Tutta la bellezza di essere i numeri 1 al mondo

Vittoria bella, anzi bellissima! Nelle Filippine, l'Italia si è laureata per la quinta volta nella sua storia campione del mondo, battendo 3-1 la Bulgaria in una finale altalenante, fatta di tante minicrisi e rimonte perentorie, in cui la superiorità degli azzurri si è manifestata costantemente sia nel breve che alla distanza. Gli azzurri, arrivati a Pasay City da campioni in carica, hanno giocato per dimostrare di essere padroni del campo, entrando così nel ristretto empireo di chi ha saputo confermarsi, riportando alla mente degli appassionati la “generazione di fenomeni” di Julio Velasco. Questi però sono i ragazzi di Ferdinando De Giorgi, che dal suo arrivo sulla panchina azzurra nel 2021, hanno dato una scossa al movimento azzurro maschile e oggi coronano un percorso di maturazione, guardando con fiducia all’orizzonte avanti a loro. Il cammino dell’Italia al Mondiale non è mai stato semplice. La fase a gironi è iniziata in salita e la sconfitta contro il Belgio aveva messo gli azzurri con le spalle al muro. Uno stop inaspettato che, col senno di poi, si è rivelato quasi benedetto, perché ha innescato un cambio di marcia decisivo per il prosieguo del torneo. Un’edizione che sarà ricordata come quella delle esclusioni eccellenti. Squadre di altissimo livello come Brasile, Stati Uniti e Francia - quest’ultima con due ori olimpici consecutivi al collo, Tokyo 2021 e Parigi 2024 - sono state eliminate da protagoniste emergenti come Bulgaria, Turchia, Ucraina e Finlandia. E in un contesto così, l’Italia ha saputo distinguersi: senza rinnovare molto la rosa, ha fatto leva sulla continuità, sull’esperienza consolidata di Giannelli e Anzani e sulla qualità del gioco, valorizzando anche giovani come Porro e Sani, pronti a incidere nei momenti chiave, come nella semifinale contro la Polonia. “È un gruppo speciale”, come ha sempre sostenuto il nostro ct Ferdinando De Giorgi, in cui brilla la stella di Alessandro Michieletto, premiato come miglior giocatore del Mondiale. Accanto a lui, Mattia Bottolo e Yuri Romanò, che nel giorno del trionfo si regala cinque ace di fila. E poi il gesto che racconta meglio di mille parole lo spirito del gruppo: capitan Giannelli, sul podio, con indosso la maglia di Lavia, rimasto a casa per infortunio ma sempre parte integrante della squadra. Cinque Mondiali conquistati dalla nazionale maschile e in tutti c’è Ferdinando De Giorgi: un record, un segno del destino. Fefè ha iniziato nel 1990 da palleggiatore nella “generazione di fenomeni” e, trentacinque anni dopo, ha festeggiato da Ct il quinto titolo, dimostrando la continuità di un percorso unico. La sua mano si è vista in ogni fase del torneo: dai cambi decisivi contro la Polonia alla scelta di schierare Anzani titolare contro la Bulgaria, mossa che ha dato sicurezza al muro azzurro. De Giorgi incarna una filosofia simile a quella di Julio Velasco, l’uomo che ha riportato l’Italia femminile sul tetto del mondo e l’anno scorso ha conquistato anche l’oro olimpico a Parigi, un successo mai ottenuto con la nazionale maschile. Questa doppietta mondiale - donne e uomini sul trono nello stesso anno - è qualcosa che nella storia della pallavolo era riuscita soltanto all’Unione Sovietica negli anni ’60. Un doppio trionfo che porta la pallavolo azzurra oltre i confini dello sport, in una dimensione che sfiora la leggenda. A questi due trionfi si aggiungono altri risultati ottenuti in questo 2025 indimenticabile: l’oro nella Nations League femminile, e l’argento in quella maschile, oltre al titolo mondiale U21 femminile e ai numerosi successi europei delle squadre di club, ai quali va riconosciuto il grande lavoro di formazione e crescita dei campioni di domani: senza questa rete diffusa, fatta di passione e valori, non sarebbe possibile costruire trionfi come quello di Pasay City. E adesso l’appuntamento è già fissato: l’8 ottobre al Quirinale, quando gli azzurri saranno ricevuti insieme alla nazionale femminile. «Vi aspetto al Quirinale», ha dichiarato a caldo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sottolineando l’importanza di un’impresa che va ben oltre lo sport.

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Stefano Locatelli