Nell'estate 1998 la Lazio accoglie il "Piccolo Buddha" come un re: 30 miliardi di lire al Barcellona, memore degli assist con cui mandava in porta il Fenomeno Ronaldo. In Italia, di quegli assist, nemmeno l'ombra: l'inizio della parabola discendente di una carriera fatta di ritorni: anche a Roma, in giallorosso, da... vice-allenatore
di Vanni Spinella
- Come andò lo sappiamo tutti: Massimo Moratti, con un blitz quando “manca solo la firma”, lo veste di nerazzurro, Cragnotti mastica amaro ma l’estate dopo si ripresenta a Barcellona, determinato a piazzare il grande colpo. Se il bomber è sfumato, virerà su quello che aveva messo lo zampino in almeno la metà dei suoi gol: il “piccolo Buddha”
- Classe ’76 come Ronaldo, con cui condivide anche il parrucchiere, a 20 anni è già titolare nel centrocampo blaugrana, accanto a Pep Guardiola (che però all’epoca aveva ancora i capelli). Con loro, anche Figo e Stoichkov, per una squadra che incanta e che nel 1997 vince Coppa delle Coppe, Coppa del Re e Supercoppa spagnola
- Cragnotti si lascia ispirare e non si accontenta di versare 30 miliardi per De la Peña. Vuole costruire una squadra da scudetto, senza badare a spese: arrivano anche Vieri, Salas, Sergio Conceicao, Mihajlovic, Fernando Couto, per un totale di oltre 170 miliardi investiti
- A far scalpore, però, sono soprattutto i 6 miliardi a stagione (per quattro anni) garantiti al piccolo genietto spagnolo, considerando che, nella storia della Serie A, solo Maradona e Ronaldo avevano firmato contratti più ricchi fino a quel momento
- Il piccolo Buddha sbarca a Roma il 9 luglio 1998, visibilmente fuori forma e nemmeno elegantissimo: a Fiumicino ci sono 200 tifosi ad accoglierlo, altri 2000 li troverà a Formello, pronti ad acclamarlo. Poi colazione a base di coca-cola e cornetto, visite mediche, “benedizione” della folla da un balcone e dichiarazioni di rito: “Ho pronti assist per tutti”, promette. “Ronaldo mi voleva all’Inter, ma io ho scelto la Lazio perché mi ha fatto sentire importante”
- La stagione inizia con la Supercoppa italiana contro la Juventus di Lippi. La Lazio vince 2-1 con De la Peña che mette il suo zampino in entrambi i gol. Prima quando pesca in area Mancini (che poi aggancia e serve di tacco l’accorrente Nedved) e poi quando dialoga con Salas avviando con un triangolo di prima la serie di passaggi con cui la Lazio entra nell’area bianconera all'ultimo minuto, dopo il provvisorio pareggio di Del Piero su rigore. Un tocco, quello per il Matador cileno, meraviglioso nella sua semplicità. Esame superato
- Poi però qualcosa si inceppa, Eriksson trova il suo “undici” ideale (che in mezzo al campo prevede Almeyda, Nedved e Stankovic) e lo accantona. Per i colpi di genio gli basta Mancini, che si abbassa e fa da raccordo. C’è da dire che l’allenatore non è mai stato il suo primo fan. “Non mi serve”, aveva detto a Cragnotti quando gli era stato proposto il suo acquisto. “Le servirà”, la risposta lapidaria del presidente
- De la Peña colleziona in tutto 15 presenze in campionato, solo 4 partendo da titolare (e venendo sempre sostituito), le altre subentrando nei finali di gara. Sono le uniche tracce che lascia nell'anno in cui la Lazio regala lo scudetto al Milan di Zaccheroni dilapidando 7 punti di vantaggio e vince la Coppa delle Coppe in finale contro il Maiorca di Cuper
- A fine campionato gli indicano la porta, finisce in prestito all’Olympique Marsiglia per un’altra opaca stagione, poi la vita gli riserva un ritorno dopo l’altro: al Barcellona, nuovamente in prestito (2000-2001), dove però non è più l’idolo di casa; alla Lazio (2001-2002), dove in un anno intero si vede in campo appena una volta; di nuovo a Barcellona, ma non al Barcellona, bensì all’Espanyol, dove diventa giocatore-simbolo e capitano della squadra
- Una volta stabilitosi all'Espanyol, contribuisce parecchio a renderlo un idolo dei tifosi la piccola rivincita che si prende nei confronti del Barcellona, quando segna una doppietta nel derby vinto 2-1 contro i blaugrana di Messi
- Proprio con la maglia dell’Espanyol darà l’addio al calcio giocato, nel maggio 2011, scoppiando in lacrime in conferenza stampa e dichiarando di voler restare nel mondo del pallone
Tra quelli che lo ascoltano c’è anche un suo vecchio amico, Luis Enrique, compagno di squadra in quel magico Barça 96/97 che sfornerà allenatori (oltre a “Lucho”, c’erano il già citato Pep, Laurent Blanc e Mourinho come assistente-traduttore), che lo chiama come suo vice… riportandolo a Roma
- Nell’estate 2011 Luis Enrique è infatti il nuovo allenatore della Roma e si costruisce uno staff tutto spagnolo intenzionato a portare nella Capitale un po’ di quella mentalità. L’8 giugno De la Pena sbarca nuovamente a Roma, il 12 agosto, scusandosi, lascia l’incarico per un problema familiare che gli impone di tornare a Barcellona. La sua meteora, a Roma, è passata addirittura due volte