Tennis fermo sei settimane per coronavirus: le ricadute sul circuito

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Elena Pero

Dopo lo stop a Indian Wells e Miami, il coronavirus mette in pausa il tennis per sei settimane: saltano altri eventi storici del calendario, come Monte Carlo e Barcellona. Vediamo le ricadute sul circuito dopo la decisione dell'Atp e i possibili scenari tra recuperi e classifiche

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Come in guerra. Perché soltanto le due Guerre Mondiali avevano provocato un buco nell’albo d’oro dei tornei più antichi. Nel giorno in cui doveva scattare a Indian Wells il primo Masters 1000 del 2020, l’ATP Tour annuncia la sospensione del circuito per la pandemia di Coronavirus fino al 27 aprile. La cancellazione di sei settimane di tornei ATP e challenger (compresi i due attualmente in corso in Kazakistan e Sudafrica) ha molteplici ricadute sportive ed economiche difficili da valutare al momento e che, inevitabilmente, creano scompensi e scontenti.

 

Oltre ai due Masters 1000 di Indian Wells e Miami, salteranno altri storici appuntamenti come Monte-Carlo e Barcellona. Eventi che sostengono e generano un giro d’affari milionario, dando lavoro non solo ai tennisti. E se questi sono robusti e consolidati e potranno reggere all’urto, che ne sarà dei piccoli? Ci sono centinaia di migliaia di biglietti da rimborsare e sponsor che hanno vanificato investimenti.

 

Tralasciamo chi già ipotizza stop più lunghi e prefigura come il virus impedirà a Djokovic o Federer di completare il proprio palmares con la medaglia d’oro olimpica in singolare; o a Nadal di vincere per la tredicesima volta il Roland Garros eguagliando così i 20 Slam dello svizzero. Per i big del circuito sei settimane di stop non rappresentano un danno grave, economico e non. Invece per i loro colleghi di seconda e terza fascia, che sono imprenditori di se stessi e che danno lavoro a coach e/o fisioterapista, ogni lunedì scatta una possibilità di guadagno anche minimo. Per loro sarà un periodo difficile. Molti, nei giorni che hanno preceduto l’annuncio ufficiale, sono rimasti in stand by in attesa di decidere cosa fare, con la paura di non poter più rientrare nel proprio Paese, perché cambiare all’ultimo un biglietto aereo può essere oneroso. E infatti non sono mancate lamentele di chi ha sottolineato come l’elite e la plebe condividano lo spogliatoio ma non l’accesso ai piani alti.

 

Ancora non è chiaro come si procederà con le classifiche, se cioè verranno congelati i punti acquisiti nelle corrispettive sei settimane del 2019 (si è deciso soltanto che verranno assegnati punti e prize money per i due challenger bloccati). Né se si cercherà di recuperare qualche torneo dopo US Open, come si era ipotizzato nelle ultime ore. Per chi ha un impianto dedicato (quindi non il Miami Open, che si disputa all’interno dell’Hard Rock Stadium dei Dolphins, tant’è che James Blake, ex pro e ora direttore del torneo, ha già dato appuntamento al 2021) sarebbe logisticamente possibile, ma: il calendario del tennis rappresenta un dilemma irrisolvibile da una parte e i repentini cambi di superficie sono un danno per i giocatori. Fermare il tennis e lo sport è un piccolo sacrificio indispensabile in un momento di emergenza mondiale, però per addetti ai lavori e appassionati saranno settimane un poco più tristi.