Cos'è successo nel mondo dei campioni NBA in carica? Sembra impossibile, ma con l'arrivo di DeMarcus Cousins gli Warriors potrebbero essere diventati ancora più forti. Sicuramente meno amati, dal resto della lega. Che deve trovare un modo per batterli
IL RIASSUNTO DELL'ESTATE (1^ PUNTATA): I LAKERS DI LEBRON JAMES
A dare il via all’estate dei Golden State Warriors è stato il terzo titolo NBA vinto negli ultimi quattro anni: è l’8 giugno 2018 quando negli spogliatoi della Q Arena l’MVP delle serie finale Kevin Durant, Steph Curry, Klay Thompson, Draymond Green e compagni si godono l’ormai consueta doccia di champagne, confermandosi in vetta al mondo NBA. È un trionfo particolarmente dolce in particolare per Durant, che convalida (se mai ce ne fosse stato bisogno) la sua scelta di lasciare i Thunder nell’estate del 2016 facendo il bis, tanto di anelli che di premi di MVP delle Finals. Eppure a due anni di distanza, c’è chi ancora – tra i tifosi e gli stessi giocatori NBA – non ha perdonato all’uomo di Seat Pleasant la scelta di abbandonare OKC per unirsi a una squadra già piena di superstar come gli Warriors: tra questi c’è la guardia dei Portland Trail Blazers C.J. McCollum. Che in estate invita proprio Durant come ospite del suo podcast, ma – dopo un breve quanto gustoso botta-e-risposta in onda – torna sulla polemica attraverso i suoi account social, definendo “soft” la scelta di KD. Il n°35 di Golden State gradisce il giusto, e reagisce definendo un “serpente” il giocatore dei Blazers. Non è la prima e non sarà l’ultima volta che Durant casca in pieno nei tranelli tesi dal mondo dei social: già pizzicato in passato a twittare da un account segreto, la superstar di Golden State in estate trova di nuovo il modo di litigare online con un tifoso colpevole di mettere in dubbio le sue capacità di leadership. Lo stradominio messo in mostra dagli Warriors nelle ultime stagioni NBA incomincia a suscitare verso la squadra della Baia parecchia insofferenza tra avversari e appassionati e qualche antipatia di troppo. La situazione peggiora ulteriormente quando, a inizio luglio, una notizia choc travolge la lega: il centro All-Star dei New Orleans Pelicans DeMarcus Cousins accetta l’offerta annuale per 5.3 milioni di dollari dei campioni NBA in carica e diventa un Warrior, dando così a Steve Kerr la chance di poter schierare (una volta recuperato dal suo infortunio) un quintetto potenzialmente di soli All-Star. La notizia viene accolta con un mix di sorpresa, incredulità e un pizzico di rabbia dal resto della lega: “the rich gets richer”, si dice negli Stati Uniti quando qualcuno già ricco trova il modo di arricchirsi ulteriormente e sembra proprio il caso degli Warriors, che a prezzo di sconto trova il modo di portarsi in casa un lungo potenzialmente dominante da aggiungere a un roster già fortissimo. Certo, ci sono dubbi relativi alla sua condizione, dopo l’infortunio ai legamenti, e non sarà immediato e facile trovare la quadratura tattica per inserire Cousins nella macchina perfetta di Golden State, ma in tanti accusano gli Warriors di aver “ucciso” la competitività della lega. Risponde per tutti Steph Curry: “È la più grande caz**ata che abbia mai sentito”, la secca reazione del n°30 californiano.
Curry si diverte, Green litiga
La cui estate però gli riserva tanti altri momenti più gioiosi e sereni: il 2 luglio nasce Canon W. Jack, il terzo figlio di casa Curry (il primo maschietto) e dopo l’emozione provata nel diventare per l’ennesima volta papà, il tiratore di coach Kerr bissa anche quella di misurarsi sul green all’Ellie Mae Classic, il torneo che lo vede sfidare altre celebrità con la passione per il golf (anche se il suo risultato è inferiore alle attese, peggio anche di quanto fatto registrare l’anno prima). Prima di tornare a fare sul serio ed allenarsi in vista del training camp e del via della nuova stagione, Curry poi gira il mondo tra Europa e Asia, in un mix di vacanza e impegni con lo sponsor che lo portano anche a Londra e Parigi. Avrebbe dovuto essere un’estate di festeggiamenti anche per Draymond Green, tra gli invitati – il 18 luglio scorso – a un party organizzato da LeBron James dopo la cerimonia degli ESPYs. La crème de la crème NBA tutta invitata da Delilah, club e cocktail bar esclusivo: c’è anche Tristan Thompson, però, e tra i due non corre buon sangue dalla serie di finale disputate solo un mese prima. Quello che è successo tra i due muscolari di Warriors e Cavs non è chiarissimo: c’è chi parla di un pugno di Thompson rifilato a tradimento a Green, chi di una spinta, chi soltanto di una manata al viso e perfino i soliti pronti a giurare che non sia successo niente. Il n°23 però sui suoi social non ha perso l’occasione per tornare a polemizzare con Thompson (già definito un giocatore “non della stessa stoffa di noi campioni”) e con i suoi rivali degli ultimi anni, i Cleveland Cavs (“magari devono cancellare la parata… ah, no, dimenticavo che LeBron se n’è andato”). Un modo come un altro per trovare quelle motivazioni che saranno fondamentali, per lui e per tutti gli Warriors, per ripresentarsi nuovamente carichi e concentrati al via, cercando il threepeat e il quarto titolo negli ultimi cinque anni. Alla faccia di tutti i critici.