NBA, Miami in vetta a Est: la tradizione dei rimpiazzi che diventano protagonisti
Nella conference dei Bucks campioni in carica e dei Nets dei "Big Three", ritrovare Miami in vetta (o appena sotto) alla classifica ha sorpreso molti. Nonostante le lunghe assenze dal parquet delle proprie superstar (Jimmy Butler e Bam Adebayo), il merito è di quei giocatori di secondo piano bravissimi ad approfittare della loro grande occasione. E da sempre nessuna franchigia NBA valorizza questi "diamanti nella sabbia" come gli Heat di Pat Riley e Erik Spoelstra
di MASSIMO MARIANELLA
"HEAT CULTURE": COSA VUOL DIRE | Una certa durezza, costruita sulla difesa. Una dedizione che trova espressione in una preparazione fisica di livello mondiale. In aggiunta però c’è un’altra componente che ha reso negli anni gli Heat ancora più forti: saper vedere e sviluppare il talento e la volontà di arrivare in giocatori a volte snobbati troppo frettolosamente dal mondo NBA
COSA DICE SPOELSTRA | Una componente che coach Spoelstra sottolinea con orgoglio: "Abbiamo sempre creduto nel nostro sistema, che ci ha portato a sviluppare giocatori cambiando anche la traiettoria delle loro carriere. La dimostrazione che mettendo lavoro e sudore con continuità sul parquet tutto è possibile, anche per giocatori che non sono usciti dal Draft”.
DIAMANTI NELLA SABBIA | Gente che si è prima conquistata il rispetto nello spogliatoio e poi un posto in squadra e un percorso nella Lega. Giocatori che quando l’opportunità ha bussato alla porta si sono fatti trovare pronti e hanno stupito. Quest’anno forse la conferma più evidente, con i tanti infortuni e le assenze forzate legate al Covid che hanno regalato opportunità insperate ai vari Gabe Vincent, Max Strus e altri ancora, ultime espressioni di una tradizione che a Miami affonda le radici nel passato. A partire da questi giocatori...
KEITH ASKINS | Uscito da Alabama nel 1990 senza nessuna chiamata nel Draft fu invitato al training camp da Miami. L’uomo rigorosamente col papillon fuori dal campo si trasformava nel più classico e dei più utili "blue collar" sul parquet. Tutta la carriera l’ha passata con la maglia degli Heat con quasi 500 partite disputate (di cui 80 in quintetto), prima di diventare assistente allenatore per 14 anni. Ovviamente a Miami
ISAAC AUSTIN | Lui fu scelto in realtà al secondo giro del Draft 1991 dagli Utah Jazz, ma a Salt Lake City fu solo un’opportunità non colta. Un caffè a Philadelphia, ma soprattutto tanta CBA ed Europa, tra Francia e Turchia
Tutto questo prima che gli Heat trasformassero per sempre i suoi chili in muscoli e soprattutto in tanta energia sotto canestro. Due anni straordinari a Miami con il premio di giocatore più migliorato vinto nel 1997, al termine della sua miglior stagione da professionista (13.5 punti e 7.1 rimbalzi di media)
BRUCE BOWEN | Uscito da Cal State Fullerton (periferia di Anaheim) ad attenderlo non ha trovato nessun contratto NBA. Solo un’altalena tra Francia (Le Havre, Evreux, Basancon) e CBA (Fort Wayne Fury e Rockfort Lightning) finche di lui si accorgono gli Heat. Lo portano in Florida, lo fanno esordire nella NBA e soprattutto gli inculcano la mentalità difensiva che farà innamorare coach Gregg Popovich a San Antonio
In Texas Bowen vince 3 titoli NBA e per 5 volte viene inserito nei migliori quintetti difensivi della lega. La sua maglia numero 12 degli Spurs è appesa all’AT&T Center di San Antonio e nessuno potrà più indossarla
VOSHON LENARD | Inizi confusi con la NBA che appare e scompare sul suo radar come un flash. Guardia dalla University of Minnesota dichiaratosi al Draft dopo l’anno da junior, fu scelto da Milwaukee ma in assenza di garanzie dai Bucks scelse di tornare al college per la stagione da senior. Quando tornò a bussare alle porte dei pro trovò però la porta sbarrata, dovendosi accontentare di ripartire dalla CBA. Fu qui (agli Oklahoma City Calvarly) che andarono a scoprirlo gli Heat
Cinque anni fantastici per lui a South Beach, con pochissime parole (intervistarlo un'impresa titanica..) e tantissimi fatti. Difesa e tiro da tre che gli hanno garantito altre tre maglie nella lega (Nuggets, Raptors e Trail Blazers), un trofeo di campione della gara da tre punti all’All-Star Game del 2004 e una media in carriera NBA di 11.9 punti a sera
UDONIS HASLEM | "Mister 305" (dal prefissi cittadino). Il capitano, il collante di quasi tre generazioni di Heat, uscito dal college di Florida nel 2002 con un bagaglio di chili di troppo e nessuna chiamata al Draft, UD è ripartito con destinazione l'Europa. Ha preferito la Francia a un timido interessamento della nostra A2 (da parte di Ragusa e Scafati). Una stagione neanche troppo esaltante nell’Elan Chalon con un decimo posto in campionato e qualche apparizione in Uleb Cup
Poi nell'estate viene convocato al training camp degli Heat, la squadra della sua città. La sua voglia e l’istinto di Pat Riley gli assicurano una chance. L'obbligatoria preparazione fisica "made in Miami" gli toglie i chili (tanti) di troppo e lo portano a vincere 3 anelli da protagonista, oltre che a diventare il secondo nella storia della franchigia dopo Dwyane Wade per partite giocate e il primo per rimbalzi catturati
TYLER JOHNSON | Look eternamente scompigliato, ma tanto ordine e un apporto tangibile in campo. Altro giocatore non scelto nel Draft del 2014, che ha iniziato nella filiale G League degli Heat (gli SkyForce, a Sioux Falls) prima di salire al piano superiore. I valori militari imparati dalla mamma - spesso sugli spalti dell’AAArena a fare il tifo per lui con la propria divisa dell’Aeronautica - li ha portati in campo
Dinamo inesauribile, buon difensore e il 36% da tre in carriera hanno "costretto" gli Heat a pareggiare un’offerta da 50 milioni di dollari metta sul piatto dai Nets. Cinque stagioni a Miami, poi per lui Phoenix, Brooklyn e ora i Sixers
DUNCAN ROBINSON | Dal Williams College Ephs nella Division III NCAA alla NBA - via Michigan University - grazie al fiuto degli Heat, che hanno creduto e incoraggiato le sue qualità nel tiro dalla distanza, arma sempre più importante nella pallacanestro NBA del terzo millennio
Doti che - alla luce di una seconda stagione NBA chiusa con il 44.6% dall'arco e un viaggio in finale NBA - gli hanno fruttato un contratto da 90 milioni di dollari. Coach Spo lo ha definito “uno dei migliori tiratori del pianeta” dopo averlo visto nella Summer League del 2018 e non ha mai cambiato idea
GABE VINCENT | Sembrava destinato una realtà totalmente californiana. Nato a Modesto, liceo a Stockton e college a Santa Barbara. Proprio una franchigia californiana lo ha però snobbato tra i pro, i Kings. Un decadale a Sacramento e poi subito il taglio e la retrocessione in G-League, ancora in California (a Stockton)
Lì lo hanno visto gli scout dei Miami Heat, che subito gli hanno offerto un two-way contract. Pochissimi match con gli SkyForce e tanti con gli Heat, di cui oggi è di fatto un titolare e grazie ai quali si è guadagnato addirittura un viaggio alle Olimpiadi di Tokyo, con la maglia della Nigeria (vanno rintracciate tra i suoi genitori le origine africane)
MAX STRUS | Nonostante un biennio da ricordare alla DePaul University a soli 5 punti del record realizzativo in una stagione stabilito da Mark Aguirre, nessuno lo ha mai scelto in NBA, e i Chicago Bulls gli hanno fatto giocare solo 2 partite prima di spedirlo in G-League con i loro Windy City.
A novembre di poco più di un anno fa gli Heat lo hanno invitato al loro training camp. Quest'anno, sfruttando le assenze, è partito spesso in quintetto, viaggia sopra gli 11 punti a partita con anche un massimo in carriera di 32 punti in 34 minuti realizzato a Orlando, serata chiusa con un superbo 8/11 da tre punti