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NBA, l'intervista ai produttori di "Underrated": Oakland e famiglia, i segreti di Steph

NBA

Mauro Bevacqua

Ryan Coogler ha sbancato i botteghini di tutto il mondo prima con "Creed" e poi con "Black Panther", di cui è stato regista: qui invece è nelle vesti di produttore, insieme a Erick Peyton, e assieme hanno accettato di rispondere alle nostre domande su cosa renda così speciale Steph Curry

Lo Steph Curry ritratto in "Underrated" è il ragazzino che dal North Carolina - da Charlotte prima e poi da Davidson, sede dell'ononimo college (mezz'ora scarsa di auto più a nord) - spicca il balzo verso la NBA, con il corollario di fama & successo che ne consegue. Ma è impossibile parlare di Steph Curry senza parlare del luogo dove atterra, una volta spiccato il balzo: the Bay, la baia californiana, Oakland prima ancora che di San Francisco. Non a caso il regista, Peter Nicks, e il suo produttore più conosciuto, Ryan Coogler (l'uomo dietro le saghe di "Creed" e "Black Panther"), hanno "Oak-town" fortemente impressa nel prorio DNA. Proprio a Coogler e a Erick Peyton - in un'intervista concessa in esclusiva a Sky Sport da New York - abbiamo chiesto del legame fortissimo che lega Steph Curry alla cittadina appena al di là del Bay Bridge. 

 

RYAN COOGLER: "Direi che c'è una relazione fortissima tra la città e Steph [Curry]: a Oakland non puoi guidare per più di qualche isolato senza imbatterti in un murale su Steph. È come se la città lo avesse adottato in tutto e per tutto, fin da subito, anche se l'inizio non fu per nulla facile, e anche la squadra attraversava un periodo non facile. Oakland ha potuto ammirare la sua ascesa al successo da vicino ma il suo stile di gioco e il fatto che fosse sottovalutato - e che abbia dovuto cambiare il gioco, per potersi affermare - era qualcosa che rifletteva il nostro stato d'animo, perché noi eravamo convinti che anche Oakland fosse sottovalutata, come luogo. Pete Nicks, il regista di 'Underrated' - che io ho incontrato mentre giravo 'Fruitvale Station' [una fermata della metropolitana di Oakland, ndr] - già nel 2012, un anno prima, aveva girato 'The Waiting Room', il primo capitolo della sua trilogia ambientata a Oakland, in quel caso nel mondo degli ospedali pubblici. Tutti quei suoi tre lavori sono uno sguardo a una città che lotta, che spesso viene fraintesa, o data per scontata - caratteristiche che si possono facilmente associare anche a Steph. Credo che Pete [Nicks, il regista] vedesse questo documentario come uno studio sul potere della comunità, su come possa esaltare e massimizzare il valore di un individuo, come possa guidarlo, esserne quasi mentore. Prima ancora di essere una superstar, Steph è un family man. Lo si vede anche quando gioca: la sua famiglia è sempre vicina, a partire dai suoi bambini, che porta con sé anche sul podio delle interviste. La promessa che ha fatto a sua madre, quella di terminare la scuola, laurearsi e avere la sua maglia ritirata, per lui è molto importante, ed è uno dei temi chiavi del documentario".

Sembra quasi che la pallacanestro venga in secondo piano.

 

ERICK PEYTON: "Quando lo abbiamo contattato per proporgli il progetto, la sua prima risposta è stata: 'Io quest'anno ho in programma di laurearmi'. Poi, non so se sono stati gli dei del basket o che cosa, mentre giravamo lui e gli Warriors hanno vinto un altro titolo NBA e noi abbiamo potuto filmare tutto. Siamo stati fortunatissimi a poter testimoniare l'annata che ha avuto, è stata straordinaria". 

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Anche dopo aver vinto tutto, però, Steph rimane Steph, sempre se stesso, e sempre diverso dalle altre superstar.

 

ERICK PEYTON: "Lo è, Steph è diverso in tanti modi. Ho avuto il piacere di lavorare tanto con  lui, ma la cosa che salta all'occhio subito è quanto sia 'vero', 'reale', quanto sia davvero così come lo si percepisce. Per lui essere 'veri' si traduce nel modo in cui uno si relaziona e si approccia alle persone, e credo sia anche una delle lezioni del documentario. Quando lo si ammira con la sua famiglia Steph è esattamente se stesso, sempre a suo agio. In un'epoca in cui tantissimi personaggi cercano disperatamente di essere qualcuno che non sono, Steph è semplicemente Steph, e penso sia questo più di tutto a renderlo diverso".