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Adriano Panatta compie 70 anni

Tennis

Stefano Meloccaro

Un'icona dello sport compie oggi 70 anni. Adriano Panatta, simbolo del tennis italiano è stato ospite di Sky Sport24 per celebrare questo giorno speciale: "Mi sento ancora in grande forma"

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Il tennis incastonato nel DNA, papà Ascenzio - custode al tennis Parioli di Roma - prende una racchetta e ne sega il manico a metà. Il piccolo Ascenzietto diventa forte, batte Pietrangeli in finale agli assoluti italiani 1970. Sport, successo, eleganza e bella vita. Moltissimo talento ricevuto in dote da madre natura, che con lui è stata oltremodo generosa, regalandogli un aspetto estetico fuori dal comune. Deve solo scegliere, le donne gli cadono ai piedi. Guadagna tanti soldi, ne sciupa altrettanti. Jet set, molti amici nel mondo dello spettacolo, copertine dei settimanali scandalistici. La Veronica, il suo colpo più famoso, le vacanze in Sardegna, il ciuffo scansato dalla fronte prima di servire. L’anno di grazia 1976, il Foro Italico e il Roland Garros, uno via la l’altro. Poi anche la Coppa Davis.

 

Best ranking numero 4 del mondo, quando è in giornata può battere chiunque. Intelligente, simpatico, furbo, incazzoso, arguto. Edonista, testimonial di un deodorante immerso in una vasca da bagno piena di schiuma. Ma anche comunista. Connaturata tendenza a non prendersi troppo sul serio, tantomeno a prendere troppo seriamente il tennis. È vero, i luoghi comuni perseguitano da sempre Adriano Panatta, fin sotto la doccia. Lui non lo ammetterà mai, ma sono quasi tutti veri. E sbagliati al tempo stesso, perché uno così non puoi riassumerlo in una frase, e nemmeno in un insieme di definizioni.

Per antonomasia, Adriano Panatta è: tennis, anni ‘70 e bellezza. Sommati a una robusta dose di indolenza romanesca, checché ne dica il diretto interessato. Indolenza che però è una delle sue chiavi principali dei suoi successi sul campo. Adriano da sempre considera il tennis una parte della vita - per quanto importante - mai una ragione di vita. Dunque, affronta con leggerezza i momenti drammatici del match, laddove gli avversari se la fanno sotto, all’insegna di un sottinteso “...che sarà mai, alla fine si tratta solo di tennis”. Filosofia vincente: fosse pauroso o titubante non annullerebbe 11 matchpoint al primo turno, per poi vincere il torneo (è la storia di Roma ‘76). Non sarebbe la bestia nera di Borg al Roland Garros, dove lo batte sempre.

 

E’ la favola più bella, quella di Adriano Panatta che porta una racchetta in ogni casa, necessaria al tennis italiano come nessun’altra. Non è solo questione di vittorie altisonanti e sconfitte disastrose. E’ tutto un complesso di cose, un insieme di abilità tecniche, stile, carisma e fascino fuori dal campo a farne un modello, riconosciuto ed esportato anche oltre i confini del suolo nazionale. A ben riflettere, un’icona degli anni ’70 che compie 70 anni. Il vero talento si vede anche da dettagli come questi. 

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