NBA, Sacramento Kings: chi bisogna cedere per fare il salto di qualità?
Dopo il memorabile terzo posto della passata stagione, i Sacramento Kings hanno chiuso la regular season al nono posto, venendo eliminati nel torneo play-in subendo l’ennesima pesante sconfitta contro i New Orleans Pelicans. Per fare il salto di qualità in una conference competitiva come la Western serve un azzardo, ma qual è la mossa giusta da fare?
- Se non ci fosse stata la stagione passata, le 46 vittorie accumulate quest’anno rappresenterebbero la miglior annata dei Kings dalle 50 del 2004-05 e un clamoroso successo per una franchigia che negli ultimi 20 anni ha avuto ben poco da festeggiare. Invece comprensibilmente la stagione appena conclusa ha lasciato l’amaro in bocca, specialmente dopo la cocente eliminazione al torneo play-in per mano dei Pelicans senza Zion Williamson, vera bestia nera dell’annata (sei incontri, tutti persi)
- Tecnicamente i Kings di quest’anno hanno vinto solo due partite in meno rispetto alla stagione passata, eppure sono crollati dal terzo al nono posto in una Western Conference drasticamente più competitiva attorno a loro. L’attacco è passato dall’essere il migliore della lega a solamente mediocre (14°), e il miglioramento in difesa (da 25° a 18°) non ha sopperito al peggioramento nella metà campo offensiva, raccogliendo più vittorie rispetto a quanto il loro differenziale su 100 possessi avrebbe suggerito (43 successi)
- Dopo un inizio da 4 sconfitte nelle prime sei gare, i Kings sono riusciti a portarsi sopra il 50% di vittorie grazie a una striscia di sei successi in fila, tra cui due validi per l’In-Season Tournament cominciato con un record di 4-0 nel girone. Da lì in poi però solo una volta hanno vinto più di tre gare consecutivamente, pur riuscendo a mantenersi sempre sopra la linea di galleggiamento. Bonus: le 4 vittorie contro gli odiati Lakers, sempre apprezzate dalla tifoseria
- Le sei sconfitte stagionali subite per mano dei Pelicans non sono pesanti solo di loro, ma anche per il contesto in cui sono arrivate. Quella di dicembre infatti è coincisa con l’eliminazione dal torneo di metà stagione ai quarti di finale, mentre l’ultima al Play-In ha messo fine alla loro stagione senza appello. Pesanti anche alcuni ko subiti in casa, tra cui uno da parte dei Dallas Mavericks facendosi “prendere in giro” da Luka Doncic con Vlade Divac in prima fila, per girare il coltello nella piaga del Draft 2018
- Già reduce dalla miglior stagione in carriera lo scorso anno, De’Aaron Fox è andato anche meglio quantomeno a livello di cifre, toccando il massimo in carriera per punti (26.6), rimbalzi (4.6), recuperi (2) e percentuali da tre (37%). Anche se non sarà parte dei quintetti ideali della stagione, in estate potrà ridiscutere il suo accordo con la franchigia e molto probabilmente riceverà un’estensione di contratto
- Difficile contestare una macchina di efficienza come Domantas Sabonis, che ha inanellato la bellezza di 77 doppie doppie (di cui 61 in fila, nuovo record in epoca moderna) e 26 triple doppie (numero 1 in NBA) su 82 partite disputate, mantenendo 19.4 punti, 13.7 rimbalzi (numero 1 della lega) e 8.2 assist (settimo) a partita. I suoi difetti sono chiari ed evidenti, eppure entrando nel prime della sua carriera conviene più aggirarli che toglierseli
- Uno dei motivi per cui i Kings non hanno attaccato come lo scorso anno è stato il drastico calo di rendimento di Kevin Huerter, che fino allo scorso anno era uno dei punti di forza della squadra (oltre 15 punti di media con il 60% effettivo) mentre quest’anno è sceso a livello di qualità di gioco e pericolosità (poco più di 10 punti a partita con il 55% effettivo, tra cui un 36.1% da tre che rappresenta il peggior della carriera). Il grave infortunio alla spalla subito a marzo lo costringerà ad un’estate di riabilitazione
- A una prima occhiata le cifre di Keegan Murray sembrano in miglioramento, ad esempio passando da 14.8 a 16.3 punti segnati su 36 minuti, ma è nel calo della pericolosità perimetrale (dal 41.1% al 36% scarso da tre) che si nota l’aspetto più preoccupante del suo sviluppo. Diciamo che Murray è migliorato, ma non al livello richiesto dai Kings per diventare stabilmente la terza opzione della squadra e far fare il salto di qualità a tutta la franchigia
- I Kings hanno una situazione salariale stabile, visto che l’unico giocatore veramente importante da rinnovare è Malik Monk. I Kings possono però al massimo offrire un quadriennale da 78 milioni complessivi, e potrebbero non essere abbastanza per un giocatore che quest’anno ha sfiorato il premio di Sesto Uomo dell’Anno. Dovessero riuscire a confermarlo finirebbero con ogni probabilità in luxury tax per la prima volta dal 2003-04, ma vale farlo per una squadra arrivata nona in classifica?
- Dalla conferma o dalla sostituzione di Monk passeranno molti dei destini dei Kings, con il GM Monte McNair chiamato a trovare il modo per far fare alla squadra il salto di qualità necessario. I Kings hanno diversi contratti scambiabili e, sopratutto, fino a quattro prime scelte al Draft da inserire in uno scambio per andare all-in. Questa potrebbe essere l’ultima stagione giusta per farlo, anche a costo di sacrifici importanti
- Nella delusione generalizzata, se non altro i Kings sono riusciti a tenere la scelta al Draft, che partirà alla numero 13 alla prossima Lottery e avrà il 3.8% di finire in top-4 e lo 0.8% di chance di essere la numero 1. Al secondo giro i Kings hanno anche la numero 45 con cui poter scegliere
- A meno che non salgano in Lottery, è molto probabile che questa scelta venga inserita dai Kings all’interno di uno scambio più ampio per raggiungere un giocatore pronto a dare un contributo subito, visto che Fox e Sabonis entrano adesso negli anni migliori della loro carriera. Le necessità sarebbero quella di aggiungere difesa perimetrale (specialmente sul punto di attacco) e sotto canestro (intesa come protezione del ferro)