C'era una volta l'america(no): Wayne Rainey

MotoGp
Paolo Beltramo

Paolo Beltramo

©Getty

Un pilota felice, forte, quasi imbattibile, protagonista di una carriera breve dal finale ingiusto, con l'incidente di Misano del 1993: vi racconto uno dei miei piloti preferiti

Wayne Rainey per me è speciale. Non soltanto per i suoi risultati, ma soprattutto perché con lui sono riuscito ad instaurare un rapporto di amicizia nonostante la barriera della lingua. Nato a Los Angeles il 23 ottobre (guarda un po' le coincidenze, il 23 ottobre se ne è andato il Sic) del 1960, nel 1983 con una Kawasaki e il numero 60 vince il titolo americano della Superbike. Visti i risultati Kenny Roberts lo prende per il suo team che corre in 250 con la Yamaha, ma Wayne ottiene un solo podio, guarda caso a Misano nel giorno della famosa vittoria all'esordio mondiale di Fausto Ricci, Va forte, ma non abbastanza per recuperare da partenze solitamente disastrose: allora nel Mondiale si parte ancora a spinta, ma negli Usa è invece già in vigore la partenza con motore acceso. Rainey quindi torna negli Usa, ma Kenny lo richiama nel 1988, questa volta per guidare la Yamaha 500 e con il nuovo regolamento che ha cancellato da anni la partenza a spinta forse anacronistica, non lo nego, ma così emozionante e bella con quel momento di silenzio assoluto rotto dallo scalpiccio delle suole degli stivali sull'asfalto e poi dai motori che prendono vita nel classico frastuono.

Tre titoli consecutivi

In quel 1988 finisce terzo nel Mondiale e vince il suo primo GP a Donington e pure la 8 ore di Suzuka in coppia con Kevin Magee su una Yamaha YZF 750. Nell'89 vince 3 gare (Laguna, Hockenheim e Assen, ma cade in Svezia ad Anderstorp mentre cerca di battere Lawson. Finisce secondo nel Mondiale, insomma è lì, c'è. E difatti il '90, '91 e '92 sono suoi, diventa per tre volte consecutive Campione del Mondo della 500, come il suo team manager Kenny Roberts. Il '92 però è una stagione contraddittoria: Rainey cade a Suzuka, infila 3 secondi posti poi cade al Mugello, vince a Barcellona e non partecipa al GP di Hockenheim per le conseguenze di una caduta in prova. Non corre neanche in Olanda dove però accade l'incidente di Mick Doohan che deve saltare 5 gare per tornare all'ultima gara in Sud Africa ancora molto mal messo, fuori allenamento, debole, magro, con le stampelle, però eroico in quel suo tentativo disperato di riprendersi un titolo che sembrava suo e che invece va a Rainey, il pilota che credeva di aver perso.

Daryl Beattie e Wayne Rainey nel 1995
Daryl Beattie e Wayne Rainey nel 1995

L'incidente del 1993 a Misano

Una delle qualità più importanti di Rainey è quella di riuscire a "correre sopra i problemi", cioè non farsi influenzare troppo da quello che non ti piace, ma dare il massimo comunque. È riuscito a vincere uno dei suoi 3 titoli con le Dunlop, ai tempi meno performanti delle Michelin. La spiegazione? Semplice: "Se aspetto che Dunlop mi faccia la gomma anteriore che voglio perdo questo Mondiale e forse anche il prossimo, così cerco di guidare forte lo stesso".

Ed eccoci al 1993. Rainey è primo nel Mondiale, primo in quella gara a Misano, ma cade e si frattura alcune vertebre dorsali e rimane paralizzato alle gambe. Mi toccherebbe il compito difficilissimo di intervistare Schwantz che con l'incidente di Rainey diventa campione, ma non riesco a dirglielo. Lui per primo non crede alla notizia che sia una caduta molto grave, spera di potersela giocare in pista e di non vincere così. Glielo dirà un mio collega, io non me la sento proprio di aggiungere altre lacrime, altro dolore in quel pomeriggio assurdo, triste e silenzioso.

Wayne però è uno tosto, tostissimo e reagisce correndo in un campionato di kart, cambia casa per avere meno barriere architettoniche e dal '94 al '98 diventa team manager nel motomondiale con le Yamaha dello stesso colore che aveva quando correva lui. Dal 2014 è organizzatore del campionato MotoAmerica Superbike nel tentativo di riportare i piloti del suo Paese di nuovo nel Mondiale a vincere. Fino ad ora non sono ancora esplosi grandi talenti, ma lui tiene duro e oltre 59 anni dopo quel 5 settembre '93 torna in sella a Suzuka insieme a Kenny Roberts e Eddie Lawson, due delle persone più importanti nella sua vita da corsa. Soprattutto Lawson dopo l’'ncidente lo porta spesso a correre coi kart, a girare con le moto d’acqua, a fare giri nel deserto coi quad.

Rainey, 2011
Rainey, 2011

La forza di Wayne

Rainey disputa 95 gare in carriera, ne vince 24, ottiene 65 podi, 3 mondiali 500, 16 pole e 23 giri veloci. Una carriera per forza di cose breve, ma con percentuali da fenomeno. Una volta eravamo seduti con tutto il team per cenare, lui mi vuole di fianco per chiacchierare e mi chiede cosa ci sia stato nel suo modo di guidare che mi piacesse tanto. Rispondo in fretta, lo so da sempre: quell'aggressività assoluta, totale, ma vestita di una eleganza, di una bellezza stilistica uniche, un'armonia stupefacente dovuta anche alle sue dimensioni fisiche, né alto, né basso: perfetto per correre in 500. Ed è proprio questo suo mix condito di dedizione assoluta. Lui dà sempre il massimo, in prova, nei test in gara. Se va più forte significa che la tal modifica funziona, altrimenti è da scartare. Poche chiacchere, basta il cronometro. Luca Cadalora, suo compagno di squadra nel '93, resta basito di fronte agli assetti di Rainey: forcella che sembra saldata, moto rigida, tanto lui curvava col posteriore. Ed è leggendaria la sua vittoria a Suzuka '93 quando con una moto inferiore in velocità riesce comunque a vincere facendo numeri da circo per uscire più forte dall'ultima chicane e percorrendo 5/600 metri di traverso cambiando marcia.

A Laguna Seca gli hanno dedicato una curva, quella a sinistra che segue il "cavatappi". Quel giovedì ero là e con l'operatore ci avviamo contromano sotto il sole per riprendere la cerimonia. Lui ci vede, fa tornare indietro la macchinona elettrica da golf sulla quale stava e ci dà un passaggio, poi mi presenta come il suo giornalista preferito…

La vita fuori dalla pista

Wayne è sempre con sua moglie Shae, una ragazza dolce e simpatica, gentile, di classe. Quando suo marito ha l'incidente a Misano, il dottor Claudio Costa mi prega di dirle che "torneranno ad essere felici, anche più di prima". Io traduco il messaggio a Shae che, dopo un paio d'anni, quando Wayne torna per fare il team manager mi chiama e mi dice: "Paolo ti ricordi quello che ci disse Claudio a Cesena quando Wayne era ricoverato? Ecco, puoi dirgli che aveva ragione".

All'inaugurazione della nuova casa vicino a Laguna Seca dà una festa con la gente del paddock. Ci sono oltre un centinaio di persone, ma soltanto due italiane: Paolo Scalera e il sottoscritto. Sono quelle cose che mi fanno amare questo sport, questo ambiente e questo lavoro in modo totale. Perché quando uno come lui ti scrive come dedica sulla sua biografia "a Paolo, grazie per la tua amicizia" vuol dire che ho avuto la fortuna rara e bellissima di essere capitato al posto giusto. E allora mi vengono in mente le decine di volte che si rimette la tuta per darmi un'intervista, le chiacchiere, le birrette.

Kenny Roberts Jr. e Wayne Rainey
Kenny Roberts Jr. e Wayne Rainey al Mazda Raceway Laguna Seca, 2009

Un fine carriera del tutto ingiusto credo considerando che in sei anni di 500 Rainey in gara è caduto soltanto 4 volte: in Svezia nell'88, a Suzuka e al Mugello nel '92 e poi quella decisiva di Misano '93. Era insomma uno che non sbagliava quasi mai, che dava sempre il massimo senza passare quel confine così labile che è il limite.

Quel modo di chiudere la carriera è difficile da digerire. Un giorno passo nel box e c’è lui in carrozzina abbracciato al serbatoio della moto di Loris Capirossi. Gli dico qualcosa tipo "Ciao, come va?" e lui "Lo sai che mi manca più questa di camminare?”

Ed è per questo che voglio ricordarlo dopo la sua ultima vittoria, la sera della domenica precedente quella fatale di Misano quando Rainey, Schwantz e qualcun altro sono all'Hotel di Vienna dove vanno tutti quelli che arrivano da Brno e aspettano il volo del giorno dopo. E lui è così felice e alticcio che mi prende la mano e non me la molla, ridendo e guardandomi un po' di sbieco. Ecco un pilota felice, forte, quasi imbattibile, una persona aperta, simpatica. In quegli anni, lo ammetto, il mio pilota preferito.