Si fa presto a sentenziare. Domande, risposte e riflessioni in libertà di Guido Meda sul titolo di Marquez, la stagione di Dovizioso, la collaborazione che fa tanto discutere di Jorge Lorenzo
Ci sono casi in cui l'obbligo di produrre una sentenza può generare un’ingiustizia. E’ stragiusto il mondiale di Marquez - partiamo da qui - spaventosamente pulito, rischioso, veloce. E' il sesto per lui a 24 anni, guadagnato in una gara, l'ultima, in cui pur potendo andare a spasso si è cacciato in un guaio per vincere riuscendo persino un’altra volta a cadere senza cadere, sul più bello. Solo lì ha capito. Avrà pure un ferro di cavallo saldato addosso, essendo caduto 27 volte in uno sport in cui cadere non è banale, ma è proprio bravo nel suo Marquez Style, una specie di tutto o niente costante (più tutto che niente) con cui, volendo batterlo, bisogna fare i conti.
Visto con un certo campanilismo sa di ingiustizia il non mondiale di Dovizioso alle prese con una commuovente rivincita esistenziale lunga una stagione; unico a mettere in seria discussione Marquez, pareggiandolo con le vittorie 6 a 6. Un cammino che per continuare ora ha bisogno di una moto Ducati più propensa a chiudere le curve per essere perfetta e sembrare... una Honda.
A molti, quasi tutti, sarà sembrata certamente un’ingiustizia il fatto che Lorenzo non abbia ascoltato l’invito, ripetuto, della Ducati di farsi da parte e lasciar passare Dovi. Attenzione però che potrebbe essere un’ingiustizia anche condannare Lorenzo senza sapere cosa provi il pilota in sella; senza ricordare che la moto non è come la F1 e che qui l’ordine di scuderia sostanzialmente non esiste. E’ un suggerimento, al massimo.
Dovizioso, dopo la caduta di entrambi, dirà di essere stato aiutato da Lorenzo che gli apriva la strada, il che dovrebbe signorilmente chiudere ogni genere di polemica. Nel dubbio forse era meglio spostarsi e dare via libera, così, tanto per verificare, evitarsi una imparabile coda velenosa e qualche malumore interno. Del genere di quelli che si vivono anche in Yamaha, dove altri due fenomeni come Rossi e Vinales vivono Valencia da desaparecidos. Il che è certamente un’ingiustizia che partorirà sentenze.