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Bonucci, A4 andata e ritorno in 378 giorni: cosa resterà della sua storia nel Milan?

Calciomercato

Marco Salami

L'arrivo da star e la fascia da capitano. Gli equilibri e i proclami sui social: "Affamato più che mai". Gli "editoriali" post partita che piano piano scompaiono e quell'erroraccio contro l'Austria Vienna. La risalita con Gattuso e il gol allo Stadium. L'ultimo tweet dopo la sentenza del TAS da capitano vero e poi il ritorno, dopo solo 378 giorni da milanista 

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Sull’A4 che collega Milano e Torino il tempo di viaggio è di circa due ore. Giusto quei minuti per pensare a quello che è stato, a quello che poteva essere, a quello che sarà. Era successo lo stesso 378 giorni prima, quando la macchina di Leo aveva percorso la stessa strada ma nel senso inverso. Dalla Juve al Milan e ora dal Milan di ritorno alla Juve. Un anno più due settimane da capitano rossonero. In mezzo la fascia, gli equilibri, il flop e la risalita. Il gol allo Stadium, l’esultanza, la stroncata della Juve in Coppa Italia e la nostalgia. “Voglio tornare”, riconquistare tutti e scordarmi del passato, quasi come il Milan fosse l’appartamento in affitto prima di tornare nella vecchia casa, nel frattempo in ristrutturazione. Oggi (se possibile, ed è possibile) la Juventus è ancora più forte, con un certo Cristiano Ronaldo in squadra e l’obiettivo Champions vivo più che mai. E il Milan? Gli obiettivi, le motivazioni, la voglia e quella fame, dove sono finite? #HungrierThanEver, più affamato che mai - scriveva lui 378 giorni fa Instagram -. Perché il Diavolo è quella squadra “che ti attrae”. Così come “i campioni che ne hanno vestito la maglia. Penso a Baresi, Costacurta, Maldini, Nesta, Tassotti - diceva sempre Leo -. Loro sono nella leggenda, Io arrivo oggi, per iniziare a scrivere una nuova pagina della storia rossonera e della mia carriera”. Evidentemente breve. Nonostante l’accoglienza da star che ora i tifosi riservano al Pipita Higuain. La fascia di capitano strappata a Montolivo e la maglia numero 19 strappata a Kessié, scelta in ricordo del papà morto proprio quel giorno. Niente è stato sufficiente. Ciao Diavolo, ha pensato Bonucci, preferisco ancora la “mia” Juventus.

Gli “editoriali” post partita

E dire che quel primo messaggio social aveva fatto certamente vibrare tutti i tifosi milanisti, orfani da tempo di soddisfazioni e di grandi colpi sul mercato. “Il migliore al mondo”, legato ai colori rossoneri, non si sentiva da molto tempo. Perché, senza eufemismi, quello era Leonardo Bonucci, “tra” (se non “il”) migliore centrale in circolazione. Campione d’Italia da sei anni e finalista di Champions. Appetibile anche per Guardiola e il suo gioco show in Premier, Bonucci aveva però puntato le sue fiches su un Milan con tante ombre, in campo (squadra completamente nuova) e societarie (la cordata cinese). Eppure la carica è stata quella giusta, fin da subito: “Qui per riportare il Milan ai vertici italiani ed europei”. Non ci riuscirà, nonostante quei post social (a reti unificate su Facebook, Instagram e Twitter) che sembravano una musica sempre dal suono ottimistico. “Una sconfitta che serve a farci capire quanto si debba lavorare” - dopo il primo (ma isolato) pesante ko contro la Lazio alla terza giornata. "Tre punti che fanno bene, che devono farci venire ancora più fame di risultati” - dopo la vittoria sulla Spal, la quarta nelle prime cinque di un super inizio di campionato. “Sempre difficile trovare le parole davanti a una delusione” - dopo il terzo ko in fila tra Samp, Roma e derby. “Grande partita, vittoria importante” - in seguito al successo esterno sul Chievo dove lui era squalificato. Subito dopo ci sarà la Juve a San Siro, che vince con Leo in tribuna. E da quel momento in poi il Milan raccoglierà appena 10 punti in 9 partite sprofondando all’undicesimo posto della classifica. Leo allora smette di fare l’editorialista social e da quel giorno si limita a una foto dopo ogni partita con la didascalia “full time”, il risultato e l’hashtag del match. Fine. Perché è propio lui a capire che le parole è meglio lasciarle al campo.

Inferno andata e ritorno

C’è un punto più basso nell’avventura annuale di Leonardo Bonucci da giocatore/capitano/leader del Milan, e il paradosso è che arriva nel giorno di una vittoria per 5-1. Europa League, stadio San Siro, contro i rossoneri c’è il modesto Austria Vienna che dopo venti minuti di partita passa però addirittura in vantaggio. Segna Monschein, che prima salta Donnarumma e poi cerca la porta da posizione defilata. Leo segue l’azione, vede la palla e calcola l’intervento. Tutto quasi troppo facile, e allora Bonucci non vuole spazzare il pallone, ma controllarlo, in grande stile. La dinamica è goffa, ai limiti del comico. Palla sotto le gambe e sfera, ovviamente in rete. Inferno, capitolo andata. Parola anche dello stesso Leo, che pochi giorni prima di quel “quasi autogol” ai microfoni di Sky Sport aveva sdrammatizzato il momentaccio del Milan con una battuta: “Gli equilibri? Dovevo spostarli io ma ancora non ci sono riuscito”. Chi ce la farà sarà invece Gennaro Gattuso, che esordisce in quella specie di incubo contro il Benevento ma poi fa risalire la squadra. Inferno, capitolo ritorno. Contro la Fiorentina a fine dicembre il Milan recupera per la prima volta in stagione uno svantaggio, e chiude sull’1-1. La domenica dopo arriva la vittoria sul Crotone, pesante perché importante soprattutto a livello mentale. 1-0, segna Leonardo Bonucci. Un mezzo rimpallo da corner, molto fortunato. No, nonostante quel gol e i 3 punti Leo non ha nemmeno vagamente spostato gli equilibri del Milan, ma è anche vero che da qualche partita sta ritrovando l’equilibrio. Il suo, e della squadra. Che da quella vittoria sul Crotone in poi ne colleziona otto (con due pari) nelle dieci successive di A, e subendo appena cinque gol. Perché con Romagnoli la coppia di difesa si affiata, e il sogno Champions non è poi così irrealizzabile.

Lo Stadium si sciacqua la bocca

Bonucci lo aveva scritto anche su Instagram dopo quel gol al Crotone. Non come pubblicazione, permanente, ma come “storia”. Quelle che in ventiquattro ore si cancellano in automatico. “Sciacquatevi la bocca”. Quella che era la sua esultanza made in Juventus esportata anche in rossonero. E risposta poi proprio in quello che è stato il suo Stadium per così tanti anni. Il giorno è il 31 di marzo, qualche ora prima del pesce d’aprile a cui nessun juventino avrebbe creduto fino all’anno prima. Bonucci che va via dalla Juve, Bonucci che segna alla Juve, a Torino, e Bonucci che fa quel gesto, con l’indice a circondarne la bocca. Impossibile, se non per scherzo! Ma realtà in quel 3-1 poi deciso da Cuadrado nel finale. Il copione è praticamente quello del film perfetto. Leo, bersagliato dai fischi per novanta minuti, salta sul corner di Calhanoglu tra Barzagli e Chiellini, e batte Buffon. I suoi fidati compagni di sei scudetti. Un thriller perfetto senza lieto fine per il Milan. Bonucci segna, esulta e lascia un brutto ricordo a tutti quei tifosi che lo idolatravano fino a poco prima, e che oggi sono pronti (o forse no) a riabbracciarlo. Ma soprattutto quel giorno la marcia del Milan di Gattuso si interrompe. Al ko di Torino seguiranno quattro pari e una sconfitta, ancora contro quel Benevento dei record storici negativi del calcio italiano. Alla fine la Champions sfuma ma non l’Europa League, e nemmeno la finale di Coppa Italia.

Addio

L’ultima partita ufficiale di Leonardo Bonucci nel Milan resterà quella contro la Fiorentina, vittoria 5-1 seguita al pari contro l’Atalanta. I due match finali del campionato che hanno riconsegnato il Milan all’Europa, seppur quella meno prestigiosa. Prima ancora però ci fu proprio la finale di Coppa Italia, e il suo triplice obiettivo: il pass gironi per la vecchia Coppa Uefa, il trofeo e lo smacco ai bianconeri, cannibali ormai da sette anni in patria. A Roma però non c’è storia. Il Milan gioca un tempo (nemmeno troppo male) e poi affonda fin dal primo gol di Benatia. Lui, il sostituto di Bonucci alla Juve diventato titolare. Uno e poi due, tra Douglas Costa e Kalinic (nella porta sbagliata). Finisce 4-0 e finisce malissimo. Bianconeri in festa e Milan all’inferno. Ancor di più quando l’Uefa estromette la squadra rossonera proprio da quell’Europa League conquistata così a fatica, il contentino di una stagione iniziata con ben altre aspettative soprattuto nel giorno dell’arrivo di Bonucci a Casa Milan. Il TAS poi accoglie il ricorso e i rossoneri tornano ai gironi. "Riconquistato ciò che avevamo raggiunto sul campo” - scrive Leo su Twitter, l’ultimo cinguettio ancora in alto nella sua bacheca virtuale. Parole da capitano e da chi ha un progetto, e un legame, con la propria squadra. Parole, forse, di circostanza. E ora amare. Leo torna alla Juve, la sua casa. Il vero affare (con Higuain e Caldara nella direzione inversa), forse, lo fanno tutti. Cosa resterà della sua storia al Milan? Pensieri. Così tanti che nemmeno le due ore sull’A4 basterebbero per risolverli tutti.