La Yamaha M1 segna il passo: dopo anni con una moto vincente ma ormai del tutto esplorata, i giapponesi varano un’era di cambiamenti importanti di telaio e motore. Organizzato un test supplementare in Malesia per provare la MotoGP del 2017
Il campanello d’allarme lo ha suonato lo stesso Rossi nel dopo Aragon: “Non vinciamo da Barcellona e questo ci deve far riflettere” aveva detto. Non si può parlare di mancanza di prestazioni perché Valentino e Jorge frequentano assiduamente il podio, ma la Honda cresce meglio e di più.
Il progetto M1, in linea con la filosofia di Iwata, da 10 anni subisce tante piccole redditizie evoluzioni, ma nessun cambiamento radicale. Oggi è necessaria una metamorfosi tecnica più concreta, è necessario osare portando – proprio come fa la Honda – una gran quantità di pezzi differenti da far provare ai propri piloti. Non è un caso che per battezzare la nuova M1 la Yamaha abbia infatti ha deciso di programmare un importante test supplementare al caldo della Malesia il 23 e 24 novembre, dopo quello di Valencia di fine stagione. Una prova che si aggiunge comunque a quelle prestagione sempre a Sepang, Phillip Island e Losail.
Massimo Meregalli, Team Manager Yamaha MotoGP, ha idea che i giapponesi cambieranno radicalmente la ciclistica cercando di migliorare l’ultima parte della frenata sino a centro curva, ma anche l’agilità nei cambi di direzione. La possibilità di fare curve più spigolate, senza perdere l’innata qualità della percorrenza, passa attraverso la rigidezza di un telaio che faccia lavorare bene le Michelin. Alchimia non semplice perché il comportamento delle gomme è spesso incostante.
Tentativi durante la stagione ce ne sono stati con l’introduzione di due specifiche di telaio (che diventano 3 se aggiungiamo quello col serbatoio al posteriore che variava di molto la distribuzione dei pesi) ma gli aggiornamenti non hanno avuto il successo sperato. E’ arrivato il momento di un progetto nuovo come successe nel 2003 quando i progettisti adattarono il telaio alla nuova iniezione elettronica che cambiava il comportamento della moto.
Meregalli si augura anche un motore, che pur non cambiando nella sua architettura, sia più potente in alto anche per non pagare dazio nella velocità di punta rispetto alla Ducati ed alla Honda (quasi sempre in media 7km/h più veloci). Forse anche per Yamaha è arrivato il momento di un supermotore, che abbia anche un esubero di potenza, da imbrigliare poi con una buona messa a punto elettronica. Gli ingegneri giapponesi si stanno prendendo il loro tempo ed hanno fatto saltare i test della nuova M1 a Misano ed Aragon perché la moto non era pronta, ma questo conoscendo il loro metodo di lavoro, deve essere letto come un dato positivo.