Italia Scozia al 6 Nazioni: Moscardi ricorda la 1^ vittoria azzurra nel 2000

Rugby

Andrea Gardina

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Il 5 febbraio 2000 l’Italia esordiva nel torneo Sei Nazioni e lo faceva nel miglior modo possibile vincendo contro la Scozia, campione in carica nell’ultimo Cinque Nazioni e prossima avversaria degli Azzurri. Il ricordo di quella giornata incredibile nelle parole di Alessandro Moscardi

Ma che ne sanno i 2000 è stato a lungo un tormentone e un modo di dire, eppure mai come in questo caso, potrebbe corrispondere a verità. La data è quella del 5 febbraio 2000, prima storica partita del torneo Sei Nazioni di rugby, con l’Italia che entra nella kermesse più antica e prestigiosa della palla ovale e lo fa davanti a quasi 25mila spettatori allo Stadio Flaminio di Roma. Avversario che, sulla carta, è il peggiore possibile: la Scozia guidata da John Leslie, costretto ad abbandonare la nave dopo pochi minuti causa infortunio e sostituito da James McLaren, che ha vinto l’ultima edizione del Cinque Nazioni l’anno prima.

L’Italia allenata dal pragmatico neozelandese Brad Johnstone schiera Matt Pini estremo in un triangolo allargato completato da Cristian Stoica e Denis Dallan, mentre il fratello Manuel è ai centri con Luca Martin. In mediana c’è la coppia storica Alessandro Troncon e Diego Dominguez, manco a dirlo protagonista assoluto portato in trionfo a fine partita con 29 punti complessivi, frutto di una trasformazione, sei piazzati e tre drop; e davanti Wilhelmus Visser, Mauro Bergamasco, Massimo Giovanelli, Andrea Gritti, Carlo Checchinato, Tino Paoletti, Alessandro Moscardi, Massimo CutittaIn panchina: Carlo Orlandi, Giampiero De Carli, che potrà fregiarsi di diventare il primo marcatore azzurro di una meta nella nuova competizione, Giuseppe Lanzi, Aaron Persico, Matteo Mazzantini, Marco Rivaro e Andrea Scanavacca

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L’inizio migliore: vittoria 34-20

Alla fine sarà trionfo ed apoteosi per una giornata da ricordare e tenere per sempre nella memoria del rugby italiano: 34-20 e benvenuti nel Sei NazioniPer il XV del cardo arrivano le mete del tallonatore di tante battaglie e più avanti anche capitano Gordon Bulloch e di Martin Leslie e i punti al piede di un certo Gregor Townsend, oggi allenatore proprio degli Highlanders. “Chissà se si ricorda quel pomeriggio – scherza il “nostro” Alessandro Moscardi, tra i protagonisti del momento storico -. Va detto che un po’ di acqua sotto i ponti ne è passata. Per me resta comunque un ricordo vivido e piacevolissimo. Una vittoria importante, perché ci affacciavamo ad un palcoscenico sconosciuto formalmente, anche se giocavamo spesso con le nazionali che riposavano in quel periodo. Una giornata bellissima e magica per tutto il contesto, in un Flaminio che era una polveriera di entusiasmo, piena di aspettative e gioia. Faccio persino un po’ fatica a descrivere a parole quelle sensazioni, perché sono attimi che rimangono chiari ancora oggi, suggellati da un qualcosa che è stato conquistato con i denti”.

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Grande determinazione e consapevolezza

E forse c’era già un po’ la sensazione di aver vissuto una giornata storica. “In quelle circostanze più che alla vittoria o alla sconfitta, pensi alla prestazione in sé – continua l’ex tallonatore e terza linea, oggi commentatore per #skyrugby -. Eravamo concentrati sulla performance, consapevoli di essere all’altezza, anche se naturalmente un po’ di timore è normale ci fosse sempre. Eravamo nel momento di maturità di quella turnata di giocatori e quindi c’era la consapevolezza di potersela giocare e pure l’idea di poter vincere sì o comunque di poter fare qualcosa di importante. C’era grande determinazione”. Chi forse, invece, proprio non se l’aspettava era la Scozia, campione in carica dell’ultimo torneo Cinque Nazioni e che forse proprio allora ebbe un antipasto di quello che sarebbe stato quello nuovo a sei, ad oggi ancora mai vinto dagli Highlanders. “Probabilmente in effetti non se l’aspettavano, avranno pensato di lasciarci giocare dieci-venti minuti per sfogarci e poi fare la partita. Il rugby, però, è un gioco strano e quando sottovaluti una situazione con un avversario tenace, coriaceo e che ha i mezzi per metterti in difficoltà, poi le cose rischiano di diventare difficili. Si sono trovati in un catino di grande pressione, con avversari con competenze e desiderio di fare la differenza. Tecnicamente e tatticamente per noi fu una partita perfetta, con il 100% di conquista e grande cuore”.

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Dall’inizio dell’era professionistica ad oggi

Si era in fin dei conti anche agli albori del professionismo del rugby, ufficialmente iniziato nel 1995, e forse ancora queste grandi differenze da quel punto di vista non si notavano. “Nella partita iniziale stavamo fisicamente molto bene, altrimenti non saremmo arrivati a quel risultato e non ci furono in fin dei conti grosse difficoltà. La differenza veniva poi fuori sulla continuità, perché naturalmente l’aspetto più allenante resta sempre e comunque la partita: più sei abituato a giocare ad alto livello e più poi sei preparato. Il problema quindi si è posto nel prosieguo, dovendo spendere molte energie fisiche e nervose”. Oggi Italia e Scozia sono in fondo alla classifica, ma entrambe si giocano molto. La Scozia ha la necessità di reagire alla doppia sconfitta contro Galles e Francia per dare un senso al proprio torneo, mentre gli Azzurri devono interrompere una lunga striscia di sconfitte e l’occasione migliore arriverà sabato all’Olimpico. Sarà una partita estremamente dura, dato che rimane sempre un’ottima Scozia, una squadra completa e che nonostante tutto, credo abbia trovato un buon momento di forma. Al di là dei risultati, è una formazione che gioca e lo fa bene. Non è allo stesso tempo mai facile giocare con l’Italia. Se siamo intelligenti e non diamo continuità agli avversari, possiamo mettere in difficoltà chiunque. Certo la strada è in salita e l’impegno ostico, ma può essere un’ottima occasione per l’Italia e come tutte le partite bisogna giocarla”.

Dilemma tallonatore per le assenze di Lucchesi e Faiva

Azzurri che hanno proprio nel tallonatore un ruolo con qualche difficoltà. “E’ una posizione delicata – chiosa l’ex numero 2 di Rovigo e Treviso -. Se il tallonatore fa il suo dovere non ti accorgi nemmeno o quasi della sua presenza, ma se qualcosa non funziona allora possono nascere problemi seri. La touche e la mischia sono fasi di conquista fondamentali per impostare il gioco offensivo e se ti vengono a mancare le cartucce, le difficoltà non possono che aumentare. Quando la coperta è corta e non hai il giocatore giusto, tutto si fa più complicato. Nell’ultimo turno, ho potuto commentare la partita del Galles contro l’Inghilterra e i lanci in rimessa sono stati disastrosi, con moltissimi errori da parte gallese. Eppure hanno perso solo di 4 punti, quindi pensate a come sarebbero potute andare le cose con una conquista pulita”.

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