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Europei 2000, la storia dell'11^ edizione vinta dalla Francia

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Vanni Spinella

Nell’edizione del “cucchiaio” di Totti a Van der Sar e delle parate di San Francesco Toldo, l’Italia arriva a pochi secondi dal trionfo, beffata da Wiltord al 94’ e punita poi dal golden gol di Trezeguet. Dopo il Mondiale del ’98, la Francia fa suo anche l’Europeo. In Italia, intanto, Berlusconi “sfiducia” Zoff, accusandolo di non aver fatto marcare Zidane

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L’istante esatto in cui l’Italia perde l’Europeo del 2000 non è il golden gol di Trezeguet. Certo, tutti ricordiamo la gamba di David – non ancora “Re”: aveva appena 22 anni - che si muove come un pendolo e scarica in rete l’assist di Pires, raggelandoci il cuore. È nella natura del golden gol, fulminarti all’improvviso – nel bene o nel male, dipende da che parte stai -, e fulminante come poche fu quella conclusione. Ma in fondo, ammettiamolo, ci arrivammo un po’ preparati. Il vero golden gol l’avevamo già incassato, al 94’, il quarto minuto di recupero di una finale che stavamo conducendo per 1-0 dal 55’. Il vero golden gol fu quello di Wiltord: la rete di Trezeguet arrivò come una naturale conseguenza, ché da una mazzata del genere è quasi impossibile riprendersi. Il minuto 94 è quello in cui i giornalisti presenti al de Kuip di Rotterdam iniziano a immaginare titoli, attacchi dei pezzi e prime pagine. Qualcuno persino pronto a recitare un mea culpa per non aver creduto fin dall’inizio in quella Nazionale assemblata da Dino Zoff e condotta in finale alla sua maniera: in silenzio, lavorando a testa bassa, qualche flash per i fotografi in un mare di concretezza, e la semifinale con l’Olanda ne è un chiaro esempio. Ma è anche il minuto in cui la panchina azzurra inizia ad andare in fermento, si scandiscono insieme i secondi che restano – forse persino Zoff – si attende il triplice fischio tutti abbracciati. Finché Barthez…

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Tre condizioni per il gol di Wiltord

Finché Barthez, quello che fin dal 1998 si fa baciare la pelata da Blanc prima di ogni partita, ci dimostra che bisogna sempre crederci, soprattutto nei riti e nelle superstizioni. Il suo rilancio profondo verso il limite dell’area è una preghiera a Dieu, raccolta dalla testa di Trezeguet che prolunga. Ora: affinché si trasformi in gol un lancione di Barthez verso la difesa schierata dell’Italia (che in sei partite – siamo al 94’ quindi possiamo contarne già 6 – ha subìto solo 2 gol, entrambi nel girone, e zero tra quarti, semifinale e, diciamolo, finale), dicevamo, affinché quella preghiera si trasformi in gol occorre che si verifichino diverse condizioni, e tutte assieme. La prima, che Mark Iuliano venga anticipato di testa sul suddetto rilancio. Ed è ciò che accade: Trezeguet salta meglio del suo prossimo compagno (la Juve ha chiuso col francese pochi giorni prima) e prolunga verso l’area. La seconda: che Fabio Cannavaro in seconda battuta buchi o sbagli l’intervento. E succede anche questo: il primo errore nel torneo di Cannavaro cade al 94’ della finale, con un goffo colpo di testa che anziché allontanare la palla finisce per aggiustarla alle sue spalle sul petto di Wiltord, che se la sistema per la battuta. La terza: che San Francesco Toldo, il pararigori eroe della semifinale con l’Olanda, sbagli su un tiro tutt’altro che irresistibile. E, indovinate un po’?, è quel che succede. Il diagonale sinistro di Wiltord prima passa tra le gambe di Nesta e poi sotto alla manona fino a quel momento benedetta di Toldone, che inspiegabilmente cerca di andarci abbassandosi e disegnando una sorta di arcobaleno col corpo, quando forse aprire il piedone sarebbe stata la soluzione meno elegante ma più concreta e dunque vincente. Ma a quel punto, ormai, era tutto già scritto. Anche il finale al 103’.

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Ancora una staffetta (e le scelte di Zoff)

Sì, perché il “secondo” golden gol, quello di Trezeguet, è come già detto solo un’appendice, la firma su una condanna già scritta. Che sia così non ce lo stiamo immaginando, lo confermerà anni dopo in un’intervista lo stesso Marco Delvecchio, l’autore del gol del vantaggio dell’Italia (il suo primo con la Nazionale!), nonché uno di quelli “in attesa di”, abbracciati in panchina, sostituito all’86° dopo essere partito titolare (ci torneremo): “Eravamo in piedi, abbracciati, e poi è arrivato quel gol di Wiltord che ci ha uccisi. In quel momento abbiamo semplicemente capito di aver perso. Quando ha pareggiato non avevamo più niente nelle gambe, ci aspettavamo solo la sconfitta da un momento all’altro”. Pensate che l’Italia, sull'1-0, aveva avuto anche un paio di match point, entrambi sul piede di Del Piero, ma quello per Pinturicchio non è un torneo fortunato, iniziato con l’ennesima manfrina tutta italiana della staffetta: Totti o Del Piero?, questa volta. In questo caso, però, a Zoff non si può rimproverare nulla (c’è chi lo farà: torneremo anche su questo): Totti era nettamente più in forma e giocava con una spensieratezza che basta la follia del cucchiaio su rigore a Van der Sar a spiegarla. Anche l’undici di partenza della finale è impeccabile. Se il Ct francese Lemerre la vince con i cambi (nella Francia subentrano nell’ordine: Wiltord, autore del golden gol/1, Trezeguet, autore del golden gol/2, Pires, autore dell’assist per Trezeguet), Zoff all’inizio non sbaglia niente. Risolve i tre dubbi della vigilia a favore di Totti, Pessotto e Delvecchio (che erano in lotta con Del Piero, Di Livio e Inzaghi) e quei tre gli confezionano il gol del vantaggio: Totti di tacco smarca Pessotto, cross teso da destra e Delvecchio davanti alla porta chiude col piattone. Da lì in poi è sofferenza azzurra, vero, ma il muro Toldo-Iuliano-Cannavaro-Nesta fa ben sperare. Anche al cospetto del grande Zidane. E allora come è stato possibile? Per Silvio Berlusconi il “problema” fu proprio Zidane, “sempre libero di poter creare giuoco”, come dirà qualche giorno dopo, in una conferenza stampa storica.

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Berlusconi sfiducia Zoff

È il 4 luglio del 2000 quando Silvio Berlusconi “dimette” il Ct della Nazionale, Dino Zoff. Berlusconi a Milanello, per presentare la nuova stagione del suo Milan, Zoff sull’aereo dall’Olanda al rientro in Italia, dopo la grande beffa del 2 luglio. Berlusconi è “solo” il presidente del Milan, ma la domanda sulla Nazionale è inevitabile, e lui probabilmente non aspettava altro. Prima finge di contenersi (“Per amor di Patria sto zitto, perché sono dispiaciuto, anzi indignato”), ma poi è più forte di lui e apriti cielo. “Anzi no, devo dirlo perché ho una cosa qui...”, inizia, toccandosi lo stomaco. “Si poteva e si doveva vincere, assolutamente. Non si poteva non vedere certe cose che accadevano in campo. Non si può lasciare la fonte di giuoco, Zidane, libero di iniziare tutte le azioni, soprattutto nel finale. Anche un dilettante se ne sarebbe accorto e avrebbe vinto, fermando Zidane. I nostri giocatori galleggiavano a 5 metri da Zidane. Zidane ha promosso le azioni più pericolose che poi hanno portato al gol. Un allenatore professionista non poteva non vedere certe cose. È stata una cosa indegna. Mi aggiravo davanti alla tv e dicevo: come fanno a non vedere?”. Boom! Zoff atterra a Roma, viene informato della “sfiducia” e si dimette. A renderlo irremovibile è il termine “indegno”. “Offeso come uomo”, il Ct della Nazionale lascia. Lo dice e lo fa sul serio: non si era mai visto prima, ma ancora una volta Zoff dimostra di essere persona di poche parole e tanti fatti. Concreto come la sua Italia fu per un intero Europeo meno un minuto.

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La sintesi di Euro 2000

Alla finale dei rimpianti ci siamo arrivati attraverso i 4 gironi da 4 squadre che hanno esordito quattro anni prima, a Euro ’96. Quello con Portogallo, Germania, Inghilterra e Romania è il girone di ferro e delle sorprese. Fuori subito (ultimi con un punto) i “vecchi” tedeschi campioni in carica e gli inglesi (con Beckham, Shearer e Owen) che come ogni 4 anni partono tra i favoriti. In Portogallo invece Cristiano Ronaldo ha ancora 15 anni, e allora è ancora la generazione di Figo, Rui Costa, Nuno Gomes e Sergio Conceiçao (tripletta nel 3-0 alla Germania!) a spingere ai quarti la squadra. La Spagna è quella di Raul e Mendieta e precede la Jugoslavia del Ct Boskov nel girone B. Norvegia out: Haaland lo inventeranno solo pochi giorni dopo, il 21 luglio 2000, e quello già esistente, papà Alf-Inge, non è convocato: sta trattando il suo passaggio al Manchester City, dove diventerà celebre per la “vendetta” di Roy Keane. La Francia? Chiude il suo girone seconda dietro all’Olanda padrona di casa (assieme al Belgio), superfavorita a vedere quello che il Ct Rijkaard è riuscito a ricreare. Il 6-1 rifilato alla Jugoslavia ai quarti rafforza l’idea, mentre la Francia batte a fatica la Spagna (che spreca un rigore con Raul). La Francia, sempre a fatica (altro 2-1) fa fuori il Portogallo in semifinale (golden gol di Zidane su rigore), l’Italia scrive la storia coi rigori in uno stadio tutto arancione. Ecco, come ci eravamo arrivati.

L'Italia agli Europei 2000: non solo il cucchiaio di Totti

Ma ci sono anche belle istantanee, nel cammino azzurro: il 2-1 all’esordio contro la Turchia (Conte-Inzaghi), il 2-0 al Belgio (Totti-Fiore), il 2-1 alla Svezia (Di Biagio-Del Piero) con il pass già in tasca: 9 punti che ci regalano la Romania ai quarti, regolata con un 2-0 firmato Totti-Inzaghi. A questo punto è chiaro a tutti che ci siamo anche noi, ci manca solo un vero test contro una big, e cosa c’è di meglio della super Olanda? Il 29 giugno 2000 si scrive un pezzetto di storia: l’Olanda spreca due rigori (parata su De Boer, palo Kluivert) contro un’Italia in 10 dal 34’ (rosso a Zambrotta) e più passa il tempo più si ha quella stessa sensazione che vivranno i francesi in finale: che sia scritto che debba andare così. La serie dei rigori la apre Di Biagio che, ricordiamolo, viene dalla traversa al Mondiale ’98 (Italia eliminata ai quarti dalla Francia), per cui non è banale ciò che fa. Liberatosi di un peso, ci pensa Totti a farlo quasi svenire, confidandogli l’idea del cucchiaio. Toldo ne para altri due, in mezzo Stam che manda in orbita il suo. La serata più bella prima della beffa più atroce. Trezeguet, ci devi un favore…