Berrettini: "La depressione e gli infortuni mi avevano svuotato"

l'intervista

Il successo, la fama, gli infortuni e la depressione. Matteo Berrettini si è raccontato a 360 gradi in un'intervista in cui non si nasconde: "Facevo fatica ad alzarmi dal letto, all'inizio non potevo credere che la depressione avesse colpito me. I tanti guai fisici, le rinunce dopo aver lavorato molto: il serbatoio era vuoto". Poi la svolta: "Ho lavorato su me stesso, ritrovato energia e gioia di giocare. Ora voglio tornare". 

Dall'altare alla polvere. E' capitato a tanti sportivi, a tante persone comuni. Tra questi Matteo Berrettini, che a "Zeta", la nuova serie originale di Red Bull, ha raccontato a viso aperto l'avversario più difficile da battere. Non Djokovic, nemmeno l'amico e compagno Sinner, ma la depressione. Finalista a Wimbledon nel 2021, nuovo re dell'erba dopo l'uscita di scena di Roger Federer, il romano ha parlato della lunga catena di infortuni iniziata a 9 anni, dei successi più importanti e della subdola capacità della depressione di colpire anche chi sembra avere tutto dalla vita. Il fondo è stato toccato lo scorso agosto, con l'infortunio alla caviglia subito agli US Open. Da quel momento è cominciata la lenta risalita, culminata con il trionfo della scorsa settimana a Marrakech dopo due anni di digiuno. 

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Gli highlights del trionfo a Marrakech

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Il primo infortunio a 9 anni e il serbatoio completamente vuoto

"Il primo infortunio l'ho subito ad appena 9 anni alla schiena, non riuscivo nemmeno allacciarmi i calzini. Ho sfruttato quei momenti per imparare a crescere e rinascere, come una scuola di vita - ha spiegato Berrettini -. Lo sport ti può insegnare quello. La prima svolta è stata la semifinale a New York nel 2021, non capivo cosa stesse succedendo. La finale di Wimbledon è stata anche l'esplosione, mia e del tennis. Da quel momento la vita è cambiata". Da quel momento Berrettini ha dovuto fare i conti con tanti infortuni che ne hanno condizionato il proseguo della carriera. Fino alla depressione: "All'inizio non ci credevo. Avevo tutto dal lavoro, dalla famiglia, dagli amici: perché mi sentivo così a terra, schiacciato da tutto. Ma ti prende in quel momento, per delle rinunce ad eventi per cui avevo lavorato tanto: le Finals di Torino dopo un anno pazzesco. E come se il serbatoio di energie fosse vuoto completamente e l'allenamento non serve. Le riempi con le cose belle e con le persone care". 

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Toccato il fondo a New York, poi la risalita. E la voglia di tornare

Il calvario degli infortuni e della depressione non accennavano a diminuire, anzi: "Il momento peggiore, quando facevo fatica ad alzarmi dal letto, è stato dopo l'infortunio a New York. Anche le persone vicine a me si sono resi conto del problema. A un certo punto ho detto: adesso faccio solo le cose che mi va di fare. Ho dovuto prendermi cura di me stesso". Obiettivo raggiunto, perché ora c'è un nuovo Berrettini: "Tutto questo lavoro che ho fatto su me stesso mi dà la forza di dire che sicuramente ci saranno momenti difficili, momenti tristi, però ripartire con un’energia migliore rispetto al passato e voglia di tornare, giocare i grandi eventi come il Roland Garros. Voglio ritrovare gioia ed eccitazione per un evento che sta arrivando e non il terrore di dire: adesso succederà qualcosa”.

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