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NBA, faide, frecciate e la peggior difesa della lega: gli Washington Wizards sono un disastro

NBA

Michele Serra

Con un record di 5 vittorie e 11 sconfitte, gli Wizards sono ancora in corsa per un posto ai playoff. Ma la realtà del campo e dello spogliatoio racconta di una squadra che ha raggiunto un punto di rottura, con pochissime idee per come risollevare una stagione già fallimentare

WASHINGTON MULTA WALL E LO METTE SUL MERCATO INSIEME A BEAL

Con un record di 5 vittorie e 11 sconfitte, gli Wizards sono ancora in corsa per un posto ai playoff. Ma la realtà del campo racconta di una squadra che ha raggiunto un punto di rottura, con pochissime idee per come risollevare una stagione già fallimentare

Se guardiamo come stanno andando le cose sul fondo della classifica NBA, vedremo molte squadre “note”, nel senso che sono esattamente dove ci aspetteremmo di trovarle: i Cleveland Cavaliers dopo l’addio di LeBron James, gli Atlanta Hawks in piena fase tanking, i giovanissimi Phoenix Suns, i porosi Chicago Bulls. Tra queste squadre con scarso talento diffuso c’è però una grossa intrusa: gli Washington Wizards. Che non sono certo una contender per il titolo, ma con tre giocatori al massimo salariale come John Wall, Bradley Beal e Otto Porter hanno — sulla carta — abbastanza talento per raggiungere i playoff e, perché no, anche pensare di superare il primo turno come già successo in passato.

I problemi che sta attraversando la squadra di Scott Brooks non sono solamente legati al rendimento in campo né, soprattutto, sono una novità di questo inizio stagione, ma vengono da più lontano. Prima di concentrarci sul rendimento di squadra, è bene fare un quadro della situazione in uno degli spogliatoi più complicati della Lega, esploso negli ultimi giorni dopo le notizie sulla multa a John Wall per insulti all’allenatore, le lamentele di Bradley Beal nei confronti della dirigenza e le prime voci di mercato che coinvolgono anche le due stelle.

Una squadra "esuberante"

Quello che trovate qui sopra nel titolo è un voluto understatement per indicare che gli Wizards – o, più precisamente, alcuni dei suoi componenti – non hanno mai avuto paura di dire quello che pensano davanti ai microfoni. John Wall e Markieff Morris sono senza dubbio i giocatori più vocali e polemici di tutta la NBA, soprattutto quando si tratta di fare paragoni arditi con altre squadre della Eastern Conference. Washington si è sempre considerata al top, pur senza avere quelli che si chiamano i bragging rights, ovverosia: se ti vuoi vantare, almeno dovresti avere qualcosa per cui farlo davvero.

Con questo nucleo di giocatori, infatti, Washington non è mai andata oltre una gara-7 di semifinale di Conference contro i Boston Celtics nel 2017 e nemmeno oltre le 50 vittorie in regular season, che in casa Wizards non si vedono da ormai 40 anni. Peccato che, dopo l’ennesima stagione finita con un’eliminazione al primo turno, Markieff Morris abbia voluto rincarare la dose, parlando proprio dei Celtics: “Penso che siamo la squadra numero uno [della Eastern Conference]. I Raptors stanno attraversando un momento particolare, hanno ceduto DeRozan. Per il resto, Boston non è mai stata più forte di noi. In cuor nostro siamo consci del fatto che lo scorso anno non fossero meglio di noi. Ma dobbiamo giocare al meglio delle nostre possibilità”.

Morris ha fatto eco a Wall che, in un’intervista estiva a Michael Lee al tempo di Yahoo! Sports aveva dichiarato di non vedere alcuna favorita ad Est, visto che i Celtics avrebbero dovuto (re)inserire Kyrie e Hayward nel loro gruppo di giovani, i Raptors sono un’incognita e, per quanto riguarda Phila, “It’s a new year”.

Faide e frecciate

Le frizioni tra compagni sono iniziate addirittura due anni fa, quando in un’intervista Wall dichiarò che la relazione sul campo tra lui e Beal era letteralmente di amore/odio, e che dovevano fare il massimo per risolvere questo problema (e forse, l’estensione contrattuale da 127 milioni in 5 anni firmata da Beal proprio all’epoca dell’intervista potrebbe aver acuito i sentimenti contrastanti dell’ex Kentucky nei suoi confronti).

Wall lo scorso anno è dovuto rimanere fermo più di un mese per problemi fisici e, mentre l’ex prima scelta era in borghese, Washington ha vinto 8 delle successive 10 partite, facendo chiedere a molti (anche all’interno dello spogliatoio) se gli Wizards non giocassero effettivamente meglio senza di lui. Le cose si sono poi normalizzate — anche perché una qualunque squadra senza il suo miglior giocatore non può essere più forte, ma al massimo giocare in maniera più efficiente su un breve periodo —, ma il resto del roster pareva aver apprezzato il cambio di marcia, almeno all’inizio. Dopo la vittoria sui Raptors, la terza consecutiva per la squadra di Brooks, Marcin Gortat twittò un “Grande vittoria di squadra”, che Wall ritwittò commentando con un “LOL”.

Anche Beal, forse volontariamente ma forse più ingenuamente, contribuì a gettare benzina sul fuoco delle polemiche dopo aver dichiarato nel post-partita ad un reporter che “Everybody eats”, riferendosi al fatto che la palla si muoveva di più e tutti avevano la possibilità di rendersi utili in attacco. Ovviamente il giorno dopo sui social tutti si sono scatenati cercando nel messaggio di Beal una possibile frecciata al suo compagno, nonché giocatore franchigia. La guardia di Washington si è limitata ad un tweet per placare le polemiche: “Y’all reaching” (slang per indicare una spiegazione un po’ troppo tirata per i capelli).

Sta di fatto che i dissapori tra Wall e il polacco erano veri, incastonati in una delle foto più iconiche della scorsa annata, che riassume perfettamente la stagione degli Wizards. Durante un timeout in gara-2 contro Toronto – che li asfalterà accendendo alle semifinali di Conference – Wall e Gortat discutono animatamente, mentre Beal affonda la testa in un asciugamano.

Ceduto in estate Gortat ai Clippers in cambio di Austin Rivers, Wall & Co. si sono trovati di fronte ad ulteriori drammi, acuiti dal pessimo inizio di stagione. Dopo la batosta presa in casa dei Sacramento Kings, nelle interviste post partita Wall – a cui hanno fatto eco anche Beal e coach Brooks – ha dichiarato che alcuni suoi compagni dovrebbero “pensare meno ai loro tiri”, sia a quelli segnati che a quelli sbagliati, mentre era palese a tutti come gli Wizards avessero problemi ben più grossi di cui occuparsi.

Problemi a cui ha accennato anche il nuovo arrivato Austin Rivers, e la pessima difesa di squadra non c’entra (“Sì, potrebbe avere un suo peso, ma c’è anche molto altro”). Insomma, che quello spogliatoio sia un casino è un dato di fatto. E in campo, contrariamente alle scorse stagioni quando almeno il rendimento sul parquet era accettabile, la situazione è diventata in fretta una riflessione di quanto avviene dietro le quinte, specialmente dopo l’ultima sconfitta contro Portland in cui coach Brooks ha dovuto dare fondo alla propria panchina per cercare qualcuno a cui importasse qualcosa del risultato.

Impegno (e fortuna) cercasi

Chiunque guardi anche solo qualche spezzone di una partita di Washington si rende subito conto del problema principale, ovverosia la difesa. Il defensive rating degli Wizards è il peggiore di tutta la Lega (113.6 punti subiti su 100 possessi per Cleaning the Glass, che non conta i minuti di garbage time). Per la verità, anche l’attacco è solo nella media (108.1 punti segnati su 100 possessi, 16° miglior dato in NBA), ma di quello parleremo dopo.

Dire che per difendere bene basta averne voglia è parecchio limitante come assunto, visto che bisogna avere talento anche nella metà campo difensiva, però è chiaro che con l’impegno si può raggiungere un rendimento quantomeno accettabile. Ecco, a Washington molti giocatori sembrano avere davvero poca voglia di impegnarsi.

La difesa è anche una questione di comunicazione, e in questi casi se ne vede davvero poca:

Qui abbiamo Oubre – probabilmente il miglior difensore di Washington al momento – contro Westbrook. Grant arriva a portare un blocco, poco più che uno slip screen, ma né Oubre né Morris, che aveva in consegna Grant, si parlano. Entrambi finiscono sul nipote di Horace lasciando carta bianca a Russell che potrebbe sparare dalla lunga o fiondarsi a canestro approfittando del varco concessogli dalla difesa.

Questa invece è una disattenzione ancora più palese:

Sul ribaltamento di fronte, Hardaway Jr. avanza col pallone e Oubre è davanti a Ntilikina, il che lo “obbliga” a rimanere su di lui in questo possesso (anche perché non c’erano “piccoli” da quel lato con cui fare cambio). Addirittura l’ex Kansas lo tiene d’occhio con lo sguardo, ma mentre Hardaway avanza, lo stesso fa l’ex giocatore di Kansas che si stacca inspiegabilmente dal francese, che a quel punto si ritrova solo nell’angolo. Ovviamente, Markieff Morris non fa una piega, anche perché non era stato avvertito dal compagno di scalare sul numero 11 dei Knicks. Per loro fortuna Ntilikina sbaglia, ma la frequenza con cui questo succede non è molto alta.

Sì, perché gli Wizards, tra mille difetti, sono anche piuttosto sfortunati per quanto riguarda i tiri da tre, presi e subiti. La squadra di Brooks è la dodicesima in NBA per numero di tiri da 3 aperti (cioè col difensore a oltre un metro di distanza, per NBA.com) con quasi 29 a partita, ma la percentuale si ferma solamente a un mediocre 33%. Di contro, gli avversari sembrano riuscire sempre a costruire un tiro ad alta efficienza, visto che gli Wizards sono 11esimi per percentuale concessa dall’angolo sinistro (41%), terzi dall’angolo destro (47%) e quarti dalla punta (37%).

Le amnesie difensive continuano anche in transizione, primo sintomo di una squadra con scarsa voglia di impegnarsi. Spesso queste vengono concesse a seguito di palle perse banali (sono 16esimi per percentuale di transizioni concesse agli avversari), ed è abbastanza strano che, per come difendono, gli Wizards siano solo 20esimi per punti concessi in transizione.

Ci sono svariati esempi di come in questa situazione la loro difesa sia davvero scarsa:

Qui abbiamo un piccolo compendio di quanto detto finora. Tiro da tre di Beal non contestato e ben costruito in contropiede, ma sbagliato, contropiede subito con Ivan Rabb che scappa al centro del campo e va a segnare subendo anche il fallo di Wall.

Qui invece, i Knicks spingono il contropiede mentre Mudiay e Dotson si posizionano dietro l’arco. Oubre e Satoransky, ignorando la prima regola su come difendere il contropiede (proteggere il canestro prima di tutto), si lasciano sfilare alle spalle Kanter che ne mette due comodi.

Qualche (breve) bagliore di luce

Lo stesso problema dell’impegno è presente, seppur in misura minore, in attacco, dove John Wall sembra davvero essere quello che in inglese si definisce l’odd man out. L’ex Kentucky non ha mai richiesto trade, a maggior ragione adesso che il suo contratto da oltre 200 milioni di dollari è a qualche mese dall’entrare in essere. Però già dallo scorso anno ha la tendenza a rimanere immobile dopo aver scaricato il pallone (e per “immobile” si intende davvero piantato per terra: solo Nowitzki si muoveva meno di lui senza palla), ma a questa non corrisponde alcuna pericolosità dal palleggio, visto che sta tirando con un terribile 34% di percentuale effettiva quando si costruisce il proprio tiro, su cui influisce un pessimo 16% da tre punti.

Qui, dopo aver scaricato il pallone, si piazza nell’angolo destro non muovendosi di un centimetro, alzando semplicemente le mani per reclamare il pallone (che non gli arriverà). Wall si sta prendendo finora poco meno di 3 tiri da tre piedi per terra a partita e li sta convertendo con un incoraggiante 41.5% (anche in questo caso, le ultime partite hanno contribuito ad alzare il dato, che prima era un mediocre 33%).

Con il ritorno di Howard in quintetto, dopo aver sofferto di dolori ai glutei, le cose erano iniziate benone. Nella partita contro i Thunder si sono viste spaziature migliori e un impatto offensivo immediato (tutte cose che, per ovvi motivi, Ian Mahinmi non può garantire).

Ho trovato questa azione molto esemplificativa dell’impatto che Howard, pur con tutti i suoi difetti, possa avere su un campo da basket. Riceve spalle a canestro e pesca ottimamente il taglio di Porter. Con Mahinmi questo non sarebbe successo perché:

1) Il francese gioca molto più vicino a canestro, e di conseguenza non ci sarebbe stato per Porter lo spazio materiale in cui buttarsi;

2) George (che dovrebbe marcare proprio Otto) e Westbrook sono completamente voltati dalla parte di Howard, dando all’ex Magic un’attenzione che ovviamente a Mahinmi non riserverebbero;

3) Non sono nemmeno sicuro l’ex Pacers saprebbe fare quel passaggio.

Howard, peraltro, non ha perso tempo a calarsi nella realtà di squadra, avendo già un Net Rating di -8.8 quando in campo, meglio solamente rispetto a quello di Markieff Morris (-10.7).

Gli Wizards, come detto, hanno la peggior difesa della NBA, anche se il talento in squadra suggerirebbe qualcosa di diverso. Beal, Porter e Oubre, se non altro, hanno dato prova in questi anni di essere difensori volonterosi, quando si impegnano, soprattutto il secondo grazie alle sue lunghe leve:

Qui Oubre è bravissimo ad impedire la ricezione a Mudiay passando sopra il blocco, mentre Beal fa lo stesso con Hardaway Jr. Poi Oubre aiuta il compagno stoppando il figlio dell’ex Warriors allo scadere dei 24.

L’impressione è che Washington sia una squadra davvero umorale, in grado di essere molto pericolosa quando prende ritmo, ma capace di perderlo in un attimo non appena le cose iniziano ad andare male (con le palle perse e i vuoti difensivi del caso). Lo si è visto per larghi tratti contro i Knicks, ma anche contro i Thunder o gli Heat, battuti a casa loro per aprire una mini-striscia di tre successi che li ha riportati quantomeno a sole due partite e mezza dall’ottavo posto (più per demerito del resto della Eastern Conference che per meriti loro, visto che a Ovest sarebbero penultimi).

Indipendentemente da come evolverà questa stagione sembra improbabile che il roster possa rimanere questo, e in molte circostanze Wall è sembrato davvero avulso dal concetto di squadra. È anche vero che i 37 milioni (a salire) che si intascherà dal prossimo anno fino al 2023 lo rendono difficilmente scambiabile (e in cambio di cosa, poi?). E cedere uno dei pezzi grossi (gli indiziati sarebbero due, ovviamente, Wall o Beal) vorrebbe dire sancire la fine di un core che è rimasto intatto per molto tempo, forse troppo, pur senza riuscire a raggiungere risultati degni di nota. Ma non ditelo a loro, perché potrebbero essere ancora convinti di essere la miglior squadra della Eastern Conference.