MotoGP, GP Australia (Phillip Island). Le pagelle di Paolo Beltramo

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Paolo Beltramo

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In Moto3 Dalla Porta diventa 'Lorenzo il Magnifico'. Per Marquez non ci sono più aggettivi. Mistero Yamaha, disastro Lorenzo. Dovizioso senza rabbia non approda sull'isola dei Piloti

Il weekend di Phillip Island ci ha regalato il secondo campione del Mondo della stagione del Motomondiale: Lorenzo Dalla Porta diventa il re della Moto3. Nella cilindrata maggiore solito irrefrenabile Marc Marquez, che trionfa nelle difficoltà degli avversari. Riviviamo il GP d'Australia con le pagelle di Paolo Beltramo.

Lorenzo il Magnifico

Non Dei Medici, ma Dalla Porta, non Firenze, ma Montemurlo e da lì, il Mondo. Roba grossa, bella, importante e rara: l’ultimo toscano a vincere un titolo in 125 è stato Alex Gramigni con l’Aprilia nel 1992. Lorenzo è cuore, grinta, coraggio, intelligenza, talento, freddezza. Il meglio tirato fuori al momento giusto, quando il più quotato avversario Aron Canet cede, cade, si scioglie e lui cresce, si consolida, vince. Erano 15 anni che un italiano non portava a casa il titolo della categoria minore, una volta 125 e adesso Moto3. Allora fu Andrea Dovizioso con la sua Hondina giallonera col numero 34 del suo idolo Kevin Schwantz. Adesso Lorenzo Dalla Porta con la sua Honda azzurra col numero 48, anno di nascita della nonna Nicoletta recentemente scomparsa, ma che è stata la prima a regalargli un motorino da cross. A lei è dedicato il titolo, da lei deve essergli venuta quella determinazione assoluta a vincere il mondiale, una promessa che andava mantenuta e basta. I Dalla Porta sono una famiglia a motore: mamma e sorella gestiscono una pista di kart e minimoto a Montemurlo insieme a papà Massimiliano quando può (al contrario di Lorenzo emotivo e ansioso), quando invece i due maschietti sono in giro per il mondo a correre e vincere ci pensa la parte femminile a mandare avanti la pista. Il futuro già sicuro: via dal team Leopard e dalla Moto3 per iniziare l’avventura in Moto2 con il team Italtrans. A portare i suoi sogni ancora più in alto.

Marc Marquez è....

Completate voi la frase. Davanti alla sua assoluta, sfrontata, infinita ingordigia, a quel killer istinct irrefrenabile, a quell’ essere totalmente, profondamente un serial winner cosa dire ancora? I fenomeni, i grandi vincenti dello sport non si fermano mai, non hanno pietà, momenti di pace, rallentamenti da vittoria, pancia piena. Mai. Se succede non è mai soddisfazione, ma merito degli altri o una fase di minor forma. Quindi non crediate ad un Marquez appagato né in Malesia, né a Valencia. Né l’anno prossimo, né mai. Quindi la “mission apparentemente impossibile” degli altri è fare moto migliori di quella Honda lì e darla a chi crede di poterlo battere. E sperare che sia vero.

Moto Yamaha, 20 hp

Parafrasando una canzone di Battisti sintetizziamo il problema della casa dei tre diapason: mancano cavalli, potenza. Così neppure un Viñales assatanato, motivato, coraggioso è riuscito a battere MM93. Ci ha provato fino alla fine, è stato competitivo, veloce, ma sempre al limite, poi all’inizio dell’ultimo giro la Honda l’ha passato senza il minimo problema sul rettilineo d’arrivo e MV12 si è steso nel tentativo di riuscire a resistere e ripassare Marquez. Quartararo è stato steso in partenza, Morbidelli non ha imbroccato una giornata positiva (undicesimo a 24 secondi) e Valentino Rossi, sulla pista che forse ama di più e dove ha vinto 8 volte (6 in 500/MotoGP) ha almeno buttato lì una partenza fantastica, qualche giro in testa. Ma poi ha dovuto cedere al decadimento delle sue gomme e alla lentezza di Yamaha sul dritto. Risultato un altro triste ottavo posto.

Isola dei Piloti

Phillip Island sarebbe l’isola di Filippo, ma quando arriva il GP diventa l’isola dei motociclisti e dei piloti. La sua conformazione antica, di pista che segue l’orografia di un luogo di straordinarie bellezze, con saliscendi, prati, rocce, cielo, mare vento, onde, curvoni veloci, ti riporta ad un motociclismo oramai passato, che vive di ricordi e sogni apparentemente irreali. Un posto dove le qualità del pilota vengono fuori, quasi magicamente stimolate dal fascino irresistibile di quell’asfalto. E così emergono piloti come Cal Crutchlow, Jack Miller, Maverick Viñales, Pecco Bagnaia (straordinario quarto per un pelo), Andrea Iannone con l’Aprilia che sembrava un’altra moto. Quartararo e Petrucci non hanno potuto mostrare il proprio amore per quella pista fino in fondo, ma sarebbero stati tra quelli lì.

Così è troppo

Jorge Lorenzo che arriva ultimo a un minuto e 6 secondi dal compagno Marquez e prende 22” dal malese Syahrin, penultimo, lascia, stupiti, interdetti. Così no, non può essere soltanto un problema di adattamento alla moto. A mio parere c’è molto di più considerando cos’hanno fatto gli altri piloti Honda: Crutchlow è finito secondo e pure l’esordiente Zarco gli è arrivato davanti rifilandogli 40” di distacco. Non può essere il vero Lorenzo, non è possibile che si impegni e ottenga questo tipo di prestazioni. Nella migliore delle ipotesi sta aspettando la moto 2020 per vedere se gli si adatterà di più, sperando magari in un improbabile miracolo in queste due ultime gare della stagione. Nella peggiore, pensando male (si farà peccato, ma spesso ci si azzecca), tira avanti e aspetta cosa deciderà di fare la Honda con un contratto multi milionario valido anche l’anno prossimo.

Ducati sotto tono

Lo si leggeva in faccia ad Andrea Dovizioso che anche qui (tra l’altro una pista che non ama molto, anzi) con l’attuale Ducati non avrebbe potuto fare molto. Alla lunga, a furia di lottare contro avversari troppo spesso più veloci di lui e della sua moto, sembra aver perso anche un po’ di quella rabbia agonistica che lo aveva caratterizzato nelle ultime stagioni visti i miglioramenti di Honda e Yamaha. Oramai che il secondo posto mondiale è sicuro, meglio guardare avanti con idee e voglia. Vogliamo che Dovi Power e la Rossa tornino a farci sognare.