I Raptors controllano la partita per 48 minuti, sempre in vantaggio nonostante il n°30 Warriors le provi tutte per non far pesare le assenze di Durant, Thompson e Looney. Alla sirena finale sono 47 punti, otto rimbalzi e sette assist per Curry, ma a vincere è Toronto grazie ai 30 punti di Leonard e a un quintetto tutto in doppia cifra
SCARIOLO: "PER BATTERE GOLDEN STATE DOBBIAMO AGGREDIRLI"
DANNY GREEN MANO CALDA GRAZIE AI CONSIGLI DI SHAQ
STEPH COME LEBRON: 47 PUNTI E SCONFITTA ALLE FINALS
Golden State Warriors-Toronto Raptors 109-123
La miglior partita in carriera ai playoff, cifre alla mano, di Steph Curry non basta agli Warriors per mantenere il fattore campo, faticosamente conquistato 72 ore prima a Toronto: una Golden State rimaneggiata - costretta a rinunciare agli infortunati Kevin Durant, Kevon Looney e all’ultimo momento anche a Klay Thompson – incassa alla Oracle Arena una sconfitta pesante, dopo aver inseguito invano per 48 minuti i Raptors. I canadesi controllano la sfida sin dalla palla a due, trovando da parte di tutto il quintetto titolare canestri e giocate decisive per tenere il naso avanti – senza riuscire mai però a chiudere definitivamente i conti e sbarazzarsi del n°30 Warriors. Curry è una furia, gioca 43 minuti prima di alzare bandiera bianca negli ultimi 120 secondi di quarto periodo quando la partita ormai era definitivamente sfuggita di mano. Il figlio di Dell segna 17 punti nel solo primo quarto, ma nonostante il suo sforzo Golden State si ritrova subito sotto in doppia cifra per la sesta gara consecutiva in questi playoff. Steph va a sedersi qualche istante all'inizio della seconda frazione e gli Warriors continuano a sbandare, ma nell’ultima parte di secondo quarto ai Raptors manca il colpo di coda per mettere all’angolo i bi-campioni in carica. Ne approfitta allora ancora una volta Curry, che chiude in crescendo il primo tempo e mette a referto 25 punti complessivi già prima dell’intervallo lungo (il massimo mai realizzato in un singolo tempo in carriera alle Finals). Nella ripresa a quel punto, nonostante le difficoltà, ti aspetti il ritorno forte degli Warriors e invece arrivano i Raptors, che toccano più volte le 16 lunghezze di vantaggio. Ogni escursione oltre i 15 punti di margine però, coincide con un mini-parziale d’orgoglio marchiato Golden State: Iguodala, Green e anche Cook all’occorrenza trovano il modo di dare una mano a un Curry scatenato che sale a 40 punti in tre quarti (il primo negli ultimi 20 anni alle Finals a condirli con cinque assist e cinque rimbalzi dopo soli 36 minuti di partita). Toronto però, a furia di provarci, riesce nell’impresa di chiudere i conti nell’ultima frazione, trovando grazie a un provvidenziale 17/44 dalla lunga distanza lo slancio che decide il match e condanna Golden State a fare i conti con i limiti di un gruppo che non va oltre i 17 punti di Green e gli 11 di Iguodala - due dei tre Warriors in doppia cifra. Curry combatte, lotta anche in difesa fino alla fine e mette a referto una prestazione personale sontuosa da 47 punti, otto rimbalzi, sette assist e sei triple – cifre mai messe assieme da nessuno in una gara di finale. Tantissima roba, il suo nuovo massimo in carriera ai playoff e alle Finals, ma non abbastanza per evitare il 2-1 in favore dei Raptors.
Toronto, una vittoria merito di tutto il gruppo
I canadesi invece riescono ad approfittare della rotazione rimaneggiata dei bi-campioni in carica, conquistando il primo successo in trasferta in una finale NBA nella storia della franchigia grazie al contributo di tutti, nessuno escluso. Kawhi Leonard è il miglior realizzatore dei Raptors alla sirena con i suoi 30 punti, nonostante un secondo quarto complicato – in cui spesso è apparso disorientato e limitato da una condizione fisica tutt’altro che ottimale - seguito poi da una terza frazione da 15 punti che ha permesso a Toronto di mettere definitivamente la freccia e prendersi un successo fondamentale. Decisive poi nel finale e in tanti momenti cruciali del match le giocate di Kyle Lowry, alla sua miglior partita nella serie: per lui sono 23 punti, nove assist con 8/16 dal campo e cinque triple pesantissime. Una in meno di quelle messe a referto da Danny Green, altro killer silenzioso che nel primo e nel terzo quarto ha spaccato in due la sfida con i suoi canestri dalla lunga distanza. Nei pressi del ferro invece ci hanno pensato prima Marc Gasol – 17, sette rimbalzi, quattro assist e tante sfide vinte contro DeMarcus Cousins – e Pascal Siakam – 18 punti e nove rimbalzi, quasi tutti raccolti in un primo tempo di altissimo livello, e poi Serge Ibaka in uscita dalla panchina (le sue sei stoppate, cinque nel quarto periodo, ben raccontano l’impatto del lungo ex Thunder negli ultimi 12 minuti). Ognuno ha portato il suo mattoncino per la causa, con “l’uomo del destino” Fred VanVleet che ha messo la ciliegina sulla torta. Il n°23 dei Raptors è rimasto sul parquet per tutto il secondo tempo, seguendo Curry come un’ombra in lungo e in largo in difesa e scrivendo la parola fine al match realizzando l’ultima delle tre triple della sua serata in maniera improbabile a meno di due minuti dalla sirena. Quella che manda i titoli di coda a una partita che in pochi avrebbero pronosticato nella sua evoluzione; l’ennesimo colpo di scena in una finale NBA ancora tutta da decidere.