Un mese da protagonisti, il trasferimento da record, una nuova stagione non all'altezza delle aspettative. Dai campioni (ma solo con la Seleçao) Kleberson e Denilson a El Hadji Diouf e Valencia. Storie che insegnano quanto possa ingannare un buon Mondiale
Un Mondiale da protagonista, i top-team che drizzano le antenne, i titoloni sui giornali e le voci di mercato che si rincorrono. La storia del calcio insegna che a volte basta un mese, o anche meno, da fenomeni per guadagnarsi l’ingaggio della vita. Dopo la firma, però, cade il velo, si scopre il trucco: il fenomeno torna normale, dei superpoteri intravisti durante il Mondiale neanche l’ombra. E al club che ci è cascato non resta che tenersi il bidone.
“Un Manchester Unitedao”, titolava la Gazzetta dello Sport all’indomani dell’acquisto, da parte dei Red Devils, del giovane portoghese Cristiano Ronaldo e del brasiliano Kleberson. Mentre del primo si sa che rappresenta una promessa del calcio mondiale e chissà se la manterrà, per l’altro parla il Mondiale appena concluso (siamo nel 2002) sul tetto del mondo, con la Seleçao. Partito come un rincalzo, Scolari si era convinto strada facendo della sua utilità per gli equilibri della squadra, fino a non poterne più fare a meno. I suoi recuperi, la capacità di schermare la difesa, la grinta messa in evidenza al Mondiale (in finale fornisce persino un assist per uno dei due gol di Ronaldo) fecero del centrocampista dell’Atletico Paranaense un pezzo pregiato del mercato, con Leeds, Celtic e Newcastle a contenderselo e Ferguson ad anticipare tutti. Mentre posa felice tra i suoi due campioni, Sir Alex, rivela che la cessione di Juan Sebastian Veron non sarà dolorosa per il club, ora che c’è Kleberson. La favola finisce come peggio non si poteva immaginare: pagato 6,5 milioni di sterline, il brasiliano si infortuna dopo due gare, ne gioca appena 20 in due stagioni con la maglia dello United, naturalmente perde il posto in Nazionale e alla fine, ceduto al Besiktas, accusa Ferguson di non aver creduto abbastanza in lui. Ingrato. Per fortuna Sir Alex potè consolarsi con quell’altro ragazzino arrivato insieme a Kleberson.
Ma parlando dei grandi inganni del Brasile impossibile non citare il funambolico Denilson, una delle più grandi promesse non mantenute ma ugualmente strapagate. Nel 1998 è protagonista, con i suoi numeri, del Mondiale di Francia nonché di un indimenticabile spot in cui i giocatori della Seleçao palleggiano in aeroporto facendosi beffe degli addetti alla sicurezza che vorrebbero fermarli. L’irriverente Denilson ne fa fuori mezza dozzina, tra turisti in partenza e guardie, ed è probabilmente in quel momento che il Betis Siviglia si innamora del suo talento. Il suo trasferimento dal San Paolo per la bellezza di 60 miliardi di lire e con un contratto di 12 anni (!), all’epoca, fa parecchio rumore; peccato che nella Liga non si giochi su dei nastri trasportatori, lontano dai quali Denilson de Oliveira Araujo perde i superpoteri. Appena 2 gol nella prima stagione, 3 nella seconda, culminata con la retrocessione del Betis e la sua cessione in prestito, ché ormai è chiaro che non ci sia nulla da fare e l’unica speranza di recuperarlo sia quella di fargli respirare nuovamente un po’ di aria brasiliana. Tornato dal Flamengo nessuno lo tratta più da re, al Betis: i riflettori si sono spenti, la Seleçao gira altri spot ma senza di lui. L’etichetta di “fumoso” gli resterà appiccicata addosso per sempre, anche nel suo finale di carriera, decisamente poco glorioso, speso tra Al-Nassr (Arabia Saudita), Dallas (Stati Uniti), Hai Phong (Vietnam) e Kavala (Grecia), con cui firma un biennale e lo rescinde due mesi dopo, senza essere mai sceso in campo, optando per il ritiro dalle scene.
Attenzione poi alle squadre rivelazione, quando seguite un Mondiale. Innamorarsi di uno dei suoi protagonisti è un attimo, ma siamo sicuri che fuori da quel contesto continueranno a funzionare? La risposta ce la forniscono le storie di El Hadji Diouf (attaccante-eroe nel Senegal 2002, subito preso dal Liverpool per 10 milioni di sterline e rivelatosi un flop da 3 reti in due stagioni), del suo compagno Papa Bouba Diop (quello del gol che stese i campioni in carica francesi: lo prese il Lens e non era più lo stesso), di Asamoah Gyan (Ghana 2010, lui è quello del rigore sbagliato dopo la parata di Suarez: 13 milioni di sterline, la follia del Sunderland per averlo) o del generoso Guivarc’h, voluto dal Newcastle nonostante nella Francia campione del mondo 1998 lui non avesse segnato un gol, pur essendo il “9” titolare di quella squadra.
Categoria “al Mondiale sembravano più veloci”: ricordate il fulmine tedesco Odonkor? Ci spaventò nella semifinale del 2006, e a cascarci fu di nuovo il Betis che lo ingaggiò pensando di fare chissà quale affare. E l’ecuadoregno de la Cruz? Incubo di Trapattoni nel 2002, con la gara preparata apposta per arginarlo: si guadagnerà le attenzioni, e i soldi, dell’Aston Villa, ma non sfonderà mai. Per non parlare di Enner Valencia, Mondiale 2014 a tutta birra e West Ham che subito lo strappa al Pachuca: dopo quel Mondiale la cosa più interessante che ha fatto è stato fingere un grave infortunio per uscire in ambulanza dallo stadio ed evitare l’arresto al fischio finale, per una storia di alimenti non pagati alla ex moglie.
Ma il 2014 è anche l’anno di Origi, 19enne belga che incanta soprattutto il Liverpool, disposto a pagarlo in anticipo al Lilla lasciandolo ancora una stagione in Francia a farsi le ossa (ancora stiamo aspettando la sua vera esplosione); o del colombiano James Rodriguez, di sicuro un talento puro ma forse non abbastanza galattico: il Real Madrid lo paga 80 milioni di euro al Monaco e gli affida la camiseta numero 10, ma dopo 3 stagioni lo cede senza rimpianti al Bayern Monaco.