Europei, le mascotte di tutte le edizioni
La prima fu italiana nel 1980, 44 anni dopo ecco Albart. Sono le mascotte degli Europei, personaggi-simbolo delle ultime 12 edizioni. Da Pinocchio agli animali ma anche gemelli e supereroi: ecco i portafortuna degli appuntamenti più recenti. Se qualcuno ha portato bene ai Paesi ospitanti, altri non hanno avuto lo stesso effetto...
- L’Italia fu il primo Paese a ospitare nuovamente la fase finale dopo il 1968, record accompagnato dalla comparsa della mascotte come già avveniva per Mondiali e Olimpiadi. Il celebre "Ciao" di Italia ’90 fu preceduto dal noto burattino di legno, nato dalla penna di Carlo Collodi e munito di pallone, naso tricolore e cappellino "Europa 80". Come andarono gli Azzurri di Bearzot? Alle spalle del Belgio per differenza reti, l’Italia incassò un solo gol (del ceco Jurkemik) e chiuse al 4° posto mentre a trionfare fu la Germania Ovest
- Galletto come da tradizione Bleus, nome che colloquialmente indica il calcio di rigore, fu la mascotte dell’Europeo vinto proprio dai padroni di casa. Un torneo dominato dalla squadra di Hidalgo e dell’immenso Platini, trascinatore con 9 gol (record che resiste ancora) andando a segno in tutte le partite dalla fase a gironi alla finalissima contro la Spagna. Insomma, Peno portò fortuna alla Francia come riuscì nel 1998 anche a Footix, il gallo simbolo dei campioni del mondo nell’appuntamento casalingo
- Qui in compagnia di Franz Beckenbauer, Ct dei tedeschi padroni di casa che si fermarono in semifinale come l’Italia. A salire sul tetto d’Europa fu l’Olanda dei milanisti Van Basten (capocannoniere) e Gullit prima di Rijkaard, vittoriosa sull’Unione Sovietica. E Berni? Così chiamato per rievocare la città di Berna, dove risiedeva la Uefa e dove la Germania Ovest vinse i Mondiali nel 1954, il simpatico coniglio non divenne l’amuleto e non fu riproposto nel 2006: spazio infatti a Goleo VI (un leone) e Pille (un pallone parlante)
- Da un coniglio all’altro a distanza di quattro anni: sforzo relativo per gli svedesi organizzatori del torneo, dalla scelta della mascotte (identico a Berni se non per i colori gialloblù) al nome che indica proprio il morbido animale. I colpi di scena arrivarono piuttosto dal campo a causa del delicato quadro politico: l’ormai ex Urss partecipò come Comunità degli Stati Indipendenti, mentre la Jugoslavia fu squalificata e sostituita dalla sorprendente e vittoriosa Danimarca. E gli svedesi? Fuori in semifinale, alla faccia di Rabbit
- Non rivedremo più i conigli, mascotte che abbraccia la tradizione e accoglie un leone dalla maglia inglese. Si gioca sul nome (calcio e riferimento al personaggio biblico) e sulla storia: nel 1966 il leone Willie portò benissimo ai padroni di casa, campioni del mondo per la prima e unica volta. Stavolta la squadra di Venables dovette accontentarsi della semifinale, persa ai rigori contro la Germania (poi vincitrice) con l’errore dell’attuale Ct Southgate. Una prova comunque da leoni nella prima edizione con 16 partecipanti
- Un po' leone e un po' diavolo per richiamare entrambe le Nazionali, personaggio che introduce il primo appuntamento organizzato da due Paesi. Interessante la scelta del nome: sì all’unione tra Belgio, Olanda e Lussemburgo (Benelux, appunto), ma anche alla combinazione tra 'bene' e 'luck' (fortuna). Va detto che a gioire non furono né il Belgio (fuori ai gironi) né l'Olanda, eliminata nella folle semifinale dall’Italia a sua volta beffata all’ultimo atto dalla Francia col golden gol di Trezeguet. Ma quale fortuna nel 2000?
- Figuratevi come la presero i portoghesi padroni di casa, vicinissimi ad eguagliare la Francia nel 1984. Era la squadra di Scolari e del 19enne Cristiano Ronaldo, in lacrime a Lisbona dopo aver eliminato Inghilterra e Olanda. Già, perché a festeggiare fu la rivelazione Grecia, trionfo targato Rehhagel e Charisteas. E la mascotte? Era un ragazzino in versione cartoon, vestito coi colori della Nazionale e dal nome che si rifaceva alla bandiera portoghese (Bandeira das Quinas). Si passava quindi dalla dimensione animale a quella umana
- Il ritorno dell’Europeo dall’organizzazione congiunta, edizione che inaugurò il ciclo d'oro della Spagna (già vittoriosa ai quarti contro l’Italia campione del mondo in carica). A rappresentare il torneo furono i due gemelli delle Alpi, vestiti di rosso e bianco ovvero i colori delle Nazionali ospitanti (fuori subito ai gironi). Quantomeno i ragazzini Trix e Flix, accompagnati dal brano 'Feel the Rush' di Shaggy, fecero ballare tifosi e appassionati con una colonna sonora irresistibile. E ispirarono le mascotte seguenti
- I gemelli tornano d'attualità quattro anni dopo, appuntamento che premia ancora la Spagna dalla vittoria schiacciante sull’Italia in finale. A scanso di equivoci, nonostante le divise delle Nazionali di casa, Slavek e Slavko presentano vistose chiome colorate come le bandiere di Polonia e Ucraina. Tante le analogie con l’edizione precedente, compreso il cammino dei Paesi organizzatori entrambi eliminati nella fase a gironi. Da allora le coppie di ragazzini non si sono più viste, così come la formula a 16 squadre
- Si passa a 24 Nazionali al via e si torna in Francia come nel 1984, quando Peno fu l’amuleto della spedizione di Platini e compagni. Impresa che 32 anni dopo non riesce al bimbo-supereroe, mascotte dotata di mantello e poteri nonché appassionata di calcio. Griezmann capocannoniere e Bleus imbattuti fino alla finale, quando a trionfare è il Portogallo con un gol dell’insospettabile Éder. Una beffa enorme per la Francia, come era accaduto proprio a CR7 nel 2004: chissà, forse era il caso di adottare un altro galletto
- La prima edizione itinerante nella storia degli Europei, unicità che premia una mascotte d’eccezione. Ecco il personaggio in versione cartoon, freestyler scelto quasi per caso come spiega la storia: le sue acrobazie hanno conquistato la giuria che seguiva un’esibizione, talent show che ha mostrato tutte le abilità di Skillzy nello street football. È stato quindi scelto per il tour tra le città ospitanti dove ha dato spettacolo. E ha portato tantissima fortuna all'Italia, campione d'Europa a Wembley contro gli inglesi padroni di casa
- Un ritorno nel Paese a distanza di 36 anni, dove ad accogliere gli appassionati troviamo un simpatico orsetto gigante. Secondo la tradizione, il popolarissimo orsacchiotto per i più piccoli sarebbe nato proprio in Germania all'inizio del XX secolo. Un nome scelto dal 32% dei votanti (le alternative erano Bärnardo, Bärnheart ed Herzi von Bar, tutti ispirati a 'orso' in tedesco), mascotte dalla missione educativa: Albart vuole convincere i bambini di tutta Europa all'attività fisica e a coltivare l'amore per il calcio e i suoi valori