GP di Finlandia, il ricordo di Paolo Beltramo
MotoGpDovrebbe essere già tutto deciso, ma l'ufficialità non è ancora veramente arrivata. Dal 2019 il motomondiale tornerà a correre in Finlandia dopo 35 anni di assenza. Il nuovo circuito si chiamerà KymiRing. Una volta, però, si correva sul cittadino di Imatra: un posto stupendo, amato da tutti, tranne che dai piloti
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Una volta, quando si andava in Finlandia, era una doppietta: prima la Svezia (Karskoga o Anderstorp), poi il traghetto della Silja Line (gratis per gli appartenenti al Continental Circus) e subito dopo, Imatra. Quella finlandese era una tappa amata da tutti tranne, forse, dai piloti. Lo standard non era molto peggio del solito, per quei tempi, quando ancora si correva al vecchio Nuerburgring, a Spa, sullo stradale di Brno, a Salisburgo, Imola e così via. C’era un circuito cittadino con incroci, marciapiedi, pali della luce, guard-rail, alberi, ma soprattutto un passaggio a livello che i piloti percorrevano in accelerazione dopo la prima curva attraversando le rotaie.
I box, come spesso in quegli anni tra fine ’70 e inizio ’80, non c’erano. In alcuni casi si trattava di una tettoia sopra un muretto dove i meccanici spingevano il carrello degli attrezzi, le gomme, la seconda moto per poi lasciare lo spazio a quelli della categoria successiva. A quei tempi non ci si fermava quasi mai, c’erano sei categorie: 50, 125, 250, 350, 500 e sidecar. A Imatra si corse il Finnish TT dal 1964 a 1982. Il pilota che vinse di più fu, manco a dirlo, Giacomo Agostini con 17 vittorie (7 in 350, 10 in 500) e i meccanici portavano i propri carrelli lungo una stradina più in basso del rettilineo d’arrivo che correva lungo un lago ed era separata dal tracciato da una scarpatina e da una fila di alberi…
Il paddock era accampato all’interno del piccolo centro sportivo del paese, coi mezzi (soprattutto roulotte e camioncini, ma anche qualche motor-home dei piloti più ricchi) disposti sulla pista di atletica attorno al campo di calcio. Lì si viveva un’atmosfera unica. Ricordo Walter Villa che toglieva le moto dal banco composto di due assi su due sostegni e, insieme al suo amico macellaio Sante, stendeva la carta da meccanico bianca come tovaglia e poi affettava direttamente dalla mortadella accompagnata da pane casereccio e da Lambrusco doc. Oppure l’amico architetto di Guido Paci che faceva indimenticabili risotti allo zafferano o allo spumante nel cucinino della roulotte, oppure i piloti radunati sotto una tenda a suonare, cantare, ridere.
Io in Finlandia sono stato per la prima volta nel 1979: fu un lungo viaggio da Milano a Karskoga in Svezia a Imatra e ritorno in 4 dentro un maggiolone Volkswagen coi bagagli in braccio. Dormivamo in tenda, era divertentissimo. Imatra era amata da tutti, dicevamo. Sì perché allora là praticamente tutti trovavano modo di fidanzarsi con bellissime bionde, qualcuno anche con più di un paio. In paese c’era festa, animazione, ricordo il mezzo pollo arrosto mangiato con Franko Sheene, papà di Barry, su una panca con un tavolaccio da fiera davanti. O gli inviti della futura moglie di Marco Lucchinelli, Paola, che avendo pietà per noi poveri accampati cuoceva qualche etto in più di pasta e ci diceva, per non offenderci, che ne era avanzata un po’, se ne volevamo. Son passati quasi 40 anni: grazie ancora…
C’erano molte cose uniche a Imatra, oltre al tracciato, al viaggio, all’ospitalità, al clima di festa assoluta. C’era -quasi- anche il sole a mezzanotte: alle dieci di sera avevi ancora gli occhiali da sole e alle 3 o 4 del mattino li rimettevi. C’era, a pochissimi chilometri, meno di 10, il confine con l’Unione Sovietica con le torrette che svettavano tra i pini e le guardie armate in cima. Ad Imatra vincevano i grandi, ma anche i coraggiosi, piloti come Van Dulmen, Hartog, Read, Villa, Ballington, Hansford, Cecotto, Nieto, Saarinen, Lucchinelli. Proprio “Lucky” fu l’ultimo vincitore della 500 sia al vecchio Nurburgring (1980), sia in Finlandia, nell’81, l’anno del suo mondiale conquistato la gara successiva ad Anderstorp.
Io ricordo Imatra come qualcosa che doveva finire, che era -come tutti quei circuiti là- al di fuori della storia, anacronistico, pericoloso, crudele. Ma è comunque un ricordo dolce, di un’epoca che non c’è proprio più. Bello pensare di tornare in Finlandia, terra di piloti e di passione. Il tracciato non piaceva soprattutto agli americani (Pat Hennen escluso, che ci vinse in 500 nel ’76 con la Suzuki, ma lui amava anche il TT dell’isola di Man, che lo ha tradito), che non erano abituati alle piste cittadine e stradali, oramai comunque arrivate agli sgoccioli della propria storia. Kenny Roberts, nel 1981, si lamentava, come quasi tutti, dell’asfalto molto ondulato, roba da non riuscire -quasi- a tenere i manubri in mano. E con la sua modernità e indubbia dote della sintesi, mise l’epitaffio su Imatra: “Un asfalto di merda, in un circuito di merda, in un posto di merda”.