Formula 1, a s(or)passo nel tempo. Ritiri mondiali

Formula 1

Michele Merlino

©Getty

Un titolo suggellato con una vittoria è il massimo, con un piazzamento è già qualcosa sottotono, ma vincere un mondiale con un ritiro... Tra le 'vittime' più illustri, anche Lauda, Prost, Senna, Hamilton e Schumacher: ripercorriamo i casi più bizzarri

CORONAVIRUS, TUTTI GLI AGGIORNAMENTI

Mai come in questo caso la statistica ci aiuta a marcare una linea netta tra Formula 1 “d’epoca” e “moderna”. Nei primi 50 anni del mondiale il titolo è stato assegnato in seguito ad un ritiro in 23 occasioni, mentre dal 2000 in avanti è successo solo una volta, anzi mezza. Ripercorriamo i casi più bizzarri.

Ritiri multipli negli anni ‘50

Negli anni ‘50 la Formula 1 permette di condividere una vettura: non c’è il mondiale costruttori e quindi, assegnando i punti ai piloti è logico che il protagonista sia l’essere umano, indipendentemente dalla vettura. Succede così che se un pilota di punta di un team rompe, si ferma ai box, ad un compagno di team viene segnalato di rientrare, questi smonta di vettura, ed il “capitano” riparte. Si decide così il primo mondiale della storia, quello del 1950: la lotta a Monza è tra Farina Fangio. L’italiano veleggia verso la vittoria, mentre l’argentino ha un problema al cambio. Nessun problema: si ferma e Taruffi gli cede la monoposto, ma non è giornata, rompe una valvola e si ritira definitivamente, consegnando il titolo a Nino. Nel 1956 la scena è simile: siamo sempre a Monza, uno dei due protagonisti è sempre Fangioma il rivale questa volta è Moss. Ed è di nuovo Fangio a rompere, questa volta lo sterzo.

Sembra -di nuovo- finita, perché Peter Collins, compagno di Juan-Manuel è a sua volta in lizza per il mondiale, quindi è illogico che si fermi. Invece, in un gesto di sportività che ha pochi eguali, Peter cede la sua Ferrari a Fangio, che finisce secondo dietro a Moss e vince il quarto titolo.

Clark e l’olio

Jim Clark è scomparso con tre mondiali al suo attivo, ma potevano essere cinque, visto che in due casi dei problemi meccanici lo hanno privato del titolo nella gara decisiva. Il primo è accaduto in Sudafrica nel 1962 a East London: Clark è in testa davanti al rivale Graham Hill, ma un bullone si svita, causa una perdita d’olio e lo appieda. Sfuma il suo primo mondiale, che va a Hill. Due anni dopo per Jim, in Messico, le speranze matematiche sono ridotte, e, nonostante sia in testa, con Hill in terza posizione il titolo andrebbe a Graham, ma il tamponamento di Bandini al suddetto lo rimette in prima posizione in campionato. A sette giri dalla fine la seconda beffa in tre anni: di nuovo una perdita d’olio! Clark prova a portare la vettura al traguardo, ma il motore cede all’ultimo giro. Vince Gurney e Surtees, con il secondo posto, porta il titolo a Maranello.

I doppi ritiri mondiali

Ci sono stati mondiali decisi per un ritiro del leader e dello sfidante? Sì, il primo caso è nel 1966Non siamo alla gara finale del campionato, siamo a Monza, a due GP dal termine, ma il vantaggio di Jack Brabham è tale che può laurearsi campione. Al 7° giro, l’australiano è già fuori per una perdita d’olio e Surtees rientra in gioco, ma al 32°

passaggio il KO decisivo: Surtees è appiedato da una perdita di carburante e Jack è campione. Nel 1971, in Austria, si decide tutto in quattro giri: al 31° Jacky Ickx è fuori per la rottura del motore, e Stewart è matematicamente vincitore con tre gare da disputare, ma non termina la gara. Rompe un semiasse al 35° passaggio, parcheggia, e torna ai box firmando autografi. Da campione. Per Ickx si tratta della seconda rottura in due anni che dà il titolo ad un rivale. Quella dell’anno prima, per molti, è stata quasi provvidenziale: a Watkins Glen una perdita di benzina lo mette fuori gioco e consegna il mondiale a Jochen Rindt, scomparso un mese prima a Monza.

Lauda, Mansell e i litigi

Scorrendo i vari mondiali decisi per i ritiri, non si può dimenticare il GP del Fuji 1976, con Lauda che abbandona la sua Ferrari intatta: non se la sente di correre sotto il diluvio e Hunt ne approfitta. Avanti veloce dieci anni: boom! L’esplosione della posteriore sinistra di Mansell ad Adelaide. Titolo a Prost. Altro anno e altro “boom”: questa volta è un incidente in prova. Il protagonista è sempre Mansell, che si schianta nelle prove in Giappone: la sua assenza in gara dà il titolo al compagno di team Piquet. Poi, cominciano i problemi. Nel 1989, 1990, 1994 e 1997 ben quattro mondiali vengono decisi per collisioni tra i duellanti per il titolo: quasi uno su due in questo arco temporale particolarmente bellicoso. Nei primi due casi i protagonisti sono Senna e Prost, negli ultimi due Schumacher, rispettivamente contro i figli d’arte Damon Hill e Jacques VilleneuveFiumi di inchiostro sono stati scritti su questi incidenti e non ci dilunghiamo oltre...

Gli incredibili anni 2000

Archiviato il 1998 con uno Schumacher che stalla in griglia e poi fora mentre sta rimontando (titolo ad Hakkinen), gli episodi di mondiali decisi per ritiri si riducono drasticamente. Certo, nel 2006 la rottura del motore di Schumacher in Giappone dà “quasi” il titolo ad Alonso, ed una foratura del tedesco ad Interlagos facilita il lavoro di Fernando, ma non è la stessa cosa... non lo è neppure il misterioso guasto di Hamilton ad Interlagos nel 2007. Che succede? Lewis rallenta, sta per ritirarsi, perde un mucchio di posizioni, poi riparte. Cosa è accaduto? Il team parla di “momentaneo guasto al cambio”. Come momentaneo? Spiegate meglio! No, dobbiamo accontentarci di queste scarne parole. Le congetture, nell’anno della Spy Story, abbondano, ed il fatto che Lewis perda il mondiale per un solo punto, cedendo quindi esattamente le posizioni che servono per risultare sconfitto, esaltano i dietrologi, ma, in fondo, è bello così. Niente rotture decisive quindi, fino al 2014, quando nella finale che vale doppi punti ad Abu Dhabi, Nico Rosberg rompe l’ERS dopo il primo pit-stop e gironzola, in lacrime, fino al traguardo, terminando 14°. Mondiale ad Hamilton. Ma, come per il 2006 e 2007, sono guasti a metà: l’ultimo mondiale con uno dei rivali appiedato è quello del 1998, con l’immagine-simbolo di Schumacher a capo chino seduto su un muretto a bordo pista.