NBA, Gary Payton: Seattle, MJ, il trash talk, i suoi eredi e la prossima squadra campione
L'Hall of Famer che ha legato il suo nome ai Seattle Supersonics (ma poi ha vinto il titolo NBA con Miami) si rivede in due giocatori della NBA di oggi: al sito "Hoops Hype" l'uomo conosciuto con il soprannome di "The Glove" (Il Guanto) regala una lunga chiacchierata tra passato e presente, e si sbilancia anche per il titolo NBA 2020
CHI È GARY PAYTON | Nella Hall of Fame dal 2013, Gary Payton è stato campione NBA nel 2006 con i Miami Heat, miglior difensore della lega dieci anni prima, per nove volte è stato convocato per un All-Star Game e incluso nel primo quintetto difensivo della lega. È quarto all-time nella storia NBA per recuperi (2.445), decimo per assist (8.966) e 38° per punti (21.813). Ha legato il suo nome ai Seattle Supersonics, la cui maglia ha indossato per 12 stagioni e mezzo
IL SUO QUINTETTO BASE DEI TRASH-TALKER | Conosciuto per essere uno dei migliori trash talker di sempre, l’ex Sonics completa il quintetto base con altri 4 nomi eccellenti: “Il trash talk di Reggie Miller era buono, quello di Michael Jordan anche, anche Larry Bird in campo non stava mai zitto e sinceramente non me l’aspettavo: era arrogante, sbruffone, ti diceva che ti avrebbe segnato in faccia e da quale zona del campo lo avrebbe fatto. E poi Kevin Garnett”
LE SFIDE CONTRO MJ | “Lui era il miglior attaccante al mondo, io il miglior difensore”, sgombra subito il campo dagli equivoci Payton. “Erano sfide fantastiche: sapevo di non poterlo fermare – nessuno poteva fermarlo completamente – per cui la mia sfida era di riuscire almeno a contenerlo, tenerlo a 23-24 punti quando di solito ne segnava 35-40 contro tutti. La mia tattica contro di lui era di portarlo lontano dalla sua comfort zone, rendergli ogni tiro difficile e poi cercare di aggredirlo in difesa, segnargli in faccia per far sì che sul possesso successivo volesse a tutti i costi rispondermi con un canestro, e magari farlo forzare una conclusione”
L'EREDE/1: PATRICK BEVERLEY | “Un gran difensore, uno che ormai è conosciuto anche dagli arbitri per il suo stile molto aggressivo contro il proprio avversario. Lo sanno, glielo riconoscono e lo lasciano giocare, esattamente come facevano con me al tempo. Pat deve lavorare ancora sul suo gioco offensivo, in difesa è davvero forte ma in attacco non è al mio livello”
L'EREDE/2: MARCUS SMART | “Come Beverley è un vero ‘cagnaccio’ difensivo, ma a differenza sua ora sta iniziando a essere molto pericoloso anche in attacco, perché tira più di quando faceva una volta e ha cominciato a segnare. Ci sta ancora lavorando, ma è sulla buona strada per diventare un ottimo two-way player”
IL DESTINO DI SEATTLE | “I tifosi dei Sonics si meritano una squadra, così come si meritano di vedere ritirate le maglie dei loro campioni, quelle di Shawn Kemp, di Detlef Schrempf, la mia. Insieme ad altre persone stiamo lavorando per riportare in città la squadra: dal 2021 l’hockey tornerà alla Key Arena e con la vecchia arena rimessa a nuovo si può iniziare a sperare nel ritorno anche della NBA. Noi ci stiamo lavorando, insieme ad Adam Silver, che ci ascolta interessato. Penso che prima o poi il basket NBA tornerà a Seattle”
SEATTLE E IL RUOLO DI JAMAL CRAWFORD | “In pratica Jamal l’ho cresciuto io”, dice Gary Payton come al solito senza falsa modestia. “Ha vissuto anche per un po’ a casa mia, uscito da Michigan, al suo primo anno nella NBA. Oggi è bello vedere tutto quello che fa per la città di Seattle, e per la sua comunità di giocatori: ho capito da subito che era speciale, fin da giovane sapeva ascoltare, fare domande, per cercare di migliorare. Era umile ed è rimasto tale, è bello oggi vederlo comportarsi da veterano e da mentore con tanti giovani, proprio come noi avevamo fatto con lui”
SEATTLE vs. CHICAGO: LA MIA PRIMA FINALE NBA | “Quella versione dei Sonics era una gran squadra, davvero forte, per tutto l’anno: la gente non si ricorda che eravamo stati in grado di vincere 64 partite, quell’anno, e dietro ai grandi Bulls di Michael Jordan, Scottie Pippen e Dennis Rodman – che ne avevano vinte 72 – c’eravamo noi. In finale abbiamo semplicemente incontrato un’altra grande squadra: l’unico rammarico è che abbiamo iniziato a giocare la nostra pallacanestro troppo tardi”
L.A. LAKERS vs. DETROIT: LE MIE SECONDE FINALI NBA | “A inizio anno stavamo giocando davvero bene, poi Karl Malone si è fatto male e abbiano iniziato a faticare. Io ho giocato tutte le 82 partite di quella stagione regolare, ma in tanti invece hanno avuto problemi di infortuni, e avevamo bisogno che altri giocatori si facessero avanti. Con l’arrivo dei playoff abbiamo ritrovato il ritmo giusto, tutto si è messo a funzionare, ma i Detroit Pistons quell’anno erano davvero forti, e sono riusciti a batterci in finale”
MIAMI vs. DALLAS: LE MIE TERZE FINALI NBA | “Una squadra per vincere deve essere unita e deve funzionare al massimo nel momento decisivo della stagione: è quello che è successo a noi a Miami nel 2006, quando finalmente sono riuscito a vincere un anello, e quando – come squadra – siamo riusciti ad aver la meglio su un’ottima edizione dei Dallas Mavericks”
NBA 2019-20 | “Credo che questi Milwaukee Bucks possano vincere il titolo: stanno giocando bene per tutta la stagione, senza pausa, proprio come avevano fatto i miei Sonics nel 1996. Sono una grande squadra”
OAKLAND, CALIFORNIA | Gary Payton è sempre stato orgoglioso di essere un prodotto di Oakland, California, “come Jason Kidd, ma anche come JR Rider, Antonio Davis, anche Paul Silas è cresciuto a Oakland. E oggi c’è Damian Lillard, il nostro erede: ci unisce il fatto di giocare con una voglia di rivincita che abbiamo dentro proprio perché sappiamo da dove veniamo. Quando si parla di pallacanestro, non sempre si parla di Oakland come si parla invece delle grandi città, Los Angeles, New York, Philadelphia: ma fate la conta, abbiamo già due giocatori da Hall of Fame – io e Jason Kidd – e Lillard ci entrerà di sicuro”