MotoGP, Bagnaia dopo Stoner: il confronto tra i campioni del mondo con Ducati

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Paolo Lorenzi

Paolo Lorenzi

©Motorsport.com

Bagnaia riporta la Ducati sul tetto del mondo 15 anni dopo Stoner. L'australiano era stato il primo a vincere il titolo piloti con la Rossa nel 2007. Adesso Pecco ha raccolto l'eredità di Casey, che in questa stagione gli ha dato qualche buon consiglio da coach. Dallo stile di guida al carattere, dalle difficoltà a inizio carriera al rispetto per gli avversari: tra differenze e analogie, mettiamo a confronto due campioni che hanno fatto la storia della casa di Borgo Panigale

Il paragone sarebbe ingiusto, perché il primo ha segnato un’epoca, spezzando il cuore ai tifosi della Ducati decidendo di passare alla Honda, ma conquistando più in generale frotte di appassionati. Una leggenda, per quanto la sua vicenda sportiva si sia interrotta a soli 27 anni. Il secondo per certi versi è agli inizi di un cammino in parte ancora da scoprire. Casey Stoner e Pecco Bagnaia hanno in comune, per ora, e non è poco, la vittoria del Mondiale piloti con la Ducati. Il primo l’ha vinto a 22 anni, il secondo a 25. Le analogie non sono molte, almeno sul piano sportivo.

Stoner portato in trionfo dopo la vittoria del Mondiale con Ducati - ©Motorsport.com

Stili differenti: Casey un domatore, Pecco più pulito

Una volta arrivato all’apice, nell’arco di due stagioni, Stoner è diventato un tormento per i suoi avversari. E c’è voluto il miglior Rossi per riuscire a batterlo nel 2008 e 2009. Jorge Lorenzo c’è riuscito a sua volta nel 2010 e 2012, ma sia lui sia Rossi si ricordano quanto fosse veloce il pilota australiano. Uno che fin dal primo turno del venerdì era capace di segnare gli stessi tempi che avresti visto in qualifica. Pecco ha impiegato più tempo e quest’anno non è certo partito con la maglia del favorito. Ha sbagliato e rimediato, ha rincorso e infine raggiunto Quartararo, che a detta di molti sarebbe il successore di Marquez. E in questo sta la forza dell’italiano, uno che non si scoraggia e non si dà mai per vinto. Stoner impressionava per la facilità con cui domava una Ducati tanto potente quanto intrattabile (chiedere a Capirossi, suo compagno di squadra, lui ne sa qualcosa). Pecco impressiona per la pulizia e la sicurezza con cui sfrutta la complessa Desmosedici odierna, tutt’altra moto al confronto di quella toccata in sorte a Stoner. 

Bagnaia e Stoner passeggiano sulla pista di Phillip Island - ©Motorsport.com

Le analogie: inizio difficile e carattere riservato

Due stagioni diverse, due piloti con le proprie virtù, differenti e forse complementari. Stoner in fondo soffriva, per sua ammissione, lo stress e l’emotività connaturate alle competizioni a così alto livello. Bagnaia in questo mondo ha invece saputo trovare il suo equilibrio, la sua ragion d’essere, ma ha sofferto e lottato per rialzarsi e affermarsi. Nessuno dei due ha avuto vita facile all’inizio. Stoner cadeva molto (da lì il soprannome di "Rolling Stoner") il primo anno in top class e alla Ducati c’è arrivato per caso. Avrebbe dovuto scaldare il posto a Melandri, che nel 2007 non poteva liberarsi per salire sulla Rossa. Ma da lì in poi è cambiato tutto ed è diventato il fenomeno che conosciamo. Bagnaia, lasciato libero dal Team Sky alla fine del 2014, ha risalito la china correndo per due anni con la Mahindra, la cenerentola del Mondiale Moto3. Ha imparato il senso del sacrificio e a lottare per affermarsi. Come l’australiano. Ma le analogie si fermano lì, a parte, forse, un carattere riservato che li accumuna. Stoner, strappato dalla sua terra per venire a correre in Europa, era piuttosto solitario e di poche parole, preferiva parlare coi fatti. Ma è sempre stato un ragazzo genuino. Pecco è quello che definiremmo un bravo ragazzo, corretto e leale, solo un po’ "dispettoso" (in senso buono), ma è lui stesso a definirsi così. Ecco, a voler trovare un tratto comune, lealtà, sportività e il rispetto degli avversari sono qualità rintracciabili in tutti e due, insieme alla mancanza di cinismo che altri campioni hanno messo in campo per emergere. Casey era un "killer", ma su un piano puramente agonistico, da quanto andasse forte (altrimenti non avrebbe vinto 38 gare in MotoGP). Pecco forse lo diventerà, ma questo solo il tempo sarà in grado di dircelo.