MotoGP, GP Germania. Da Miller a Stoner, dove nasce l'amore degli australiani per Ducati

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Paolo Lorenzi

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Miller correrà con la KTM dal 2023, ma nella conferenza che anticipa il GP Germania non è riuscito a nascondere il suo amore per la Ducati, team che lascerà al termine della stagione: "È stata un'esperienza eccezionale, che non cambierei per nulla al mondo". Proviamo a capire da dove deriva questo rapporto così speciale tra i piloti australiani e la casa di Borgo Panigale, citando precedenti celebri come Casey Stoner e Troy Bayliss

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Sguardo basso, cappellino calato sugli occhi, il ricordo in conferenza stampa di "un’esperienza eccezionale", per dirla con le sue parole, porta a credere a un Jack Miller sinceramente triste per l’addio alla Ducati, che in fondo gli ha preferito un altro pilota (Bastianini? Martin?). Ma perché non dovrebbe essere così? D’altra parte Jack è un ragazzo sincero e quando confessa "non scambierei questa esperienza con nulla al mondo", viene da credere a quello sguardo dispiaciuto. Quando accenna "alla fedeltà della Ducati che sono certo mi tratterà bene fino all’ultimo", racconta di un legame e di un rispetto reciproco che resterà saldo anche quando si troveranno avversari in pista, lui in sella alla KTM, nel 2023.

Il rapporto tra la Ducati e i piloti australiani

"Miller è un pilota di grande talento - aveva detto Gigi Dall’Igna, direttore del reparto corse Ducati -. Ha saputo interpretare al meglio la nostra Desmosedici, ma soprattutto è una persona corretta e leale, sul cui massimo impegno abbiamo sempre potuto contare". Con altri piloti non è finita altrettanto bene. Non con Andrea Dovizioso, non con Jorge Lorenzo, nemmeno con Petrucci a ripensarci, anche se Danilo oggi gareggia per la casa di Borgo Panigale nel Moto America. Ma con i piloti australiani c’è sempre stato affetto e rispetto, si è creato un legame capace di resistere alle prove di un mondo tremendamente competitivo che esaspera tutto. Ambizioni e rapporti, non sempre facili. Stoner è stato molto amato dai tifosi Ducati, a cui ha regalato nel 2007 l’unico titolo finora vinto dalla Desmosedici. Amore ricambiato. Smessi i panni di pilota, Casey è rimasto legato all’immagine della Ducati come una sorta di vessillo (e forse gli hanno anche perdonato le critiche alla gestione dei piloti, di un anno fa: "La Ducati non è più leale con i suoi piloti", disse in un’intervista a Road Racing World). Troy Bayliss le insegne di Borgo Panigale le porta incise nella pelle: le tante cicatrici rimediate correndo e vincendo in Superbike con le sue moto. I tifosi l’hanno amato soprattutto per questa generosità senza prezzo. Gente schietta, dicono degli australiani, piloti d’altri tempi per usare una definizione cara a chi ama tracciare una sorta di confine. Tra chi gareggia con il cuore e chi cerca solo il proprio tornaconto. Moto ruvide, dicevano delle Ducati, quindi perfette per piloti scafati, ma qui si rischia davvero di farsi prendere dalla suggestione e dai luoghi comuni. Però, questo legame indissolubile tra gli australiani e la casa emiliana, un qualche fondamento deve pur avercelo. "Io non sono come Stoner, forse sono più simile a Bayliss, vorrei avere le loro qualità, ma ciascuno è diverso" disse Miller quando venne promosso dalla Pramac al team ufficiale a fine 2020. E aggiunse una cosa illuminante: "Una cosa abbiamo in comune noi tre, questa tradizione in casa Ducati". Persino Stoner ha provato a dare una risposta anni fa al quesito: dove nasce la sincronia perfetta con la rossa bolognese? "Credo che capiti perché lo stile di guida australiano si adatta perfettamente alle caratteristiche della Ducati - rispose Casey -. Come me, anche Bayliss e Miller si sono trovati e si trovano bene con questa moto".