MotoGP, C'era una volta l'america(no): Eddie Lawson

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Paolo Beltramo

Paolo Beltramo

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Negli anni '80 il n.1 degli americani è lui, Eddie Lawson: campione del mondo nell'84, '86, '88 e '89, prima con la Yamaha e poi con Honda. Una brava persona, che sta nell'ombra, che non ha mai amato le feste, tranne quella speciale in Brasile che lo ha visto tra i protagonisti...

Nato ad Upland in California, Eddie Lawson è quello che, un po' inaspettatamente, vince di più tra gli americani, quello che sfrutta meglio di tutti l'incomprensibile, improvvisa fine di Freddie Spencer e nel corso degli anni '80 porta a casa ben 4 mondiali della 500 ('84, '86 e '88 con la Yamaha e nell'89 con la Honda) oltre a vari titoli americani '81 e '82 AMA (American Motorcycle Associatrion) Superbike - chi mai dimenticherà quella Kawasaki 1000 verde col manubrio piatto che ancora ogni tanto viene riproposta proprio come la Eddie Lawson Replica - vince anche i titoli Ama 250 sempre con Kawasaki nell'80 e '81, anno che lo vide debuttare nel mondiale 250, ma come quasi tutti gli americani che ci provarono con la 250, non ebbe molta fortuna, anzi. Loro erano soprattutto piloti da 500.

Eddie Lawson, 1980
8 marzo 1980, Lawson vince in 250 a Daytona. Alla sua destra Spencer. - ©Getty

L'esordio in 500 al fianco di Roberts

La prima stagione di Lawson nel Mondiale 500 è il 1983, corre come compagno di Kenny Roberts nel team Yamaha Agostini. Il ricordo che più mi viene in mente di quell'anno è l'inutile tentativo di Roberts di farlo tornare nel gruppetto dei primi rallentando il ritmo nel duello con Spencer e l'incapacità, quella volta, di Eddie di essere abbastanza veloce da regalare il titolo al compagno che perde per due soli punti. Roberts si ritira e in Yamaha come compagno di Lawson arriva Virginio Ferrari (finchè non litigherà con Agostini). Il 1984 è l'anno dell'ultimo titolo di Angel Nieto, il dodicesimo più uno (in 125), e del ritiro di Barry Sheene.

Dal derby con Spencer ai primi titoli mondiali

Lawson, mai troppo spettacolare o aggressivo, guida benissimo. È elegante, pulito, è bello da vedere guidare così di fino, sembra che vada piano, ma poi è sempre tra i migliori e vince il primo titolo. Già si guadagna il suo soprannome: "Steady Eddie", un po' come Eddie sempre in piedi. Infatti sbaglia e cade pochissimo. Il derby con Spencer è nel pieno del suo svolgimento. Nel 1985 Freddie vince 500 e 250, Eddie finisce secondo, ma insomma è lì, c'è. Tanto che nel 1986 torna ed essere il campione della 500. Con 7 vittorie sbaraglia tutti, ma nell'87 lo battono sia Wayne Gardner, sia Randy Mamola e chiude terzo quella stagione.

L'approdo in Cagiva

Ma nell'88 vince di nuovo 7 GP e il titolo: sembra l'uomo della Yamaha e degli anni pari, invece lui va alla Honda e vince anche il titolo del 1989. Nel 1990 torna alla Yamaha, Team Roberts, ma nelle prove del sabato di Laguna Seca un errore di un meccanico che non gli mette le coppiglie alle pastiglie dei freni anteriori, lo porta ad una caduta seria, anche se non disastrosa: si frattura un tallone, salta qualche gara e decide di passare alla Cagiva. Vale la pena di ricordare ciò che disse allora riferendosi al meccanico sbadato "beh, vorrà dire che un errore così non lo farà mai più…".

Il passaggio in Cagiva è clamoroso ed eccitante. Lui, anche se schivo e chiuso, si trova bene con l'esuberanza dei fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni, con un team manager come Carlo Pernat. La sua prima richiesta è di poter cambiare le tute, che secondo lui sono bruttissime da vedere. Poi comincia a fare il suo lavoro: sviluppa, anche con un aiuto della Yamaha che apprezzerebbe avere un altro antagonista di livello in quegli anni di dominio di Rainey e porta la moto italiana a fare bene, prende un podio a Misano e finisce sesto nel Mondiale.

Eddie Lawson
Era il 1991 a Misano, il primo podio di Eddie Lawson con la Cagiva, era un anno prima delle "Colombiadi", una manifestazione che vedeva coinvolto l'allora boss della SBK Maurizio Flammini. Allora non c’erano molte regole e le interviste si facevano immediatamente dopo il podio, lassù, là dietro. In quel caso Eddie non riusciva ad aprire la bottiglia di champagne e mi chiese un aiuto. Io stavo aspettando fumandomi una sigaretta e venni immortalato in questa immagine da Tino Martino, uno dei grandissimi fotografi del Motomondiale. Allora era così, potevi aiutare e fumare, adesso ti ucciderebbero lassù, sul podio, a memoria futura…

Nel 1992 compie quell'impresa sportiva che tutti i tifosi della Rossa e i fratelli Castiglioni aspettano da una quindicina d'anni (da quando Cagiva apparì come sponsor sulla Suzuki di Lucchinelli nel ’77) e vince il Gran Premio d'Ungheria a Budapest facendo una furbata da genio del rischio: la gara parte, ma viene immediatamente fermata per un violento acquazzone. Tutti si schierano con le gomme da bagnato, tranne Lawson che, anche dietro consiglio del suo capotecnico Fiorenzo Fanali, decide di schierarsi con le gomme intermedie che allora erano normalmente disponibili. All'inizio Lawson prende una vita, poi però la pista comincia ad asciugarsi e lui inizia una rimonta strepitosa: prima due, poi cinque, poi 10, infine anche 20 secondi al giro. Vince la sua ultima gara (la trentunesima) e si ritira. Quella gara indimenticabile l'ho commentata anch'io, per TeleCapodistria con Carlo Florenzano ai box: un'emozione eccezionale.

La vita lontano dai box

Eddie non è mai, dopo il ritiro, un personaggio molto presente alle gare. Anzi, per rivederlo ai box di Laguna Seca ci sono voluti una decina d'anni. Lui vive tra Upland dove ha casa e il suo trofeodromo comprese le sue moto vincenti e una tenuta presso il lago Havasu in Arizona, dove passa le giornate o nel deserto con la moto, oppure in motoscafo o jet-sky. Fisicamente integro, ha continuato a vedersi spesso soltanto con Wayne Rainey. Pensate che per Rainey ha costruito un kart speciale perché potesse continuare ad andare a girare con lui anche dopo l'incidente di Misano '93.

Eddie Lawson
Un ritratto di Lawson del 1996 - ©Getty

La festa oltre il limite in Brasile

Una brava persona, che sta nell'ombra e che poco sopporta le feste anche quando vince il Mondiale. Gli ultimi due li ha vinti a Goiania, in Brasile, e naturalmente la sera di domenica si oltrepassa un po' il limite. Il "set" è la piscina dell'Hotel Castro's, in centro, allora il più bello. Naturalmente dopo Eddie e Roberts tocca a quelli, come dire, più scatenati...Finiscono in piscina -vestiti- Mamola, il sottoscritto e quasi tutti i presenti, volenti o nolenti. Qualcuno scappa nella hall e siccome anche lì c'è una fontana con laghetto ci finiscono quelli ancora asciutti, scappati in tempo dalla piscina. Ci sono due dita d'acqua dappertutto, la situazione (complice caipirinha a manetta) sta un po' degenerando, quando ecco arrivare incazzato come una belva (scusate, ma non esiste altro termine che descriva compiutamente lo stato del tipo) il direttore pistola in pugno, volto bordò, vene del collo al limite dello scoppio… Beh, smettiamo e l'anno successivo, l'89, la piscina la sera della domenica è chiusa… Ben ci sta.