Esce oggi su Apple TV+ (disponibile su Sky Q e Sky Glass per i clienti Sky abbonati al servizio Apple TV+) il documentario su Steph Curry “Underrated”: il quattro volte NBA ha raccontato la genesi di questo progetto, la sua esperienza nel girarlo e il ruolo della sua famiglia, ma soprattutto come questa mentalità lo abbia aiutato a raggiungere tutti i risultati che ha avuto nel corso della sua carriera da Davidson alla NBA
Steph Curry è ormai una presenza costante nelle nostre vite da 15 anni, da quando nel 2008 si annunciò al mondo trascinando la piccola università di Davidson fino alle Elite 8 del torneo NCAA con uno stile di gioco elettrizzante. Ciò nonostante per tutta la sua carriera è stato "sottovalutato", o per meglio dire "Underrated": un termine che è diventato anche il titolo del documentario sulla sua storia e sulla sua carriera uscito oggi su Apple TV+ (disponibile su Sky Q e Sky Glass per i clienti Sky abbonati al servizio Apple TV+). Un documentario di cui vi abbiamo parlato in anteprima e di cui abbiamo conversato insieme ai due produttori, ma oggi è direttamente Curry a raccontarci la genesi di questo progetto, la sua esperienza nel girarlo e il ruolo della sua famiglia, ma soprattutto come questa mentalità lo abbia aiutato a raggiungere tutti i risultati che ha avuto nel corso della sua carriera.
Come è nata l’idea di questo documentario e come ti è stato presentato il progetto?
"È nato come un momento per riflettere sui 15 anni appena trascorsi, dal torneo NCAA con Davidson nel 2008. Con Apple, A24 e Unanimous Media ci siamo impegnati a ispirare le persone e connettere gente dal background diversissimo: non è solo una storia di sport, ma una storia di crescita e di accettazione del proprio status di "sottovalutato" come un motivo di orgoglio, di scoperta di cosa ti rende diverso e unico, farlo proprio e circondarsi di bellissime persone che ti aiutino nel tuo viaggio. E poi è una storia di gestione del successo e delle sconfitte, e imparare qualcosa su se stessi durante il percorso. È tutto molto coerente con quella che è stata la mia esperienza: era il momento giusto per svelare cosa c'è dietro il mio personaggio e quello che mi rende ciò che so".
Come è stato avere una troupe in casa e nella propria vita privata?
"Lasciar girare le telecamere è stata un’esperienza interessante, perché devi continuare a vivere la tua vita e parlare come faresti normalmente, svelando qual è la tua normalità. Gioco davanti a 19.000 persone ogni sera che scendo in campo perciò non è così diverso rispetto a quello, ma il segreto è stato non mentire su quale sia davvero la nostra vita e condividere il più possibile con il mondo".
Quando è importante la famiglia e quanto è stata fondamentale il loro supporto durante la tua carriera?
"Per me la famiglia è tutto. I momenti più memorabili della mia carriera dentro e fuori dal campo c’è sempre un’energia che arriva dalla mia famiglia e una fiducia per poter fare qualsiasi cosa, che tanto loro saranno sempre lì a sostenerti. Gli arrivi alle arene, gli incontri con la famiglia, i festeggiamenti per i traguardi raggiunti: quelli sono i ricordi che spiccano maggiormente. Poterli condividere con loro è la cosa più bella che abbia provato".
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Sei stato sottovalutato per tutta la tua carriera: dove hai trovato la forza per credere in te stesso e continuare ad andare avanti nonostante le avversità?
"Nel corso della mia carriera essere sottovalutato per me è stato un motivo di vanto: mi ha sbloccato un nuovo livello di fiducia in me stesso e mi ha ispirato nell’impegno che ho dovuto metterci per arrivare a fare tutto quello che faccio, perché è l’unico modo che conosco per essere pronto a prendermi le occasioni che mi capitano. Nonostante tutti i traguardi che ho raggiunto nella mia carriera, mantengo questa mentalità da "sottovalutato": ancora oggi è la mia benzina per voler raggiungere ancora più risultati. Allo stesso tempo mi ha fatto apprezzare ancora di più tutte le esperienze straordinarie che ho avuto: ho sempre mantenuto fede a quella mentalità senza preoccuparmi dei risultati, avendo sempre fiducia che sarebbero venuti da soli".
I temi del documentario trascendono il basket. Cosa speri che gli spettatori si portino a casa da quello che vedranno?
"Spero che venga ispirata e che possa capire che siamo tutti diversi e unici a modo nostro: siamo tutti qui per un motivo e una volta che capisci quello che è, abbraccialo con tutto te stesso. Ciascuno ha tanto da poter offrire al mondo: che si impatti una persona o un milione va bene uguale. Circondarsi di persone speciali è cruciale per capire che in questo mondo non si fa niente di grande se si è da soli, ed è la ricompensa più grande. Questo documentario è pensato per condividere cosa significa tutto questo per me: non è solo una storia di pallacanestro o di sport, spero che possa essere una storia che abbia un impatto sulla vita delle persone".