MotoGP, Capirossi a Sky: "L'addio di Suzuki una botta, la Sprint Race sarà una figata"
a skysport.itDalla passione per le moto ereditata da papà Giordano agli esordi nel Motomondiale fino ad arrivare alla MotoGP di oggi, con l'addio di Suzuki, il dominio di Ducati e l'introduzione della Sprint Race: Loris Capirossi si racconta in una lunga intervista a Skysport.it
Da 13 anni lavora con l'organizzatore Dorna, è membro della direzione gara, responsabile per la sicurezza, ex pilota, 3 volte campione del mondo (2 in 125 -1990 e '91 Honda, 1 in 250 – 1998 Aprilia), primo a vincere un GP con la Ducati nella massima categoria del motomondiale (2003, Barcellona), celebre per la sua grinta, il coraggio, la capacità di soffrire e la passione. Stiamo parlando – lo avrete probabilmente capito – di Loris Capirossi, nato il 4 aprile del 1974 a Borgo Rivola, nei pressi di Imola ed è il pilota che ancora oggi detiene il record di campione del mondo più giovane della storia del motociclismo (17 anni e 165 giorni, 1990). Ha corso con Honda (125, 250, 500), Aprilia (250), Yamaha (500) Ducati (MotoGP) e Suzuki (MotoGP). Il suo numero è praticamente stato sempre il 65 e viene naturale associarlo a quel numero. Capirossi ha corso contro piloti del calibro di Biaggi, Cadalora, Rossi quando il motociclismo italiano dominava soprattutto nella 250, poi li ha sfidati anche in 500 e MotoGP. La sua ultima gara è stata quella di Valencia 2011 con la Suzuki V4, dove abbandonò il suo 65 e corse col 58 per ricordare Marco Simoncelli morto 14 giorni prima in Malesia. Ecco cosa ci ha raccontato.
Ciao Loris, allora tutto bene?
"Benissimo, siamo pronti per iniziare e in Malesia durante i test abbiamo anche collaudato la nuova struttura della direzione gara con il sostituto di Franco Uncini che è una persona capace, fidata e appassionata come Franchino, che mi manca moltissimo e al quale auguro una 'pensione' fantastica".
Tu sei sempre stato un grande collezionista di moto e macchine. So che ogni auto che hai avuto fa parte di un album di foto. Quante sono?
"Sì, ma ho perso il conto. Mi piace collezionare e ho un bel po' di moto da corsa anche".
Allora cominciamo da lontano. "Maico 400" cosa ti dice?
"Una figata! Mi ricorda moltissimo, praticamente tutta la mia infanzia e la prima adolescenza. Mio padre, Giordano, aveva una di quelle moto tedesche a 2 tempi da cross che allora erano praticamente il massimo. E io ho cominciato dai 4 anni ai 14, quando ho iniziato a fare le gare. Prima salivo sul muretto, la moto accesa, saltavo su e andavo. Naturalmente da terra non ci arrivavo. Su e giù per bricchi, stradine, campi. Nessun circuito, niente. Così mi sono appassionato da morire alle moto e correre è stata una conseguenza".
Non soltanto papà Giordano, ma tutta la famiglia con la mamma Patrizia e tuo fratello Davide, è stata importantissima per te. Vero?
"Assolutamente. Senza di loro, il loro appoggio, i loro sacrifici, la loro pazienza non ce l'avrei mai fatta a correre e quindi niente di quello che ho fatto sarebbe mai avvenuto. Mio papà mi ha sempre accompagnato alle gare e guidava il mio motor-home portandolo su tutti i circuiti d'Europa. Davide mi faceva da meccanico. La mamma ci ha sempre sostenuti”.
Tu sei identificato col “65”, il tuo numero. Perché proprio quello?
"Nel 1987 alla prima gara me lo hanno dato. Poi l'ho avuto quando nel 1989 ho vinto l'europeo e quindi ho cercato di averlo sempre. Ho vinto soltanto col 65 sulla carena, perciò ci sono affezionato, molto. L'ho cambiato soltanto per l'”1” di campione del mondo. Avere l'uno sulla carena è fantastico e apprezzo molto Pecco Bagnaia che ha deciso di usarlo quest'anno. Bene".
L'hai cambiato anche per il "58", una volta.
"Purtroppo sì. A Valencia nel 2011 per ricordare Marco Simoncelli che ci aveva lasciati la gara precedente in Malesia. Mi sembrava la cosa giusta da fare e la rifarei sempre".
Ritorniamo alle gare. Il Team Pileri e i 2 fratelli (Paolo e Francesco) per te sono stati molto importanti. Mi ricordo quella presentazione nel paddock di Imola nell'inverno del '90 con te vestito con la giacchetta e tuo papà al tuo fianco. Eri timido e un po' impacciato, ma si intuivano la passione e la determinazione. Allora non si arrivava al mondiale molto giovani, probabilmente sei stato il primo, quello che ha aperto la porta al motociclismo dei baby fenomeni, quello attuale.
"Allora: Pileri è stato importantissimo per me. Ho potuto correre senza spendere niente e anche allora era costoso, impossibile per una famiglia che non fosse ricca. Addirittura mi ha dato 12 milioni di lire, un milione al mese! Gli devo molto e con lui ho vinto i miei 2 Mondiali in 125 avendo come compagno l'indimenticabile Fausto Gresini, una persona fantastica. Dopo di me, è vero, molti giovanissimi hanno cominciato a fare il mondiale".
Insomma il tuo record di campione del mondo più giovane di sempre è al sicuro.
"Oggi sono stati messi dei minimi di età per arrivare al mondiale con la Moto3, ma questi limiti non valgono se sei un campione delle nostre categorie promozionali come il Mondiale Junior (CEV), la Rookies Cup o l'Asia talent Cup. E poi i record sono fatti per essere battuti, anche il mio. Però se mi resta non mi dispiace di sicuro".
Hai corso con 5 marche diverse (Honda, Aprilia, Ducati, Yamaha e Suzuki). Quale è quella alla quale sei più affezionato?
"Sono stato bene con tutti. Con Honda ho iniziato e corso molto, con Yamaha ho vinto il primo GP del team di Wayne Rainey, con Suzuki ho corso 3 stagioni e mi è piaciuto. Ma più di tutte le marche sono vicino ad Aprilia e Ducati".
A proposito di Suzuki cosa dici del loro ritiro dalle gare e del passaggio di Ken Kawauchi alla Honda HRC?
"Ken è bravo e ha metodo, con lui mi sono sempre trovato bene, credo però che avrà bisogno di un po' di tempo per migliorare la moto. Il ritiro è stata un brutta botta per tutti noi e per il mondiale. Peccato davvero".
Suzuki via, Yamaha da 4 a 2 moto in griglia, Honda dietro, poco competitiva. Cosa sta succedendo ai giapponesi che una volta erano così innovativi e forti?
"Certo è un momento difficile per le case nipponiche. Noi abbiamo fatto il possibile perchè Suzuki non lasciasse e Yamaha continuasse ad avere un altro team. Per quest'anno però non c'è stato nulla da fare. E allora ci sono 8 Ducati: un po' perchè va fortissimo e tutti la vogliono, un po' perchè altrimenti ci sarebbero poche moto. Bene però che Aprilia schieri 4 moto e sia competitiva. Speriamo anche Honda e Yamaha tornino a lottare costantemente davanti, sarebbe bene per il campionato e per gli spettatori".
Non vedremo mai più, però, meraviglie come le 6 cilindri 250, le 5 cilindri 125 o mostri come la NR a pistoni ovali e 8 valvole, o innovazioni come la 3 cilindri 2T e la RC211V a 5 cilindri a V?
"I regolamenti sono diventati molto più restrittivi di una volta per una questione di costi. Se lasciassimo libero tutto costerebbe troppo, così invece è più ragionevole, anche se quelle che hai citato e altre sono moto da sogno”.
E delle gare brevi del sabato cosa pensi?
"Sono una figata! Io sono favorevolissimo, ci sarà molto più spettacolo, più tensione. Credo sia una bella idea. E non è proprio vero che i piloti non ne avessero idea: più o meno tutti lo sapevano, magari in via informale. Comunque vediamo, sono curioso, molto".
Questa è un'altra modifica che cambia di molto le gare. Una volta invece non c'era la corsa breve del sabato, ma c'erano prima 5, poi 4, infine 3 cilindrate. E anche un sacco di specialisti delle categorie inferiori (di cilindrata) alla 500. Oggi, insomma, non esisterebbero miti come Nieto o Ubbiali ma anche come Biaggi e molti altri. Tutti vogliono soltanto arrivare in MotoGP e, anche se vincono, se possono non restano né in Moto3 né in Moto2.
"Oggi le cose sono cambiate. Quando correvo in 250 c'erano Biaggi, Cadalora, Rossi e allora in Italia la categoria più seguita era quella. Ma le cose cambiano: io per esempio ho sempre voluto arrivare in 500, Gresini invece stava benissimo in 125 e non pensava di cambiare. Oggi le categorie come la Moto3 e la Moto2 sono anche una scuola per arrivare in MotoGP”.
Come vedi il futuro della MotoGP?
"Noi collaboriamo moltissimo con le case e con la Michelin per sapere dove andremo e a quali costi. Lavoriamo tanto e io mi occupo molto di questo sviluppo”.
Tra un po' comunque tutte le moto in pista saranno elettriche?
"Non credo che questo accadrà prima di una decina d'anni. Poi il futuro è difficile da prevedere, ma di sicuro è una possibilità. Comunque ho una macchina (una 500, cosa se no?) e uno scooter elettrico per girare a Montecarlo".
La MotoE c'è già ed è passata da Energica a Ducati. Meglio?
"Allo sviluppo di Energica io ho collaborato molto. La moto è divertente, ha un'accelerazione fantastica, una coppia inimmaginabile, ma pesa troppo e questo è l'unico vero limite. Se dovesse arrivare a un peso simile a quello della MotoGP (157 kg) sarà divertentissimo".
Tu lavori per Dorna, la società che organizza il Motomondiale. Sei libero nelle tue scelte come direttore di gara e responsabile della sicurezza?
"Se non lo fossi non continuerei. Me ne andrei, in fondo potrei permettermelo, ma con Carmelo e Carlos (il figlio e futuro boss, Ndr) ho un ottimo rapporto, ci confrontiamo e discutiamo di tutto, soprattutto di sicurezza che è una questione inderogabile. Sì, se fossi costretto a fare scelte che non condivido lascerei. D'altronde io sono sempre stato uno che diceva ciò che pensava, uno sincero".
A proposito di sincerità, cosa pensi di quelle manifestazioni di affetto tra i piloti di oggi? Ma sono davvero così amici o no?
"Mah non credo proprio siano così amici. Una volta per lo meno agli avversari non volevi bene, ma ora ci sono un sacco di social, di attenzioni che prima non esistevano. Ma se perdi non sei felice”.
Il fatto che tuo figlio Riccardo non abbia provato a correre non ti dispiace?
"Ho utilizzato un metodo fantastico: a 3 anni l'ho portato in moto moltissimo, praticamenbte ogni volta che potevo. Ha funzionato".
Cioè l'hai sfinito?
"Diciamo di sì: dopo i 3 anni non sopportava le moto. Bene così. Era quello che volevo. Non vorrei passare io quello che ho fatto passare ai miei. E comunque correre a 350 all'ora non è proprio il massimo della sicurezza in assoluto".
Insomma possiamo dire che sei felice?
"Sì, molto. Ho fatto quello che desideravo e ho una famiglia fantastica. Cosa vuoi di più?".