Nessuno difende come l'Atletico Madrid

Europa League

Federico Principi

AtleArsCOPE

L'Atletico di Simeone ha costretto l'Arsenal a giocare una partita complicata e con una grande difesa e un gol di Diego Costa ha conquistato la quinta finale europea in nove anni

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Spesso nel calcio si attribuisce una precisa identità a tutte quelle squadre dalle fasi offensive estremamente organizzate e codificate, mentre si parla di calcio speculativo in presenza di una squadra che preferisce un calcio reattivo. Nel caso dell'Atletico Madrid questa biforcazione non vale: da anni ai “colchoneros” viene riconosciuta un’identità tra le più definite, che emerge soprattutto nelle partite di alto livello in Europa. Non sarebbe giusto però parlare di identità difensiva: l'Atletico organizza le fasi di non possesso in funzione di quelle offensive, e viceversa. Tuttavia riesce a creare un paradosso: se di solito è la squadra che gioca più spesso senza palla a doversi adattare all'avversario che beneficia del possesso, come ad esempio avviene nelle squadre camaleontiche di Allegri, i meccanismi difensivi dell'Atletico sono talmente ferrati nella mente e nel corpo dei giocatori che, una volta innescati e perfettamente funzionanti, sono viceversa loro stessi a costringere la squadra avversaria a cercare vie differenti per trovare attacchi efficaci. L'Arsenal - costretto a segnare almeno un gol dopo l'1-1 dell'andata all'Emirates - è uscito sconfitto dal doppio confronto in semifinale di Europa League, e dalla partita di ritorno di ieri in particolare, proprio per questo motivo.

L'adattamento forzato dell'Arsenal

Da quando è passato dal 3-4-3 alla difesa a 4, l'Arsenal si è caratterizzato principalmente per due idee di gioco, tra di loro complementari: la volontà di consolidare il possesso per permettere ai terzini di alzarsi altissimi, e conseguentemente dare la possibilità agli esterni o alle mezzali (a seconda del modulo adottato) di posizionarsi tra le linee avversarie e nei mezzi spazi, per favorire il fraseggio nella trequarti sfruttando le grandi abilità tecniche nello stretto dei suoi giocatori.

Questo piano, perfettamente riuscito contro il Milan soprattutto all'andata, è andato invece a sbattere contro l'Atletico. Anche se a differenza della sfida contro i rossoneri l'Arsenal si è schierato stavolta con il 4-3-3 anziché con il 4-2-3-1, sono stati soprattutto alcuni piccoli accorgimenti di Wenger a mostrare quanto l'Arsenal abbia dovuto adattarsi alla forza difensiva dell'Atletico, pur mantenendo i propri princìpi di fondo.

Nella partita di ritorno contro il Milan, schierato come l'Atletico con il 4-4-2, i Gunners avevano ricercato molto spesso l'isolamento in uno-contro-uno di Mkhitaryan con Borini, ritenuto l'anello debole della difesa rossonera. Conoscendo invece le grandi abilità difensive di tutti gli uomini arretrati dei “colchoneros”, Wenger ha presto capito che l'organizzazione delle due linee dell'Atletico avrebbe lasciato pochissimi spazi al centro, grazie alla precisione delle scalate dei mediani.

Partito con un teorico 4-3-3, l'Arsenal ha deciso quindi di giocarsela sulle fasce laterali: alla fine della partita saranno 21 i cross dei “gunners”, contro i 12 dell'Atletico. Il 4-3-3 era teorico perché, come all'andata, Wenger ha lasciato a tutti i suoi giocatori ampia libertà di svariare, con l'unico dettame rigido della generale ricerca del terzino per il cross. Ecco che, allora, Welbeck - teoricamente partito come esterno sinistro - a possesso consolidato si andava spesso ad affiancare a Lacazette per duellare sui cross contro i due centrali dell'Atletico, Godin e Gimenez. Mentre Özil - che in assenza di Mkhitaryan avrebbe dovuto essere il vero apriscatole dell'Arsenal - occupava spesso una posizione ibrida tra il centro della trequarti e il mezzo spazio sinistro, in sostituzione di Welbeck, pur essendo nominalmente l'ala destra: Özil, dopo Monreal, è stato il giocatore ad aver effettuato più cross (5, molti dei quali da sinistra), alla pari del terzino destro Bellerin, e ha così permesso all'Arsenal di attaccare molto più spesso dal lato mancino che a destra (47% contro 28%).

All’insufficiente riuscita del piano tattico dell'Arsenal, oltre che la grande forza difensiva del suo avversario, ha probabilmente contribuito la scarsa propensione a formare catene laterali fluide, che con il 4-3-3 sarebbero state sicuramente favorite. Soltanto Ramsey, un paio di volte, si è proposto con un taglio esterno che avrebbe dovuto provare a scombinare lo schieramento difensivo dei colchoneros. L'eccessiva tendenza delle mezzali ad occupare i corridoi centrali (nelle posizioni medie sia Ramsey che Wilshere sono praticamente appaiati al centro) ha favorito la fase difensiva dell'Atletico e non ha migliorato il fraseggio di cui l'Arsenal avrebbe dovuto necessariamente disporre, e che forse ha interiorizzato fin troppo senza riuscire ad apportare aggiustamenti necessari per sfruttare fino in fondo l'ampiezza concessa dai “colchoneros”.

La pass map di Wyscout dell'Arsenal, dove si vede la congestione al centro: le mezzali (Wilshere e Ramsey) appaiate al centro, con Özil praticamente trequartista e non esterno destro. Qui Welbeck occupa una posizione più o meno coincidente a quella nominalmente affidatagli, ma una volta arrivati i Gunners al cross l'attaccante inglese si andava ad affiancare molto spesso a Lacazette per aumentare il peso dell'attacco in area di rigore.

A fine partita i Gunners hanno totalizzato il 55% di possesso palla: troppo poco viste sia le caratteristiche delle due squadre, che soprattutto la perenne esigenza di recuperare il punteggio. Ma soprattutto l'Arsenal ha messo insieme solo l'81% di passaggi riusciti, contro il 79% dell'Atletico che utilizza molto più spesso lanci lunghi e passaggi verticali. Al di là di alcuni episodi sfortunati, è evidente che l'Arsenal abbia avuto delle difficoltà strutturali ad affrontare l'intero schieramento difensivo dell'Atletico.

La grande prova dell'Atletico

Oltre ad aver sporcato il gioco dell’Arsenal, l'Atletico ha avuto il grande pregio di concedere appena 0.4 xG agli avversari. Una miseria, specie se rapportata al possesso palla sfavorevole e soprattutto al dominio territoriale che gli uomini di Wenger hanno esercitato soprattutto per buona parte del secondo tempo. Un risultato eccellente per l'Atletico che certifica definitivamente la sua qualità difensiva.

I “colchoneros” non sono solo stati capaci di difendere bene in trincea dentro la propria area di rigore, caratteristica che in passato ha fatto impazzire squadre più blasonate e dotate tecnicamente di questo Arsenal. Ma soprattutto hanno attuato un piano funzionante a tutto campo, a partire dal pressing che ha evidenziato le non perfette capacità di resistenza alla pressione degli uomini della costruzione bassa dell'Arsenal.

Quando le due punte (Griezmann e Diego Costa) salivano in pressione sui due centrali dell’Arsenal, un centrocampista centrale (Gabi o Saul) si staccava prontamente per aggredire il mediano avversario, Xhaka. Viceversa, quando l'Atletico si abbassava, Griezmann si orientava su Xhaka mentre i centrocampisti erano capaci di offrire sempre prontissime scalate sugli uomini della loro rispettiva zona, non soffrendo la grande libertà posizionale concessa da Wenger ai suoi giocatori, Özil in particolare. In ogni caso le folate di pressing ben organizzato hanno permesso all'Atletico di recuperare comunque più palloni sul terzo di campo offensivo che in quello difensivo: 40.3% contro 36.1%.

Nonostante il 4-4-2 sia teoricamente uno degli schieramenti peggiori per coprire gli spazi tra le linee - che di solito sono ben sfruttati dall'Arsenal - la compattezza centrale e la prontezza delle scalate degli uomini dell'Atletico ha reso molto difficile per i “gunners” passare per il centro. Veniva concesso molto spazio inizialmente sulle fasce laterali, anche sul lato debole rispetto alla palla, ma l'Atletico confidava nella sua capacità di scorrere velocemente in orizzontale. Non aveva paura a concedere cambi gioco che non destabilizzavano più di tanto la struttura delle due linee difensive.

Il piano generale del 4-4-2 dell'Atletico e i suoi effetti: innanzitutto il grande spazio in ampiezza concesso ai terzini, Bellerin e Monreal; poi, le scalate sugli uomini (qui di Saul su Ramsey, mentre Gabi controlla Özil) che, se effettuate eventualmente con uno scorrimento laterale, avrebbero lasciato molto spazio sul lato debole (qui viene concesso a Wilshere perché Koke fa la diagonale e tiene la linea).

Per neutralizzare o condizionare tutti i cross dell'Arsenal, i “colchoneros” hanno beneficiato del posizionamento sempre perfetto a zona sul lato corto dell'area piccola del difensore centrale del lato palla. Questa situazione si è resa necessaria per prevenire che il pallone passasse in zone estremamente pericolose, creando potenziali duelli aerei. Nonostante la loro proverbiale forza sulle palle alte, Godin e Gimenez hanno rispettivamente vinto soltanto 6 duelli aerei su 10 (il capitano) e 3 su 5 (il suo compagno di reparto), il 60% per entrambi. In altri casi per contrastare l'attacco in ampiezza dell’Arsenal, l'Atletico faceva scivolare gli esterni di centrocampo sulla linea difensiva: tante situazioni che dimostrano come il lavoro di Simeone su tutti i meccanismi difensivi sia assolutamente fuori dall'ordinario.

Alla fine l'Atletico, per lunghi tratti della partita, si è perfino concesso di dominare il possesso, in particolare nei minuti finali, per far passare il tempo e impedire all'Arsenal di rendersi pericoloso. In questo senso è stato fondamentale il solito lavoro di Diego Costa, capace di caricarsi tutta la squadra sulle proprie spalle come ai vecchi tempi. Ma anche i continui accentramenti di Koke (che partiva in teoria come esterno destro), favoriti dalla capacità atletica di Thomas Partey di coprire tutta la fascia destra, hanno permesso di riciclare continuamente palloni sfruttando la vicinanza con Griezmann e Saul. Tutto questo dimostra come Simeone lavori sulla sua struttura posizionale anche in fase offensiva, e non solo in quella difensiva.

La pass map di Wyscout questa volta dell'Atletico: Koke ha una posizione media più centrale di quella di Gabi ed è molto forte la sua interazione sia con Griezmann che con Saul, un triangolo che in più occasioni ha messo in difficoltà l'Arsenal nel recupero palla.

La partita è stata decisa da un grave errore durante il recupero del primo tempo di Bellerin, che sul lato debole non ha fatto la diagonale e non ha tenuto la linea in una situazione aperta, dove la difesa aveva effettuato uno scorrimento verso sinistra per contrastare Griezmann. La precisione del filtrante del francese e la forza e la determinazione nell'inserimento di Diego Costa hanno sancito l'1-0 per i “colchoneros”, ma la sensazione è che, anche senza quel gol, l'Atletico avrebbe comunque probabilmente evitato di concedere quel gol di cui l'Arsenal aveva necessariamente bisogno, partendo dall'1-1 dell'Emirates dell'andata.

Ora l’Atletico si giocherà la quinta finale europea consecutiva negli anni pari, l'ottava nella loro storia nelle coppe europee (escludendo le due Supercoppe del 2010 e del 2012). La maledizione che li ha sempre colpiti tra Coppa dei Campioni e Champions League non si è invece abbattuta in Europa League, dove l'Atletico ha fatto centro due volte in altrettante finali, e questa volta contro l'Olympique Marsiglia gli uomini di Simeone partiranno favoriti.