Honda NR 500 0X oltre il limite dell’immaginazione

MotoGp

Paolo Beltramo

La NR 500 0X fu un prototipo talmente rivoluzionario da non poter essere competitivo in pista. Ma rimase l’ultimo dei progetti senza limiti di una casa che voleva essere all’avanguardia a tutti i costi

GP di Silverstone in diretta su Sky Sport MotoGP, Sky Sport Uno e online su Skysport.it. Attenzione agli orari delle gare: Moto3 alle ore 12.20, MotoGP alle 14.00, Moto2 alle 15.30

LA GRIGLIA DI PARTENZA

ROSSI IN PRIMA FILA: "VOGLIO ALMENO IL PODIO"

GUIDA TV - TEMPI

CLASSIFICA - CALENDARIO

40 anni e una decina di giorni fa, era il 12 agosto del 1979, a Silverstone esordì l’ultima versione estrema, totale, assoluta della fantasia al potere nel motociclismo da corsa: la Honda NR (New racing) 500 0X. Si trattava di una 4 tempi che cercava, su stimolo del grande Soichiro Honda in persona, di contrastare il predominio ormai chiaro dei motori a 2 tempi. Dal 1970 la federazione internazionale aveva stabilito limiti stringenti al numero dei cilindri. Niente più, quindi, 50 bicilindrici, 125 5 cilindri (Honda), 250 6 cilindri (Honda), 500 8 cilindri (Guzzi) e così via sognando, creando, inventando, sperimentando senza limiti. Per la classe 500 il massimo dei cilindri era di 4.

A quel punto i limiti c’erano, il problema era come fare perché non fossero un muro insuperabile. Va detto che ancora non c’erano problemi economici nell’investire. Così Honda decise di fare la guerra ai 2 tempi con un motore 4 tempi che potesse esprimere la stessa potenza. Per riuscirci doveva creare qualcosa che girasse al doppio per annullare lo svantaggio di un ciclo utile ogni due giri, anziché ogni giro e senza il plurifrazionamento che era il sistema migliore per riuscirci. Fu così che, sotto la direzione dell’ingegner Soichiro Irimajiri, nacque un V4 a 100° con pistoni detti “ovali” (in realtà erano due semicerchi collegati da due parti rettilinee), doppia biella, doppia accensione, doppia alimentazione con carburatori a doppio corpo, profusione di materiali pregiati (titanio, magnesio, carbonio), capacità di girare fino a 20.000 giri, telaio monoscocca portante con cupolino separato, due radiatori laterali a sfioramento (come la Brabham BT 46 in F1), forcellone coassiale al pignone per eliminare i problemi del “tiro catena”, forcella con molla esterna, ruote componibili “Comstar” da 16 pollici.

In pratica era una 8 cilindri fatta diventare 4 con l’idea dei pistoni ovali. Allora una moto così sembrava essere arrivata da Marte, oggi lo sembrerebbe ancora. Il problema era la tecnologia di quegli anni. Non quella metallurgica o di lavorazioni estreme come il carbonio, ma di elettronica: niente iniezione, niente gestione del freno motore (fortissimo su un 4 tempi molto, molto, molto, molto spinto), nessun tipo di mappatura possibile, in più la partenza a spinta. Insomma un diamante incastonato su un pezzo di legno, o se preferite un razzo sottoterra. Forse avrebbe potuto funzionare, ma non funzionò: in quella prima gara Takazumi Katayama si ritirò per rottura al 3° giro, Mick Grant partì soltanto grazie alla rinuncia (quanto spontanea non si sa…) di cinque privati che fecero in modo che potesse partire e cadere alla prima curva. Alla gara sucessiva di Le Mans nessuno dei due si qualificò…

Insomma, dal punto di vista dei risultati, un disastro. Ma resta l’emozione di aver vissuto quei giorni incredibili, coi giapponesi che portavano avanti e indietro casse contenenti i motori che si rompevano a ripetizione da un Magazzino affittato per l’occasione, la curiosità di capire, vedere, vivere quella sfida impossibile, assurda, presuntuosa, ma così contraddittoriamente romantica e troppo avanti per la sua epoca.

Nel modello successivo del 1980, denominato 1X, c’è una frizione a “limitatore di coppia retrograda”, in pratica il primo tentativo di frizione antisaltellamento, telaio a tubi aperto, ruote da 18”, forcella più tradizionale Marzocchi e freni Brembo. La 2X dell’81 ha bancate con apertura di 90°, inclinazione delle valvole ridotta, 135 cavalli. La sua carriera finisce qui, in pista ci sarà la NS 500 3 cilindri a V due tempi, anche se della NR ne verrà costruita un’ultima versione 3X che resterà un esercizio di genio, ma non correrà. Una sola la vittoria, nella 200 miglia di Suzuka 1981 col giapponese Kyiama e una pole a Laguna Seca di Freddie Spencer nel campionato americano del 1981. Tutto qui, ma chi, come me, quel 12 agosto del 1979 ha avuto la fortuna di essere a Silverstone può dire di aver visto cose che voi umani…

P.S. Una decina di anni dopo, nel 1992, fu costruita una versione stradale di 750cc della NR, realizzata in tiratura limitata (322 esemplari) e venduta a 100 milioni di lire dell’epoca. Una moto che con Loris Capirossi nel 1993 stabilì numerosi record di velocità sul circuito di Nardò, in provincia di Lecce.