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Coronavirus, accarezzate la vostra moto e spiegatele perché è ferma in garage

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Paolo Beltramo

In queste giornate di sole e di feste, mi è venuta una voglia matta di moto, di bar, di libertà. Ma anziché uscire sono sceso in garage. Ho guardato la mia moto, ho girato la chiave, l'ho accarezzata e le ho spiegato che non è colpa mia se non siamo andati a fare un giro. Lei si è calmata: ha capito che per adesso dobbiamo restare a casa

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La domenica di Pasqua, come tanti altri giorni in questo difficile periodo, ho passato ore a guardare le vecchie gare su Sky Sport MotoGP (canale 208), poi ho guardato la gara virtuale, anzi elettronica, che di gara vera si è trattato, con piloti verissimi alla guida di un joystick. Era una bella giornata, fuori c’era il sole come spesso negli ultimi giorni e mi è venuta voglia. Voglia di moto, di bar, di libertà, ma anziché uscire sono sceso in garage. Ho aperto la serranda, acceso le luci e mi sono messo a guardare la mia moto. Niente di che, non una supersportiva, un mostro con centinaia di purosangue vogliosi di correre. Più semplicemente la mia moto.

 

Se ne stava lì, da sola, quasi stupita di tutta quella luce improvvisa. Le sono girato intorno, poi ho preso uno straccio e l’ho pulita dalla polvere. Così ho girato la chiave e l’ho messa in moto. Insieme al suono del motore, la luce dei fari, il baluginare del cruscotto l’hanno resa ancora più viva. Allora, mentre la accarezzavo, davo un po’ di gas, flashavo con gli abbaglianti, abbiamo cominciato a parlare, a chiacchierare dopo tanto, troppo tempo. Sì, sembreremo dei bambini un po’ fuori di testa, ma la maggioranza di noi motociclisti con la moto ci parla.

 

Ha, come dire, capito che non era colpa mia se non eravamo ancora usciti a farci un giro, mi ha trasmesso una voglia tale quale la mia: aveva tutto a posto, pressione gomme, livello olio e acqua, sufficiente benzina…bollo, assicurazione, revisione. Tutto a posto. Le ho detto che appunto, ancora non si poteva anche se quella temperatura gradevole aumentava la voglia. L’ho accarezzata, calmata e poi spenta.

 

Mi sono allontanato e seduto su una pigna di pallet, ho appoggiato la schiena contro il muro e mi sono messo a ricordare quante io e la mia moto ne abbiamo fatte insieme. Quando andavo a Madrid, in Inghilterra, Svezia e Finlandia, in giro per le città e le strade che ancora non erano autostrade, su passi che ancora non erano gallerie e mi è venuta una voglia di moto come quasi non avevo mai avuto.

 

È stato in quel momento che mi è venuto in mente dei piloti costretti a sfidarsi ad un videogame (peraltro bellissimo) anziché correre davvero. Tutto ciò continuando ad allenarsi come pazzi, come se si potesse ricominciare oggi stesso, con quella voglia gestita, accarezzata per mesi per poi essere lasciata libera di aumentare nei test invernali a Sepang e poi a Losail (per la MotoGP), ma anche a Jerez, Valencia (Moto3 e Moto2). Le due cilindrate minori perlomeno dopo i test finali in Qatar visto che erano tutti già lì, hanno almeno dato vita a due Gran Premi. Poi il silenzio, i semafori spenti, i box chiusi, gli autodromi vuoti, le hospitality e i camion officina fermi, il popolo del paddock sparso per il mondo e non lì, da qualche parte, tutti insieme a dar vita allo show, allo sport, al business.

 

Seduto in garage appoggiato al muro ad occhi chiusi ho provato a pensare quanto più difficile sarà per chi - come facevo io fino a qualche anno fa - stare fermo, non fare le valige, non prendere aerei o auto, dormire sempre nello stesso letto, stare fisso in una casa dove era bellissimo tornare, ma anche dalla quale partire con la voglia e la gioia di andare al Motomondiale. Di lavorare dentro la propria passione, di inseguire il proprio sogno, di cercare di renderlo realtà.

 

Progetti, riunioni, contratti, voglia, passione, mesi di lavoro per cominciare a lavorare davvero e tutto per niente. Almeno per ora. Speriamo davvero che questa pandemia si afflosci come un motore senza benzina, per farci tornare tutti a ricominciare a vivere. Io lo dico guardando la mia moto, ma lo penso anche guardando un pallone, una bici fermi in un cortile, immaginando palestre e piscine vuote… Cavolo, quante sono le voglie matte represse, rinchiuse, imprigionate. Tante, troppe.