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NBA, Jayson Tatum si racconta: superstar, campione, padre

NBA

Mauro Bevacqua

©Getty

Le sue prime finali NBA sono anche un momento per Jayson Tatum per fare un primo bilancio di una carriera iniziata in NBA nel 2017: 5 anni fa è diventato padre, quest'anno è stato incluso nel primo quintetto NBA. La differenza tra superstar e campione e le sfide di essere padre e ispirazione: Tatum racconta tutto

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Una finale a due facce. Per ora si possono riassumere così le due gare disputate contro Golden State da Jayson Tatum. In gara-1 male al tiro (3/17) ma tanti assist (13, suo massimo in carriera ai playoff); in gara-2 meglio dal punto di vista realizzativo (28 punti, con 6/9 da tre) ma un plus/minus da dimenticare (-36, il peggiore della sua carriera). La stella dei Celtics però prima di gara-3 ha scelto di fare un po' il punto delle sue prime finali NBA ("Un sogno che aveva da bambino e che finalmente adesso è reale"), con un'idea ben chiara in testa: "L'importante è non avere rimpianti: si può vincere, si può perdere, ma vuoi dare tutto quello che hai". Poi però Tatum - votato nel primo quintetto NBA quest'anno - si è tolto anche un piccolo sassolino dalla scarpa: "Ho visto che in giro se ne parla tanto: Tatum è una superstar o no? Mi piacerebbe capire da dove è nato questo dibattito, forse su Twitter o da qualche parte. Sono una superstar? Sono sul punto di diventarlo? Quello che so è che di certo io non ne ho mai parlato", dice divertito il n°0 biancoverde. "Nell'ultimo anno e mezzo, forse gli ultimi due, ho visto che se ne sta parlando sempre di più, e mi chiedo chi ha messo in giro queste voci su di me. Quello che penso io è che tutti possono discutere se un giocatore è una superstar o no, ma se vinco un titolo sarò un campione NBA, e quello non può negarmelo nessuno, è fuori da ogni discussione". Come a dire: superstar è bello, campione è meglio. Difficile dargli torto

"Draft e paternità: il 2017 l'anno più importante della mia vita"

Poi però Tatum ha avuto tempo anche per rivelare un lato più personale, quello per cui non è solo "superstar/campione" ma anche "padre". "Al Draft, nel giugno 2017, non ero ancora padre: mio figlio, 'Deuce', è nato poco dopo [a dicembre, ndr]: quello è stato l'anno più importante della mia vita. Iniziavo un nuovo capitolo: entravo nella NBA e diventavo padre. La mia idea è sempre stata quella di non sacrificare né una cosa né l'altra. Per questo lo vedete spesso con me, agli allenamenti, alle partite: è come se crescessimo assieme, è un modo di convididere con lui tutta la mia vita. Non è stata tanto una scelta intenzionale, quanto un comportamento naturale. Essere un modello per gli altri padri? So di avere una piattaforma con una certa visibilità: se posso ispirare qualche giovane padre in giro per il mondo, tanto meglio. Abbiamo bisogno di padri presenti per i propri figli", dice Tatum. Come lo è lui per "Deuce", nella speranza di potergli magari fare un regalo: l'anello di campione NBA. 

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