Superlega e Uefa, cosa succede ora? Gli scenari

caso superlega
Luca Marchetti

Luca Marchetti

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha stabilito che il monopolio di Uefa e Fifa  viola le norme comunitarie e che entrambi non possono imporre sanzioni ai club che dovessero decidere di partecipare a competizioni alternative. Una sentenza che rivoluzionerà il calcio, proviamo a capire come...

SUPERLEGA-UEFA, IL GIORNO DOPO LA SENTENZA: LE NEWS LIVE

E’ una sentenza che può cambiare il volto calcio, almeno per come lo conosciamo oggi. Non subito, non nell’immediato e soprattutto in modalità che oggi non è possibile ancora prevedere. Ma Fifa e Uefa non potranno impedire la creazione di nuove competizioni: di fatto c’è un abuso di posizione dominante sul mercato e così facendo limitano la concorrenza. La Corte di Giustizia Europea lo dice senza fare troppi giri di parole, pur non pronunciandosi direttamente sul progetto della Superlega.

La possibilità che si potesse arrivare a questa conclusione c’era. Ma era vista da una gran parte del mondo del calcio come un’ipotesi improbabile. Improbabile perché avrebbe messo in discussione tutto l’impianto su cui - finora - si era retto il mondo del calcio. Questa sentenza ribalta completamente i punti di vista. Non sappiamo ora cosa può succedere, le variabili sono troppe e molte sono ancora sotto traccia, non emerse. Come la reale posizione dei club che facevano parte del primo progetto Superlega. Ma dalla notte di quel 19 aprile, quando il piano venne svelato in fretta e furia, quasi di nascosto, sembra passato un secolo.

approfondimento

Nascita, morte e resurrezione della Superlega

Allora fu insurrezione popolare: nel giro di 48 ore il progetto si sgonfiò, le squadre (a partire dalle inglesi) cominciarono a sfliarsi, fino a rimanere 3 soltanto (Juventus, Real Madrid e Barcellona) e poi soltanto due: le spagnole. La battaglia della Uefa fu fatta sotto lo slogan “il calcio è del popolo”, ma era evidente sin da subito che era una questione di soldi e di potere.

Follow the money: è da sempre uno dei metodi investigativi più efficaci. E anche in questa vicenda basta seguire il flusso dei soldi per capire le posizioni di partenza delle due parti in causa. Con un acceleratore della questione: la crisi finanziaria ed economica mondiale, acuita dal Covid negli anni passati. Le società, soprattutto le grandi società, hanno bisogno di aumentare i ricavi. Sanno (e lo dicono senza neanche la necessità di nascondersi troppo) che i grandi incassi e i grandi ascolti li fanno le grandi sfide e i grandi campioni. Per cui pretendono delle riforme e soprattutto delle ridistribuzioni dei ricavi. Le soluzioni studiate dalla Uefa (in primis) vanno verso quella direzione, ma non accontentano i club. Non tutti. E’ così che inizia lo strappo. Una parte accusa l’altra di voler tenere per sé poter e profitto.

E infatti nella prima versione della Superlega, i soldi a disposizione per i 20 club (15 a fissi e 5 a invito) erano una valanga: fino a 240 milioni di euro (per club) per un totale di 4 miliardi di euro. La Superlega pagò soprattutto questo, a livello mediatico: il calcio dei ricchi, nessuna meritocrazia, l’elite dell’elite. Oggi sembra essersi ribaltato il punto di vista: quelli che ieri sembravano gli avvoltoi oggi sono i vessati, dal prepotente di turno, che non permette iniziative diverse. L’A22, la società che ora cura gli interessi e la comunicazione della Superlega parla di giorno epocale, di calcio libero. La Superlega oggi vuole vestire i panni di Robin Hood o se vogliamo essere più moderni quelli de “Il Professore” della Casa di Carta. Saranno direttamente i club (e quindi i tifosi) a gestire le competizioni: nessun intermediario, soltanto noi.

Da domani in poi si scopriranno ulteriormente le carte. La formula della ipotetica Superlega era già cambiata: più spazio alla meritocrazia, via quell’aria da padroni del calcio. Vedremo, nei prossimi mesi, se ci sarà spazio per un dialogo oppure se si andrà verso la scissione. C’è già una proposta pronta, spiegata nel dettaglio, con 64 squadre coinvolte e minimi garantiti.

approfondimento

A22 presenta il suo progetto di nuova Superlega

La Uefa mantiene la sua linea: “Conquistalo sul campo”. A fianco della base, pur essendo stata indicata come il “padrone”. E proprio di questo si tratta: un potenziale cambio alla guida. Che sarà inevitabile. Le istituzioni (Uefa e Fifa) hanno subito sottolineato come tutti i cambiamenti nell’organizzazione e nella gestione del mondo calcistico siano stati fatti in concerto proprio con i club (e con tutte le associazioni nazionali, tifosi, giocatori e governi) e insistono anche sul concetto di solidarietà. Sottolineando che proprio questo tipo di struttura ha permesso al calcio di evolversi fino a questo punto, senza dimenticare la base.  Ma evidentemente non basta a tutti. E a fronte di ricavi (distribuiti in maniera diversa?) sarà inevitabile come minimo il confronto. Si va dalla creazione di due competizioni differenti, magari parallele o addirittura contrapposte, a una integrazione, una sintesi. Si dovranno valutare le (eventuali) ricadute sui campionati nazionali, si dovranno valutare i calendari (già saturi), si dovranno valutare le ricadute economiche dell’indotto, magari il cambio anche di alcune logiche che oggi ci sembrano scolpite nella pietra. Ma soprattutto l’Uefa può contare su un format che si sta già evolvendo (come dimostra la nuova Champions League, con più partite e più sfide tra top club) e un percorso già avviato con l’ECA, l’associazione dei Club europei guidata da Nasser Al-Khelaifi, presidente del Paris Saint Germain.

Le rivoluzioni, storicamente, sono sempre state portate avanti dalla borghesia e dall’aristocrazia, con il popolo spettatore. Non tutte le rivoluzioni sono poi riuscite. Ma hanno sempre portato un cambiamento, più o meno profondo. Anche oggi siamo di fronte a un cambiamento che in questo momento non è prevedibile nelle proporzioni, neanche a livello geografico vista la grande spinta che sta arrivando proprio in questo periodo dall’Arabia. Valutarlo nell’immediato è impossibile, e probabilmente la risposta non sta – o non soltanto – nel modello di Superlega rilanciato oggi da A22.