Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, l'estate più lunga dei San Antonio Spurs: quale futuro per Leonard, Popovich e tutti gli altri?

NBA

Dario Vismara

La sconfitta con Golden State apre la lunga estate di San Antonio, chiamata a risolvere in un modo o nell'altro la situazione legata a Kawhi Leonard: continuare insieme offrendogli il contratto più oneroso della storia della NBA oppure rimanere fedeli alla "Spurs Culture"?

Dopo la sconfitta in Gara-5 contro i Golden State Warriors, i San Antonio Spurs si ritrovano ora a fare i conti con l’estate più lunga e complicata della loro storia recente. L’elefante nella stanza, ovverosia l’intricatissima situazione legata a Kawhi Leonard, ormai non si può più ignorare e se possibile la situazione a lui legata è ancora più difficile da sciogliere rispetto a quanto successo finora. Senza più partite da disputare, il ritorno in campo del numero 2 è ovviamente rimandato all’inizio della prossima stagione, ma ora bisognerà capire non solo in che condizioni fisiche lo farà, ma anche con che contratto e, soprattutto, se sarà con la maglia dei San Antonio Spurs o con quella di un'altra squadra. Una cosa che sembrava scontata fino allo scorso anno ma che dopo questa stagione per certi versi incredibile non lo è per niente. Il primo passo della off-season degli Spurs passa inevitabilmente da un confronto a quattr’occhi con Leonard e il suo entourage, che secondo quanto riportato da ESPN è la priorità numero uno dell’estate texana. Inevitabile che sia così, visto che Kawhi è il fulcro di questo enorme nodo di Gordio di San Antonio: risolvere quello, in un modo o nell’altro, è il primo passo per occuparsi di tutto il resto senza dubbi o incertezze, a partire dalla situazione di Gregg Popovich e del suo richiestissimo staff di assistenti fino a quelle dei tanti free agent (via player option o restricted free agency) presenti a roster, oltre alle scelte sull'eventuale ritiro dei veteranissimi Tony Parker e Manu Ginobili.

Cosa fare con Kawhi Leonard?

La situazione di Leonard può sembrare un unicum nella storia della franchigia, ma per certi versi già nella scorsa estate gli Spurs hanno dovuto fare i conti con una stella scontenta. Solamente dodici mesi fa infatti LaMarcus Aldridge aveva chiesto di essere ceduto, avendo grossi dubbi sul suo ruolo all’interno della squadra e dello spogliatoio. Erano servite tutte le doti diplomatiche di Gregg Popovich – oltre che una tempestiva estensione di contratto – per ricomporre la frattura e convincere Aldridge a tornare sui suoi passi prima dell’inizio della stagione, ricevendone in cambio un contributo da All-Star da parte del lungo nero-argento senza il quale gli Spurs non sarebbero mai riusciti a raggiungere i playoff. Ora però le cose si complicano, perché nessuno sa davvero quali siano le priorità di Leonard e il suo entourage, per quanto il giocatore – nelle poche volte che ha parlato in pubblico – abbia sempre ribadito la sua fedeltà alla franchigia che lo ha scelto e lo ha portato al titolo del 2014. Inevitabile però che il suo comportamento nel corso della stagione, rifiutandosi di tornare in campo pur essendo stato dichiarato guarito dallo staff medico e rimanendo lontano dalla squadra per tutti i playoff per continuare la sua riabilitazione a New York, non può non aver lasciato degli strascichi nello spogliatoio. E per quanto Danny Green si sia affrettato a dire che Kawhi “è ancora qui, è ancora parte della nostra squadra fino a quando le cose non cambiano”, tutte le parti in causa dovranno gettare la maschera e dirsi quello che si devono dire ormai da troppo tempo - anche a costo di doversi dire addio.

Il nodo contrattuale: in ballo 219 milioni di dollari

A rendere ancora più complicata la situazione c’è il fatto che Leonard può uscire dal contratto nell’estate del 2019, e che per i grandi risultati raggiunti negli ultimi tre anni è “eleggibile” per un’estensione di contratto che lo renderebbe immediatamente il giocatore più pagato nella storia della NBA. Stiamo parlando di un quinquennale da circa 219 milioni di dollari – ripartiti in questo modo: 37.8 milioni il primo anno, 40.8 il secondo, quindi 43.8, 46.9 e 49.9 nell’ultimo – che Leonard può firmare esclusivamente con gli Spurs, mentre andare da un’altra parte (via cessione prima della firma o in free agency la prossima estate) comporterebbe una rinuncia compresa tra i 30 e i 70 milioni. Comprensibile allora che Leonard abbia tutto l’interesse quantomeno a sedersi attorno a un tavolo con San Antonio, ma ci sono almeno tre componenti della franchigia che devono concordare già solo sull’offerta di quel contratto. La prima ovviamente è la dirigenza guidata da R.C. Buford e Gregg Popovich, che deve essere certa di offrire un contratto tanto pesante a un giocatore reduce da un problema fisico così importante e di evidente difficile soluzione. La seconda è la proprietà della famiglia Holt, che ha già i suoi bei problemi nel risolvere il contenzioso legato al divorzio tra l’ex CEO Peter e la moglie Julianna Hawn, che detiene la proprietà della franchigia. Infine, secondo quanto riportato da ESPN, anche lo spogliatoio avrà una parola a riguardo, se non altro per capire come verrà presa dagli altri membri del roster l’eventualità che Leonard venga “ripagato” della sua stagione così controversa con il contratto più oneroso della storia della lega, mentre in passato a diversi di loro – a partire dai senatori Tony Parker e Manu Ginobili – era stato chiesto di rinunciare a dei soldi per il bene della squadra, seguendo l’esempio di Tim Duncan. Di fatto, tutto si risolve in un test su quella che in questi vent’anni è stata definita “Spurs Culture”: San Antonio è pronta a rinunciare ai propri principi pur di tenere un giocatore del livello di Kawhi Leonard nonostante tutto quello che è successo, oppure la cultura della franchigia conta più di qualsiasi suo membro e, se le cose andassero male, si procederebbe a una clamorosa cessione piuttosto che perderlo a zero tra un anno?

Gregg Popovich e il resto della panchina

A rendere ancora più difficile questa estate c’è la situazione legata a Gregg Popovich. Coach Pop dovrebbe essere in prima fila nelle negoziazioni che bisognerà fare con Leonard, ma al momento non è chiaro quale sarà il suo futuro in panchina, complice la terribile perdita della moglie Erin nel corso dei playoff. In questo momento la possibilità che continui o che si ritiri non è neanche stata discussa perché, banalmente, neanche Popovich sa che cosa farà nella prossima stagione. Le uniche cose certe sono la carta di identità di Pop (69 anni) e l’impegno che si è preso con la nazionale statunitense per le Olimpiadi di Tokyo 2020, due indizi su un suo possibile addio che però non fanno neanche lontanamente una prova. Un’altra cosa certa, però, è che indipendentemente da quello che succederà con Popovich la panchina di San Antonio sarà profondamente diversa, perché diversi membri chiave tra gli assistenti allenatori sono ricercati dalle altre franchigie. Gli Charlotte Hornets, giusto per dirne una, terranno a colloquio sia Ime Udoka che il nostro Ettore Messina, che ha preso le redini della squadra nelle ultime tre gare della serie con Golden State vincendo anche Gara-4, e anche Becky Hammon negli ultimi mesi aveva ricevuto un’offerta (poi ritirata) per allenare al college. Che accettino oppure no, di sicuro gli assistenti di Popovich continueranno a essere seguiti sul mercato delle panchine.

Gli altri: le player option di Gay e Green, gli altri restricted

Al di là di quello che succederà con Leonard, praticamente la metà del roster degli Spurs avrà delle decisioni da prendere nel corso dell’estate. I primi due che dovranno scegliere il proprio destino sono Rudy Gay e Danny Green, che hanno entrambi delle player option (il primo da 8.8 milioni, il secondo da 10) da poter esercitare per la prossima stagione. È improbabile che possano trovare degli accordi economicamente migliori sul mercato, ma potrebbero magari essere interessati a un accordo più lungo rispetto a un solo anno, che sia a San Antonio oppure da un’altra parte. Anche Jeoffrey Lauvergne si trova davanti a una scelta sul suo futuro, avendo una player option da 1.7 milioni da poter esercitare per poter rimanere in Texas praticamente al minimo salariale. Diverse invece le situazioni di Kyle Anderson, Davis Bertans e Bryn Forbes, che saranno restricted free agent: gli Spurs non hanno spazio salariale per migliorare significativamente la squadra e per questo dovranno cercare di trattenerli per non erodere del tutto la profondità del roster, specialmente dopo aver speso tempo ed energie nel loro sviluppo per renderli giocatori di rotazione. Follie però non se ne faranno, anche perché i contratti garantiti sono già attorno al tetto salariale da 100 milioni, lasciando uno spazio di manovra pressoché nullo per operare sul mercato.

Parker e Ginobili continuano?

Ancora più importante, bisognerà capire quali sono le intenzioni di Tony Parker e Manu Ginobili per il loro futuro. Il più convinto di continuare sembra essere il francese, il cui contratto da 15.4 milioni è in scadenza e con il quale bisognerà trovare un nuovo accordo per la prossima stagione, bilanciando la riconoscenza per quanto fatto nel corso della sua straordinaria carriera e il ruolo in uscita dalla panchina a cui è stato relegato dopo la promozione in quintetto di Dejounte Murray. Buford si è detto tranquillo sul poter risolvere la sua situazione “a tempo debito”, ovverosia dopo che verrà sistemata in un modo o nell’altro la questione-Leonard, ma per quanto Parker abbia detto chiaramente di voler continuare a giocare e che preferirebbe farlo a San Antonio, ha aggiunto anche che “vedremo se rimarrò qui: la free agency è sempre un periodo folle”. La situazione di Ginobili, invece, è già stata risolta lo scorso anno con un accordo biennale: starà esclusivamente a lui decidere se continuare il prossimo anno oppure no, e la leggenda argentina ha già detto che si prenderà dei mesi per vedere come reagirà il suo corpo. “Non sono il tipo che prende le decisioni a caldo quando si è delusi o doloranti: devo lasciar marinare le cose per capire come ci si sente. Ci risentiamo a luglio” ha detto dopo la partita. Chissà se anche la sua decisione è legata a quello che succederà con Kawhi Leonard, il vero nodo di Gordio dell’estate nero-argento.