Testa bassa, piede pronto al contrasto, sguardo che non si stacca mai dal numero 7 sulla maglietta United. Gattuso ritrova Cristiano Ronaldo a San Siro da allenatore, dopo due Milan-Real ma soprattutto dopo la notte del 2 maggio 2007. Ieri la sua grinta sul capolavoro tattico di Ancelotti. Domenica sarà lui a dover studiare un piano per fermare il CR7 bianconero
Quella notte la pioggia scesa fortissima su San Siro rese ancora più epica la sfida. Kakà con le dita ad indicare il cielo. Seedorf e Gilardino. Ma anche e soprattutto Gennaro Gattuso. Una partita perfetta, consegnata alla storia come atto precedente al trionfo Europeo di Atene. 3-0 al Manchester United di Ferguson, ribaltando il 3-2 dell’Old Trafford. Contro quella squadra che l’anno successivo avrebbe vinto proprio la Champions, e con CR7 Pallone d’Oro. Un fenomeno non ancora forte come quello di oggi che nell’acquazzone di Milano (dovrebbe piovere anche domenica sera su Milan-Juve) si trovò una seconda ombra vicino ai piedi. Gennaro di nome. Gattuso di cognome. Il guerriero che quel 2 maggio del 2007 ringhiò per tutta la partita sul più forte dei rivali. Grinta, come sempre, e forse come mai nessuno, ma anche tantissimo cuore, quella sua eccezionale dose di agonismo che contribuì ad annullare il talento portoghese che oggi gioca e segna (e fa paura!) nella Juventus. Le istantanee di quella partita sono quasi tutte uguali: testa bassa, piede pronto al contrasto, sguardo che non si stacca mai dal numero 7 sulla maglietta bianca. Ronaldo una volta lo salta con la classica giocata a sterzare verso l’interno del campo col tacco e Gattuso lo stende. Alla fine saranno zero occasioni create per il portoghese, ma la vittoria del numero 8 del Milan non fu solo di temperamento.
Il raddoppio sistematico
L’idea tattica era ben studiata, e funzionò alla perfezione tanto da accostare la parola “capolavoro” assieme al nome di Carlo Ancelotti, il grande maestro di Gattuso. CR7 al tempo non era ancora al centro dell’attacco e giocava (come continua a capitare anche oggi) largo a sinistra. Su quella fascia? C’era Massimo Oddo, ma da interno Gattuso giocò una partita in costante raddoppio, senza mai fermarsi. Serbatoio della benzina sempre pieno e anche un faccia a faccia col portoghese per un pallone non restituito da Paul Scholes. La missione di Gattuso era fin troppo chiara: togliere a Ronaldo fiato, sicurezze, motivazioni e, non da ultimo, il pallone. Ogni contrasto vinto era un’ovazione di San Siro, già galvanizzata dalle reti di Kakà e Seedorf nei primi trenta minuti di partita. Un giallo Ringhio lo prende anche, proprio per quelle protese e l’azzuffata con Scholes, e allora Ancelotti decide di toglierlo dal campo a cinque dalla fine. Dentro Cafù: standing ovation, e lui urla tutta la sua adrenalina per una vittoria pazzesca.
Da braccio a mente
Domenica sera lo scenario sarà però profondamente diverso. Al tempo l’idea tattica fu di Ancelotti e lui ci mise tutto il cuore possibile, ma nel prossimo Milan-Juve il piano dovrà studiarlo direttamente lui, ora che quella panchina l’ha ereditata e ha riportato i rossoneri al quarto posto Champions in classifica. Come si ferma allora CR7? “D’istinto - disse al tempo a Sky Sport -. Questo tipo di giocatori non si fermano studiandoli, ti deve andare bene e li devi beccare in giornata negativa, ma il valore di Cristiano Ronaldo non si discute”. Ieri come oggi, anche se il piano (e non solo l’istinto) Gattuso lo avrà certamente già pensato ormai da tutta la settimana. Ringhio mente e non solo braccio questa volta. Per ripetere l’impresa, provando a passare ai suoi giocatori la stessa grinta che ebbe lui quella sera del 2 maggio 2007.