
Meteore Serie A degli Anni 90: i giocatori che si sono rivelati promesse incompiute
Passati senza quasi lasciare il segno, ma ancora oggi nella memoria dei tifosi, trasformati spesso in vere e proprie icone. Nella giornata che #SkySportClassic dedica agli Anni Novanta, ricordiamo meteore e bidoni che hanno segnato quel decennio, dal "Cobra" Pancev a Esnaider, da Bartelt a Marcio Santos

Caio (Inter, 1995-96)
Faccia da bravo ragazzo, sorridente, solare. Mica come quel suo connazionale dall’aria corrucciata con cui arriva in nerazzurro nell’estate del 95. L’altro si chiama Roberto Carlos ed è un campione vero, come si scoprirà presto; mentre Caio, dopo un’anonima stagione senza reti all’Inter, chiude la sua esperienza italiana al Napoli. Senza reti, ovviamente

Winston Bogarde (Milan, 1997-98)
Solo top club nel suo curriculum: Ajax, Milan, Barcellona, Chelsea. Con relativi stipendi da top-player, lui che alla fine era un modestissimo difensore che l’organizzazione dell’Ajax aveva mascherato da campione. I rossoneri scommettono su di lui nell’estate in cui prelevano anche Kluivert, ma dopo 3 partite si arrendono

Ivan De la Peña (Lazio, 1998-99)
Il Piccolo Buddha è la risposta laziale, con un anno di ritardo, all’interista Ronaldo, lui che nel Barcellona era l’assistman preferito del Fenomeno, con le sue verticalizzazioni al laser. Pagato 30 miliardi di lire e con un ingaggio mostruoso (6 miliardi a stagione), si rivela un flop clamoroso

Sebastian Rambert (Inter, 1995-96)
La sua vicenda sarà legata per sempre a quella di capitan Zanetti, se si pensa che approdarono all’Inter insieme (come testimoniano le foto dell’epoca che li ritraggono in improbabili giacche e cravatte con Facchetti) e che, dei due, lui era ritenuto il campione dal sicuro avvenire. La storia ci ha raccontato il contrario: l’Aeroplanino ripartirà senza neanche debuttare in campionato, mentre Zanetti scriverà la storia del club

Sergio Zarate (Ancona, 1992-93)
Fratello maggiore di Mauro, che in Italia avrà più fortuna, sbarca in A con la sua folta chioma e la fama del rapace dell’area di rigore. Le uniche due reti che segnerà gliele concede il Foggia di Zeman: per il resto, tanto materiale fornito a “Mai dire gol”

Ciriaco Sforza (Inter, 1996-97)
Potere di una battuta. Quella del film di Aldo, Giovanni e Giacomo gli ha regalato la vera fama, dato che – prima che Giacomino utilizzasse la sua maglia come pigiama perché “quella di Ronaldo era finita” – era passato in nerazzurro senza lasciare traccia

Hristo Stoichkov (Parma, 1995-96)
Messo sul mercato dal Barcellona a causa del rapporto conflittuale con Crujiff, il Parma ne approfitta e si assicura un campione, tra i migliori giocatori d’Europa, Pallone d’oro nel 1994. Una star, di cui ha l’atteggiamento e le uscite: sul campo, però, non si rivela mai all’altezza della sua fama

Marcio Santos (Fiorentina, 1994-95)
Arriva in A da campione del mondo, dopo aver battuto ai rigori gli Azzurri di Roberto Baggio (non certo per merito suo: il suo è l’unico rigore che Pagliuca para). Ma il suo ricordo in Italia è legato soprattutto alla “scommessa” fatta al momento della firma con il presidente Vittorio Cecchi Gori, che si era impegnato a fargli conoscere Sharon Stone, la sua attrice preferita, nel caso avesse raggiunto quota 7 gol. Chiuderà la stagione con 2 gol, ma anche 2 autoreti sul groppone

Darko Pancev (Inter, 1992-94)
Non un semplice bidone, molto più di una meteora del nostro calcio, che comunque ne ammirò le gesta per due stagioni e mezza. Con il “cobra” Pancev siamo al cospetto di un’icona: la sua trasformazione ha dell’incredibile, se si pensa che si trattava del bomber della Stella Rossa campione d’Europa, incapace in Italia di combinare alcunché

Gustavo Bartelt (Roma, 1998-2000)
L’attaccante che piaceva a Zeman, e che fu preferito a Trezeguet, costò ai giallorossi 13 miliardi e arrivò in A con la fama di quello che la butta dentro con continuità. Le premesse, poi, sembravano ideali: doppietta in un’amichevole di presentazione, gol alla prima ufficiale, in Coppa Italia, mentre in campionato resta il ricordo dei due gol che propiziò contro la Fiorentina, permettendo alla Roma di vincere una gara in cui si trovava sotto 0-1 fino al minuto 89. Dopo quell’exploit, non riuscì più a ripetersi: 12 presenze senza reti il primo anno, appena 3 apparizioni la stagione dopo, quando Fabio Capello lo boccia senza appello

Dennis Bergkamp (Inter, 1993-95)
Ai nerazzurri regala una coppa Uefa in un’annata disgraziata per la squadra, ma resta il ricordo di un campione arrivato tra aspettative altissime e ripartito da incompreso, prima di scrivere pagine di storia con la maglia dell’Arsenal

Juan Esnaider (Juventus, 1999-2000)
Nel gennaio del 1999 la Juventus è a caccia di un sostituto di Del Piero, fermo per un grave infortunio. La scelta ricade sull’argentino, ma pesca il bidone. Dodici miliardi all’Espanyol, 2,2 all’anno al giocatore che in bianconero riuscirà nell’impresa di non segnare neanche un gol in campionato, nonostante Lippi inizialmente insista su di lui

Fabio Junior (Roma, 1999-2000)
Altro bidone di fine decennio, arriva in giallorosso accompagnato da un soprannome che promette sfracelli (l’Uragano) e dal paragone con il fenomeno Ronaldo, con il quale condivide solo il taglio di capelli. I tifosi giallorossi impiegano poco a ribattezzarlo “Venticello” e a capire che il club ha gettato al vento 30 miliardi

Matthias Sammer (Inter, 1992-93)
Meteora vera, con l’esperienza nerazzurra che dura pochi mesi, prima del ritorno in Germania, a gennaio del 1993. Nel Borussia Dortmund pare subito un altro giocatore: si impone come leader, e negli anni vince campionati, Champions, Intercontinentale. Addirittura il Pallone d’Oro nel ‘96…