?

"Non sono tipo da pronostici perché poi finiscono ovunque su Twitter, perciò li lascio agli altri. Penso comunque che durerà sei o sette partite e sarà molto competitiva. L'MVP sarà uno tra Curry e Tatum, sono i due più accreditati".

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