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NBA, contratto collettivo: immutato fino a settembre, ma poi Silver non esclude modifiche

NBA

L'accordo quadro che genera la ridistribuzione dei ricavi NBA (51% alla lega, 49% ai giocatori) "non era pensato per fronteggiare una lunga pandemia", dice il commissioner NBA. E allora il panorama potrebbe anche cambiare, ma non prima di settembre 

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La crisi derivata dalla pandemia e il suo impatto sulla NBA: a chiedersi quale sarà quest’ultimo — a partire da una quasi certa riduzione del salary cap — sono in tanti, ma per il momento la lega e l’associazione giocatori hanno deciso di aspettare fino a settembre per valutare meglio le conseguenze di questo lungo periodo di stop al campionato. Tra queste conseguenze — regolarmente prevista dal contratto collettivo nella clausola conosciuta con il nome di “forza maggiore” — c’è anche l’opzione che NBA e NBPA scelgano di terminare il contratto collettivo stesso così come in essere attualmente, per discuterne un altro basato sulle mutate condizioni economiche. L’attuale contratto collettivo (o CBA, come conosciuto negli USA) andrebbe a regolare i rapporti tra la lega e i giocatori fino al termine della stagione 2023-24, con la possibilità però da entrambe le parti di uscire dall’accordo una stagione prima. In virtù delle condizioni eccezionali imposte dalla pandemia in corso, tale possibilità di uscita dall’attuale accordo potrebbe essere impugnata anche immediatamente dalla NBA (ma non oltre l’11 maggio, a due mesi cioè dalla sospensione della stagione), in una mossa che porterebbe poi a ridiscutere ogni dettaglio degli accordi economici in atto con i giocatori e la loro associazione. Per questo, con la scadenza ormai prossima, è arrivato il rinvio a settembre, nella speranza di prendere una decisione migliore in presenza di maggiori informazioni (la stagione potrebbe nel frattempo essere già ripartita, un certo indotto economico potrebbe già essere stato ripristinato, etc.). Ma Silver — secondo un’indiscrezione proveniente da un file audio circolato online — ha avvisato squadre e giocatori che “il contratto collettivo attuale non era stato pensato per fronteggiare una lunga pandemia”, e che la grande incertezza sulle prospettive di business nell’immediato (“non sappiamo se genereremo ricavi per 10 o 6 miliardi di dollari, e c’è una bella differenza”) potrebbe spingere la lega a dover rivedere completamente il contratto collettivo, che attualmente destina il 51% di ogni dollaro incassato alla lega e il 49% ai giocatori. Almeno fino a settembre. Poi si vedrà.