F1, Binotto e l'addio alla Ferrari: i possibili motivi del divorzio
Formula 1 ©IPA/FotogrammaSi chiude la lunga storia tra il team principal Mattia Binotto e la Ferrari: 28 anni di Rossa, 4 alla guida della Scuderia. Troppo poche 7 vittorie su 82 Gran Premi, in mezzo un accordo riservato con la Federazione, per un motore mai giudicato irregolare ma sospetto. Ripercorriamo le tappe principali per cercare di capire i motivi del divorzio, ma anche chi potrebbe essere il successore. Non si escludono colpi di scena
Qualche sussurro prima di Monza per una stagione che aveva così di colpo preso una deriva negativa, qualche voce in più dopo Singapore, la quasi certezza alla vigilia di Abu Dhabi, ma tutto sottotraccia fino all'ufficialità del divorzio tra Mattia Binotto e la Ferrari. L’improvvisa esplosione delle voci, tanto fragorosa, quanto anomala, come un estremo tentativo muovendo delle pedine per evitare lo scacco matto. Scacco al re e la Ferrari decide, dopo 4 stagioni, di cambiare il team principal.
Troppo poche 7 vittorie su 82 Gran Premi, in mezzo un accordo riservato con la federazione, per un motore, mai giudicato irregolare, ma sospetto. Via all’inferno per una stagione intera a fare presenza, sverniciati in rettilineo con i soli lampi di Leclerc, allo slogan date una macchina a questo ragazzo e colpi di orgoglio di Vettel. La squadra in pista a lavorare come non mai per trovare dei set up estremi per salvare il salvabile, forse da questo punto vista la miglior stagione quella 2020, ma tutto in secondo piano. Seb licenziato con una telefonata, dentro Sainz, per completare una buona coppia, sulla carta perfetta, come in tutti i top team che vogliono vincere il Mondiale, una punta e un rifinitore che un giorno, vedi Massa 2008, può anche diventare primo attaccante.
Tutto è svanito troppo in fretta
Un 2021 da purgatorio puntando tutto sul 2022, sui nuovi regolamenti su un progetto nuovo per tutti, con il vantaggio di non essere coltello tra i denti per il Mondiale come Red Bull e Mercedes. Quale occasione migliore. È invece tutto è svanito troppo in fretta. Non accettabile il "siamo migliorati dall’anno scorso", troppi errori, Monaco, Silverstone, Ungheria e altri meno evidenti, difficilmente ammessi sia fuori che dentro, se non solo dai piloti nelle loro imprecisioni. Certo non è il team principal a fare macchina e strategie, ma è un buon capo a fare la squadra e le gerarchie.
"Andiamo in Australia non per vincere una gara, ma per aprire un ciclo", parole di Binotto 2019 alla vigilia del primo Gran Premio, o ancora, dopo Austria 2022 l’ultima vittoria Ferrari, "possiamo vincerle tutte" obiettivi modificati a parole nel tempo, in base al tempo in pista. Una Ferrari apparsa troppo debole politicamente in alcune situazioni da poter essere vera, da poter essere quella che il mondo tremare faceva. Si riparte non per inseguire, ma per vincere, si riparte forse da un francese, Vasseur. Ma attenzione ai colpi di scena.