Tokyo 2020, ritiro Simone Biles: "Grazie del sostegno, sono più dei miei successi"
tokyo 2020 ©GettyDopo la decisione di ritirarsi dalla finale a squadre di ginnastica e di non partecipare all'All-around individuale Simone Biles ha affidato un messaggio ai social per ringraziare i tanti che la hanno sostenuta. "L'amore che ho ricevuto mi ha fatto capire di essere più dei miei successi", ha scritto
TOKYO 2020, BILES SI RITIRA DA FINALE A SQUADRE - TOKYO 2020, IL LIVE
Portare il peso del mondo sulle spalle è una condanna. Secondo la mitologia, il titano Atlante fu costretto a reggere la volta celeste, punito da Zeus per aver cercato di conquistare l’Olimpo. Era raffigurato nudo, esausto, sopraffatto da una fatica impossibile, ma necessaria per poter mantenere l’equilibrio dell’universo. Questo mito viene richiamato in modo evidente in questi giorni a Tokyo. I titani moderni sono i giganti dello sport mondiale, anche loro impegnati a conquistare l’Olimpo, anche loro spesso puniti per avere osato troppo. Il delicato equilibrio che devono disperatamente mantenere è quello del loro universo interiore. Se non reggono lo sforzo, se non ce la fanno più, crolla la volta celeste. Perdono forza, convinzione, eleganza dei gesti e scopo. Una vita che non è più vita. Uno sport che non è più sport.
La doppia rinuncia
Simone Biles ha lasciato le sue compagne durante la finale della gara a squadre della ginnastica artistica dopo un volteggio sbagliato. Non voleva compromettere la gara con altre “cavolate”, come ha definito elementi di rara potenza ed e armonia diventati improvvisamente deboli e stonati. Lo ha fatto anche per non compromettere l’integrità fisica, in una disciplina dove sbagliare vuol dire schiantarsi al suolo invece che atterrare in piedi. Senza la testa il corpo non risponde e ti mette in pericolo. La sua rinuncia ha comunque compromesso la gara, perché le americane sono state superate dalle russe ed hanno perso l’oro olimpico che conquistavano da tre edizioni consecutive. La sua rinuncia ora diventa doppia perché la Biles non farà la finale del concorso individuale dove era la netta favorita. Favorita. Imbattibile.
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I ringraziamenti per il sostegno ricevuto
All'indomani del suo ritito dalla gara a squadre olimpica e della decisione di non partecipare nemmeno all'All-around individuale, l'americana ha voluto ringraziare tutti attraverso i social per il supporto e i tanti messaggi ricevuti. "L'amore e il sostegno che ho ricevuto - ha scritto - mi hanno fatto capire di essere più dei miei successi, cosa che non avrei mai creduto prima". Un messaggio che a sua volta ha ricevuto tantissime risposte di affetto e vicinanza.
La carriera
Mostruosamente brava. Perfetta. Simone Biles è stata accompagnata da queste definizioni nella sua carriera da ginnasta. Una carriera da 4 ori, un argento e un bronzo a Rio 2016, da 25 medaglie ai mondiali con 19 ori, un record assoluto difficile da immaginare, figuratevi da battere. Ma a Tokyo la Biles ha mostrato solo una cosa straordinaria: la sua umanità.
La pressione
E’ una ragazza di 24 anni, un modello per le ragazze nere in uno sport prevalentemente bianco. Da anni sopporta la pressione di essere al centro di tutto. Ma che cosa è la pressione? Possiamo noi davvero capire che cosa è? Difficile. Si può provare a mettere insieme alcuni fatti. La Biles a Tokyo “doveva” vincere almeno 4 o 5 ori e battere il record di ori individuali ai Giochi di Vera Caslavska. E diventare la più grande di sempre. E’ il volto della tv americana NBC, l’emittente che investe di più nell’Olimpiade e che ora può raccontare la storia di un fallimento, non più di un trionfo. Ha una serie di obblighi con gli sponsor con un’agenda che negli ultimi mesi è diventata quella di un Capo di Stato.
Il ruolo della federazione
E’ l’atleta più richiesta dai Media, con cui deve continuamente gestire in questi anni anche il ricordo, le conseguenze e il peso della vicenda che ha coinvolto lei e decine di ginnaste abusate dal medico della federazione americana Larry Nassar. Proprio la federazione americana ha subito sostenuto la scelta della Biles di lasciare le gare con una dichiarazione piena di affetto e di ipocrisia. Ora la priorità sarà solo la sua salute mentale, così hanno scritto. E ci mancherebbe. Ma è la stessa federazione che non ha mai pensato al benessere delle sue ragazze quando venivano abusate da Nassar. Ha chiuso gli occhi, nascosto l’orrore. Da quel momento, per la Biles è stato impossibile tornare a fidarsi, sentirsi in un ambiente protetto. Sola, con il peso del mondo.
La solitudine del'atleta
Tokyo 2020 diventa l’edizione dei Giochi dove la mente degli atleti si prende la scena di solito occupata da bicipiti, addominali, tendini e menischi. Anche Naomi Osaka ha denunciato la necessità di occuparsi della propria salute mentale. Come? Ad esempio decidendo quali sono gli impegni da onorare nella vita da sportiva professionista, che non coincidono con quelli imposti. Per alcuni sport è più complicato. Ginnastica e tennis, ad esempio. Sport individuali. Dove ti puoi allenare insieme, ma dove poi le Biles, le Osaka, le Pilato di questo mondo vanno in scena da sole. E sbagliano un salto mortale, un passante, una sgambata. In diretta mondovisione. Con i social che commentano un secondo dopo. Con un demone nella testa che non vede l’ora di ricordartelo ogni volta che ci riprovi.
Il coraggio di Dumoulin
Bisogna avere il coraggio di dire che hai bisogno di fermarti. E farlo. Uno che l’ha fatto è Tom Dumoulin. E’ sceso dalla bici perché aveva dimenticato se stesso. Deve averlo ritrovato quel se stesso perduto, perché a Tokyo è salito sul podio olimpico nella cronometro su strada. Un fantastico argento dietro Primoz Roglic, uno che per vincere questa medaglia d’oro aveva deciso di rinunciare a continuare a soffrire inutilmente al Tour. Si può sospendere lo sport e si può tornare. Si può posare un attimo la volta del cielo che reggi sulle spalle e riprendersi una vita. Anche quella sportiva, nel caso. Ma se lo decidi tu. Non per condanna.