MotoGP, GP Assen 2019. L'editoriale di Guido Meda: "Generazioni di fenomeni"

MotoGp

Guido Meda

Assen lancia in orbita i giovani, mentre i veterani soffrono e Marquez, che sta nel mezzo, gode e raccatta altri punti. La Yamaha che non va è quella di Rossi, ma su una Motogp ci sono troppe variabili per condannare lui senza appello. Non se lo merita

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La buona notizia è che il parco giochi della MotoGP è affollato di ragazzini svegli, che in Olanda fanno pure meglio dei fratelli maggiori. Il fratello che come età sta a mezza strada, ovvero Marquez, sa approfittarne e fare punti anche senza vincere. Quelli più grandicelli tipo Rossi, Dovizioso o l’infortunato Lorenzo, sono obbligati a mantenere l’altezza; il che è stimolantissimo per un verso e difficilissimo per un altro. 

Certo è che se il livello nuovo che ci aspetta nei prossimi anni è quello dei Vinales, dei Quartararo, dei Rins (finchè c’è stato) visti ad Assen la MotoGP può stare certa di avere già in pancia una nuova generazione di fenomeni. Ed è la seconda buona notizia. Se non si fosse capito questa è l’era straordinaria in cui di generazioni di fenomeni se ne stanno incrociando tre: quella di Rossi, Lorenzo e Dovizioso, quella di Marquez e quella di Quartararo e Vinales. Testimoniarla è un privilegio enorme.

Venendo alle cose più pratiche della pista Vinales, con la Yamaha, è riuscito a vincere infilando un weekend strepitoso senza nemmeno un calo, una depressioncina, il che sa molto di crescita e di costanza vere. E’ proprio quello che gli serve per continuare sulla strada che lui vorrebbe per arrivare a giocarsela con Marquez, con il quale ha un conto aperto atavico. E’ il suo riferimento. Ma la crescita di Vinales riguarda anche la Yamaha che infatti, oltre a lui, ha anche Quartararo che va a podio e Morbidelli che fa quinto, lontano ma quinto.

Quello davvero con la coda tra le gambe è il buon Rossi che casca in terra in gara dopo un weekend davvero brutto. È la terza di fila, ma nella seconda a Barcellona era incolpevole con ritmo. E’ comprensibile che qualcuno possa pensare a una responsabilità molto personale di Valentino, una non meglio definita "bollitura" per quelli che amano esagerare. Che secondo noi, ovviamente, non è così scontata. I tempi sul giro di Rossi in una gara in cui era tappato dietro dal gruppone sono stati pochi , ma buoni abbastanza da far pensare che forse avrebbe potuto arrivare un bel po' avanti; che qualcosa in extremis dopo il warmup l’avesse sistemata o che potesse fare una gara magari simile a quella di Morbidelli. Non certo una festa, ma meglio che sbattere in terra. Premettiamo che a Rossi è stato chiesto, in maniera palese, e la sua risposta è stata: "Che il problema sia il pilota? Può essere, un po' sì e un po' no. Per me la situazione va vista in maniera più ampia, però se le Yamaha vanno forte vuol dire che dobbiamo metterci a posto noi". Ecco, aggiungiamo che anche gli assetti che vanno bene a uno o due piloti, non vanno necessariamente bene agli altri. Quello che certamente riesce difficile a Rossi e al suo team è invertire la tendenza. Quando il weekend comincia male, finisce male. A Barcellona ad esempio era iniziato bene e in gara sembrava poter andare ancora meglio, non fosse stato per la caduta di gruppo. Era solo la gara scorsa e non va dimenticato.

Se Vinales vince così la Yamaha fa non bene, ma benissimo a seguirlo! Però non è detto che il bene tecnico di Vinales corrisponda a quello di cui avrebbe bisogno Rossi. Di queste cose bisogne tenere conto, senza fretta. In ogni team ci sono cambiamenti di telai, assetti, elettronica. Ragnatele di cose di cui tener conto che, magari, quando si ha a che fare con perfezionisti oggettivi alla Rossi, si possono trasformare per lui e il suo team più in complicazioni che in vantaggi. Insomma, se Valentino non battesse chiodo da inizio mondiale ci sarebbe da preoccuparsi davvero per lui, ma siccome qualche risultato nel 2019 c’è, e le cadute del Mugello, di Barcellona (dove andava bene) e di Assen ci negano le controprove, servono una gran prudenza e del grande buonsenso prima di gettare la croce addosso ad uno che, se non altro, ha sempre fatto il possibile per non meritarsela. Ha fatto due secondi posti di fila Rossi, ed era nemmeno due mesi fa, proprio mentre i suoi compagni di marca soffrivano come soffre lui adesso, rimanendo comunque e fino a prova contraria il miglior pilota Yamaha piazzato nella classifica del mondiale. Meglio attenuare quindi la voracità da social network di decretare morti e vivi, vincitori e vinti. Calma.

E andiamoci piano anche a malgiudicare la Ducati, Dovizioso, Petrucci, Miller, Bagnaia, che in Olanda non c’erano, non come avrebbero voluto. E’ vero che per contendere il mondiale a Marquez - che è speciale di suo - bisogna fare di più, ma che la Ducati in Olanda sia diventata una moto scivolosa con il caldo è stata una novità assoluta che ha preso in contropiede il team, i suoi piloti e anche noi. La stessa pazienza che si usa nei confronti di Jorge Lorenzo alle prese con mali pesanti da adattamento e, poveraccio, pure da ossa rotte a dispetto del suo rango straordinario, bisogna riuscire ad usarla con chi ci prova senza riuscirci; con chi vedeva la luce e adesso naviga nel buio cercando l’uscita. Che poi magari settimana prossima è tutta un’altra storia.