L’allenatore degli Warriors racconta i retroscena dell’arrivo in California del quinto All-Star del suo quintetto: “Un’occasione unica che non potevamo non cogliere”, dice. E ha già le idee chiare su come utilizzarlo: “Vorrei vederlo tanto in post, per sfruttare le sue incredibili doti di passatore”
Steve Kerr racconta di essere stato in auto, direzione Los Angeles. Scopo del viaggio: incontrare un free agent. Ma lasciata da poco San Diego, ecco la telefonata di Bob Myers, il general manager degli Warriors. “’C’è una nuova opportunità che scombina un po’ i nostri piani’, mi ha detto. E solo dopo mi ha fatto il nome di DeMarcus Cousins. Non volevo crederci”, racconta l’allenatore di Golden State. “Per 5.3 milioni di dollari? Ero convinto mi stesse prendendo in giro”. Invece era tutto vero, e nel giro di poche ore anche ufficiale: DeMarcus Cousins era l’ultimo giocatore a unirsi ai campioni NBA in carica. “Per via dell’infortunio da cui deve recuperare e della scelta dei Mavs di puntare su DeAndre Jordan, DMC è come scivolato fino a noi. Prendere o non prendere al volo un’opportunità del genere? Ci ho pensato per tutto il viaggio da San Diego a Los Angeles, ma alla fine la risposta è la più semplice: non si può non approfittare di una situazione del genere. Non capita spesso di poter mettere sotto contratto un giocatore così a quella cifra. Anzi, non succede mai”. Quella cifra per gli Warriors non sono i 5.3 milioni di dollari “ma quattro volte tanto, una ventina”, ricorda Kerr, per via della luxury tax che grava sulla squadra. “Ci voleva un giocatore speciale per convincere Joe Lacob a spendere altri 20 milioni di dollari, ma ovviamente Cousins è quel tipo di giocatore”. Kerr poi finisce quasi per difendersi dalle accuse che – puntuali – sono giunte ai Golden State Warriors, colpevoli di voler uccidere l’equilibrio competitivo della lega: “Cousins non l’abbiamo mica rubato – afferma – visto che non eravamo certo gli unici a poterlo mettere sotto contratto. Ha scelto noi perché vuole scrivere una pagina nuova della sua carriera, vuole vincere, e noi gli diamo una chance di puntare al titolo e contemporaneamente di rimettersi poi sul mercato l’anno prossimo da una posizione di forza. In cambio ovviamente noi siamo convinti che lui possa aiutarci a vincere ancora: confesso che io e Bob [Myers], raggiunto l’accordo, siamo scoppiati a ridere pensando che ora il resto della lega ci odierà davvero tantissimo. La verità è che siamo stati fortunati”.
"Non gli impedirò di tirare da tre, ma vorrei vederlo in post, da passatore"
Inserire un giocatore forte e dominante come Cousins in un quintetto con già quattro All-Star però non sarà così semplice come potrebbe apparire superficialmente. Steve Kerr ovviamente lo sa bene, e lo stesso – assicura – vale anche per Cousins stesso, messo in guardia da subito sui potenziali lati negativi di firmare con Golden State. “Bob Myers sa che con i free agent sono brutalmente onesto, tanto è vero che spesso mi implora di non dire niente, perché il mio a volte sembra un reclutamento al contrario”, afferma ridendo l’allenatore degli Warriors. Abbiamo già vinto più di un titolo NBA giocando con Draymond Green da 5, con quintetti piccoli, tirando tanto da tre punti e giocando in velocità. Il nostro stile resterà questo, la nostra identità non cambierà, ma ho detto a DeMarcus che lui potrebbe aggiungere una dimensione nuova al nostro gioco”. E quella dimensione, nelle idee di Kerr, vede Cousins attivo soprattutto in post: “Non gli impedirò di tirare da tre punti, sia chiaro, ma vorrei vederlo tanto vicino a canestro soprattutto per sfruttare le sue doti eccellenti da passatore, visto la batteria di tiratori che possiamo mettergli attorno sul perimetro. Gli ho detto anche che probabilmente ci saranno sette-otto possessi consecutivi in cui non toccherà il pallone, perché a tirare saranno Steph, KD e Klay, ma che allo stesso tempo quando qualcuno di noi è caldo la tendenza è quella di continuare a dargli palla e alimentare la sua produzione offensiva, per cui succedere anche con lui”. “Ci saranno partite in cui tirerà 4 volte in tutto – racconta il diretto interessato – e altre in cui finirò per essere il top scorer della squadra. Mi sta bene, vuol dire che non devo essere il focus dell’attacco ogni volta, ogni singola gara. È sempre stato così nella mia carriera, ma ho sempre voluto una squadra che non dovesse affidarsi per forza solo a me. Ora finalmente sono in questa situazione”. L’innesto di Cousins, però, resta rischioso perché il giocatore è per sua natura dominante, sia in campo che fuori. “È per questo che ne ho voluto parlare con Steph, Kevin, Draymond e Andre [Iguodala], perché DeMarcus non è quel tipo di giocatore che puoi pensare si adatti al contesto e giochi in maniera complementare agli altri. Allo stesso tempo però credo sia fondamentale per noi continuare a evolverci, sia perché la stagione è lunga e abbiamo bisogno di sfide e stimoli interni sempre nuovi sia perché il resto della lega continua a darci la caccia e a migliorare – basta guardare quello che ha fatto Houston per avvicinarsi a noi”.
Il recupero di Cousins: “Quando sarà pronto il quintetto sarà suo”
Cousins non sarà in campo alla prima palla a due stagionale, ma Steve Kerr non ha dubbi sul suo impiego dal momento in cui il recupero dall’infortunio si potrà dire completato: “Quando sarà in forma il posto in quintetto è suo: niente contro Damian Jones o Jordan Bell, sia chiaro, ma qui parliamo di un All-Star, uno dei migliori centri della lega”. “DeMarcus voleva essere in campo già al via della stagione, questo era il suo obiettivo, ma noi vogliamo andarci cauti, senza fretta. Il suo agente parla più di fine novembre o dicembre, ma davvero a oggi non sappiamo i tempi del suo rientro. Penso possa essere addirittura positivo il fatto di averlo fermo a inizio dell’anno: mi darà la possibilità di conoscerlo meglio, faremo video assieme, studieremo il modo migliore per poterlo utilizzare in campo”, spiega Kerr, tutt’altro che infastidito dalla ricchezza del suo roster e ancora meno dalla reputazione di giocatore problematico con cui Cousins ritorna in California: “Tutti questi anni con Draymond Green mi hanno preparato, andrà tutto bene”, la battuta con cui Kerr liquida ogni idea di possibile problema. “Gli ho anticipato che dovrà fare qualche sacrificio – conclude l’allenatore degli Warriors – ma che il concetto di sacrificio è relativo e dipende dalla prospettiva da cui si valuta. Se in cambio vinci, non è un sacrificio”. E a Golden State, negli ultimi anni, hanno dimostrato di saper vincere.