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Playoff NBA: Enes Kanter e Jusuf Nurkic, una vittoria che sa di rivincita

NBA

Il lungo turco, dopo il colpo alla spalla nel primo quarto, ha continuato a giocare nonostante il dolore per dimostrare di "poter" essere decisivo ai playoff. E nel terzo quarto è arrivato a dare supporto anche l'infortunato Nurkic, indossando una maglia particolare...

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L’amicizia con i Thunder, i messaggi contro il traditore Kevin Durant e i compagni d’avventura anche nei momenti complicati del suo rapporto con la Turchia sono stati definitivamente accantonati. Enes Kanter in fondo è stato scaricato da OKC dopo l’eliminazione contro gli Houston Rockets sancita già in gara-1 da quel labiale di coach Billy Donovan: “Can’t play Kanter”. Un motivetto che ha accompagno a lungo il n°00 dei Blazers, finito in fondo alla panchina della peggior squadra NBA perché troppo vecchio e costoso. Fuori dal progetto a New York, titolare inamovibile e necessario a Portland, dove il destino gli ha permesso la possibilità di recitare da protagonista contro i Thunder. Il 4-1, il cerchio che si chiude e Kanter che chiude i conti con il suo passato con un tweet: “CAN play Kanter”. Sì, posso giocare anche io, anche con una spalla in disordine dopo il colpo subito nel primo quarto di gara-5. Una lussazione che non ne ha limitato l’utilizzo nelle fasi cruciali della sfida: “Ho semplicemente dimenticato il dolore e continuato a giocare, vedremo nei prossimi giorni come si evolveranno le cose”. E il suo impatto si è sentito eccome: “Nonostante i problemi, ha combattuto come un leone. Abbiamo continuato a cavalcarlo, era uno dei nostri punti di forza, i suoi rimbalzi sono stati decisivi così come la presenza sotto il ferro. Il suo atteggiamento racconta bene lo spirito della squadra, il fatto che tutti mettano a disposizione del collettivo le loro forze”. Nulla infatti avrebbe potuto impedirgli di togliersi la soddisfazione di prendersi una rivincita attesa da mesi: “Prima di tutto, ringrazio i Knicks per aver deciso di tagliarmi – è stato il suo primo commento, scatenando le risate – questa mia avventura non ci sarebbe mai stata senza quella scelta e per questo sottolinea il mio apprezzamento per la loro organizzazione. Poi volevo dire grazie a tutte le squadre che hanno preferito ignorarmi, ho cercato di firmare con tante squadre ma nessuno ha mostrato interesse nei miei confronti. La mia benedizione è stato il messaggio che ho ricevuto da Lillard e dal GM Neil che mi hanno chiesto di venire ai Blazers. Grazie a loro oggi ho avuto la mia rivincita”.

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Kanter infatti è diventato una pedina fondamentale dopo l’infortunio di Jusuf Nurkic, costretto ad alzare bandiera bianca e a salutare sul più bello la squadra e i playoff imminenti. Performance da guardare seduto sul divano, mentre i compagni continuano a battersi sul parquet. Questa era l’intenzione del lungo bosniaco anche questa volta, rimasto incollato davanti la TV per tutto il primo tempo a vedere Lillard segnarne 34 e giocare una prima metà di gara pazzesca. A tre minuti dalla fine del terzo quarto, quando la partita era ormai diventata una lotta selvaggia, Nurkic ha deciso di cambiarsi e raggiungere i compagni a bordocampo: “Sapevo che sarebbe stata tutta un’altra cosa”. Non appena il suo faccione ha fatto capolino vicino la panchina, la folla è andata in delirio, mentre i compagni lo aiutavano a sistemare le stampelle imponenti. Una serata da incorniciare, il modo migliore per lasciarsi alle spalle per qualche ore il dolore e la riabilitazione che non gli hanno permesso di proseguire sul parquet la sfida diretta con Westbrook. “Un clown”, queste le parole con cui lo definì il n°0 dei Thunder al termine della sfida di regular season dello scorso 23 gennaio: dopo la dura lotta sui blocchi e i tanti colpi proibiti, Westbrook declinò ogni invito a commentare le provocazioni del lungo bosniaco, che riprese le due parole definendolo “Westbrick” - giocando sulle mattonate spesso lanciate verso il canestro avversario dall’All-Star di OKC. Per quello il riferimento sulla maglietta indossata da Nurkic è stato subito colto da tutti in spogliatoio: “Got bricks? Next question”, con la faccia soddisfatta di chi sa sempre di aver creduto nel cavallo vincente. Una convinzione mostrata anche a parole a fine gara, quando intervistato durante il trionfo dei Blazers, poggiato sul tavolo dei telecronisti per non sollecitare la gamba ancora malconcia, si è lasciato andare a un: “F****lo, sapevo che i miei compagni avrebbero vinto questa partita”. In fondo, dovevano farlo anche a lui.