Ducati Pramac, Campinoti: "Martin può diventare il più forte, Morbidelli si rilancerà"
a skysport.itL'intervista di Paolo Beltramo al proprietario del team Prima Pramac: "Adesso è facile parlare di Ducati, ma quando siamo arrivati noi era una moto che nessuno voleva. Abbiamo creduto nel progetto, nelle persone e nella loro forza. Ci sentiamo molto partecipi di questo sviluppo e di questi successi. Martin, se riuscirà a gestire e a incanalare la sua esplosività naturale, diventerà il pilota più forte in MotoGP. Borsoi rilancerà Morbidelli: credo che Franky quest'anno ci farà divertire"
Lo dicevano in tanti: "Se lo chiami al telefono è quasi sempre in giro per il mondo". Poi ti capita di cercarlo per fargli quest’intervista e prima ti dicono che è in Cina, quindi gli mandi un messaggio e ti risponde di essere in India, che tornerà venerdì sera di chiamarlo la settimana prossima. Quindi telefoni ed è in Inghilterra, meglio sentirsi verso sera. E va già bene che non sia in qualche paese molto più lontano con fusi orari più difficili. A Paolo Campinoti, il proprietario del team campione del mondo Prima Pramac, il primo e l’unico indipendente ad esserci riuscito nella storia della MotoGP, è proprio così: sempre impegnato, in viaggio, viste le 4 fabbriche a Siena, in Spagna, Brasile e Cina e le quasi venti filiali, ma anche sempre sorridente, attivo, stimolante, disponibile. Molti dei circuiti dove si corre di notte nel motomondiale e in F1 (Qatar, Abu Dhabi, Singapore, Bahrein, Arabia Saudita…) sono illuminati grazie ai suoi gruppi elettrogeni. Stargli dietro non deve essere facile, ma se ci riesci, come hanno fatto le persone delle sue aziende e del Team, le soddisfazioni non mancano. Soprattutto se ti chiami Jorge Martin, l’uomo col quale in questo campionato 2024 punterà anche al mondiale piloti.
L’acronimo Pramac viene dalle iniziali dei tre fratelli, del papà che iniziò il tutto negli anni sessanta e della mamma: Paolo, Riccardo, Alessandro, Mario e Adriana Campinoti. Prima l’azienda si chiamava “L’Europea” e trattava betoniere ed elevatori, diventando anche sponsor della Benetton F1. Spiegato il nome e riassunta la storia, eccoci a scoprire come e perché sia diventato un marchio così rinomato, ambito e vincente nel motomondiale.
Com’è iniziata la storia? Eravate già appassionati di moto? Ciao Paolo, raccontacelo...
“No appassionati no, ma eravamo già partner storici di Honda per i motori dei gruppi elettrogeni e tramite loro siamo riusciti a partire con un team, quello di Jeff Hardwick, che era in difficoltà proprio con la Honda, non li pagava e cose così. Era il 2002. Quella prima volta avevamo Tetsuya Harada come pilota e Honda, siamo stati i primi a portare le Bridgestone in MotoGP che ha iniziato con noi insieme a Tamada. Per me è stata un’esperienza diciamo fortuita, ma che poi è diventata un mezzo importante per la promozione dei nostri prodotti a livello mondiale. Da lì poi abbiamo iniziato a sviluppare il team ed è arrivata la passione. All’inizio ci ha aiutato la Honda e per noi era una cosa più che altro commerciale”.
Poi però mi sembra che tu ti sia innamorato di questa attività.
“Certo, una volta che entri nell’ambiente ti appassioni, è naturale, ma per noi è stato molto importante farci conoscere in tutto il mondo. I Gran Premi in notturna sia delle moto sia della F1 sono quasi tutti illuminati da noi e questo è stato un enorme volano commerciale. A livello personale poi è normale che ti prenda la passione, soprattutto ora che il livello si è alzato con la competitività del team. Oltre all’aspetto commerciale aziendale c’è quello sportivo che è molto bello, che ci dà adrenalina”.
Ti faccio i complimenti perché anche quando hai perso dei pezzi, li hai sempre rimpiazzati con scelte vincenti.
“Il bello nostro è che siamo proprio una squadra, e anche se perdi un pezzo la squadra è sempre più forte dell’individuo e riesce ad amalgamare i nuovi. È proprio la forza dell’insieme più che delle persone, degli individui. Il motorsport, nonostante sembri uno sport singolo è prevalentemente un’attività di squadra: tutti devono remare nella stessa direzione, altrimenti è difficile ottenere i risultati che abbiamo raggiunto. Dal cuoco, a chi guida il camion, all’hospitality, ai meccanici ci deve essere un senso di appartenenza molto forte che ti consente quando ci sono, di superare i
momenti di difficoltà”.
Sulla griglia il pilota è solo, ma se ci arriva fiducioso e tranquillo, concentrato soltanto sulla guida, sul risultato è merito di chi ci sta dietro.
“Esattamente. Il piota lì è solo, ma con lui nella moto c’è tutta la squadra, da chi si occupa delle gomme, a chi gli ha pulito la visiera. Tutto fa sì che possa essere tranquillo quando è solo sulla moto. Deve sentire che sono tutti con lui”.
Chi è il tuo pilota preferito nella storia? Lasciando perdere i tuoi.
“Questa è una domanda difficile. A parte i presenti sono molto legato a Iannone, a Jack Miller, Barros che sento e vedo ancora, gente che oltre ad essere grandi piloti e professionisti, sono persone con un gran cuore, persone che lasciano il segno. Con questi ti resta un legame che va oltre l’aspetto professionale. Un altro che per me ha lasciato un segno professionale, ma anche personale è Zarco”.
È bello sentire che in questo periodo così positivo per il motociclismo italiano a tutti i livelli, emerga che ha una sua grande importanza anche l’aspetto umano.
“Tante volte si tende a sottovalutare l’aspetto dell’essere umano, oramai è tutto robotizzato, ma invece la vera differenza la fanno il cuore, la passione che ti spingono a fare quello sforzo in più quando serve, che non ti fanno sentire la fatica, ti fanno andare oltre i problemi. Queste cose le può fare soltanto l’essere umano, altrimenti basterebbe prendere un robot, metterlo in moto e dirgli di andare”.
È un modo di lavorare, di gestire un’attività che vale anche per un’azienda o è un approccio specifico per un team? Tu che fai entrambe le cose, cosa dici?
“Ho sempre avuto la convinzione che un’azienda senza cuore sia una specie di pezzo di ferro, alla fine non puoi discernere l’aspetto umano da quello professionale. Alla lunga ci possono essere degli ottimi professionisti che però perché sono pessime persone alla lunga ti lasciano dei danni che paghi negli anni. Un equilibrio tra cuore e testa è fondamentale. Se è soltanto cuore magari metti uno al quale vuoi bene a fare una cosa che non sa fare e fai un danno anche a lui. L’equilibrio è essenziale e il bello del nostro team è proprio questo. Per esempio negli ultimi anni abbiamo fatto crescere molti piloti giovani che poi sono arrivati alla Ducati ufficiale come Miller,
Bagnaia, Martin se ci andrà”.
Vi siete anche meritata la fiducia totale di Ducati che vi fornisce moto ufficiali. Più che un team esterno siete una specie di “succursale”.
“Sai adesso è facile parlare di Ducati, ma quando siamo arrivati noi la MotoGP di Ducati era una moto che nessuno voleva, ma noi abbiamo creduto nel progetto, nelle persone, nella forza di Ducati. Sinceramente ci sentiamo anche molto partecipi di questo sviluppo, di questi successi. Ora godiamo anche dei benefici del lavoro che abbiamo fatto con loro. Adesso Ducati è la squadra/azienda migliore che c’è nel motomondiale”.
Quando avete iniziato con Ducati?
“Prima di Stoner, nel 2005 quando c’era Capirossi. Il dopo Stoner (campione del mondo nel 2007) è stato il periodo più basso di Ducati. All’inizio c’era l’entusiasmo di cominciare, poi con Stoner si vince. Ma con la sua partenza le cose si sono un po’, come dire, avvitate su sé stesse e non si riusciva a fare una moto che attirasse i piloti. Nessuno voleva venire con noi “.
Pensa che adesso è venuto Marc Marquez. Come cambiano le cose eh?
“Una volta dovevamo strapagare i piloti e ora Marquez è venuto gratis. Guarda un po’ qual è la forza di questa azienda”.
Quindi sarai molto felice di questa tua scelta strategica.
“Molto anche perché in questi anni, oltre agli alti e bassi nei risultati, si è creato questo rapporto solido a livello umano tra le persone, le aziende. C’è una fiducia totale che ti permette di fare le cose a occhi chiusi: sai già quello che pensano loro, quello che pensiamo noi…è una gioia lavorare così”.
Avevi immaginato di arrivare così in alto?
“Come Pramac no perché quello che abbiamo fatto l’anno scorso vincendo - primi nella storia - il mondiale per Team da indipendenti. Quanto a Ducati si vedeva che dietro c’era un grande lavoro, ma immaginare di vincere per due stagioni consecutive il mondiale piloti, quelli marche, squadre, team indipendenti e nel 2023 mettere anche 3 piloti ai primi 3 posti e con un sacco di gare vinte forse no. Abbiamo dominato forse più della Red-Bull in F1. Arrivare a questi livelli pensando agli
anni dove Honda e Yamaha facevano il bello e il cattivo tempo sinceramente era al di là dei sogni”.
Cosa hai imparato da questa attività nel motomondiale?
“Una delle lezioni che ho cercato di trasferire in azienda è che in questo mondo delle corse devi fare le cose bene e in fretta. Il segreto della MotoGP e poi anche della F1 e di questi sport motoristici e che devi fare le cose bene, perché non puoi sbagliare altrimenti non vai da nessuna parte, ma devi fare anche in fretta. Questa è stata un lezione professionale, sportiva e aziendale soprattutto”.
Dai tempi di Capirossi e della prima MotoGP le cose sono cambiate molto. C’è qualcosa che non ti piace?
“No, direi di no. A personalmente anche la sprint race del sabato piace abbastanza, forse le gare sono un po’ troppe, però alla fine è stata una formula vincente. Credo che in MotoGP la parte sportiva sia quella che ci dà una marcia in più perché è uno spettacolo concentrato, breve: se guardi la F1 quasi 2 ore, il Super Bowl 4… Alla fine la MotoGP è molto adrenalinica, bella. Forse ci manca un po’ quello che sta intorno. Come se avessi un buonissimo prodotto, ma confezionato non proprio bene. Ci sarebbe da investire un po’ di più nella parte 'packaging', per vendere meglio
il prodotto bellissimo che abbiamo”.
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Secondo te non varrebbe la pena di valorizzare di più, come era una volta, le categorie inferiori? Basti pensare a miti come Nieto, Ubbiali… ora invece sono soltanto classi di passaggio.
“Non so, onestamente è una domanda un po’ difficile. Però vedo che anche in F1 oramai c’è molta più attenzione per la categoria top. Questo lo vedi anche nel calcio, in tutti gli sport professionistici. In sostanza i piloti, meccanici, manager che stanno lì sono quelli che guadagnano di più e quindi la maggior parte delle risorse va lì. Alla fine il clou in un weekend sono le due gare di MotoGP, anche Moto3 e Moto2 sono belle, ma hanno meno appeal. È come vedere una partita di Serie A e una di
Serie B”.
Parliamo un po’ di Jorge Martin, il fuoriclasse che hai nella tua squadra, quello che ha conteso il titolo a Bagnaia l’anno scorso e che punta altissimo.
“Jorge è di sicuro un grandissimo talento. È velocissimo, forte, ha fatto un grande salto come persona, ora è più equilibrato, più responsabile, più sereno, tranquillo. Se riuscirà a gestire un po’ più quell’esplosività naturale che ha e la incanala diventa secondo me il pilota più forte che c’è in MotoGP. Se guardiamo la seconda parte di stagione ’23 ha davvero dominato e se non ha vinto è perché ha commesso degli errori, se riesce a gestirsi meglio è una furia”.
Quindi dillo: quest’anno puntate a vincere anche il mondiale piloti.
“Sì, sì. Non so se ce la faremo, ma mi pare sia lecito che dopo la stagione che abbiamo fatto l’anno scorso si parta per vincere. Poi puoi riuscirci o no, ma l’obiettivo è stare nelle prime posizioni sempre. A livello di Team siamo quello da battere, il pilota è finito secondo nel mondiale, quindi mi sembra giusto partire per vincere. Poi a livello scaramantico puoi dire altro, ma l’obiettivo è quello di vincere. Fa parte anche di un’evoluzione logica, naturale”.
Anche la scelta di Borsoi per sostituire Guidotti è stata una scommessa vinta.
“Scommessa per modo di dire perché col team Aspar ha vinto mondiali di Moto3 e Moto2, è conosciuto nel paddock come una persona seria e professionale, quindi una scommessa abbastanza sicura. Io credo che Gino quest’anno farà un’altra operazione molto bella, ossia rilancerà franco Morbidelli. Io credo che Franky quest’anno ci farà divertire. Noi lo conosciamo fin da bambino e siamo molto legati anche affettivamente e spero che possa giocarsi questa chance, Credo che abbia bisogno e voglia di riscattarsi. Io sono stato subito contento quando c’è stata
questa opportunità perché sembrava avere un po’ perso il treno, e invece eccone un altro”.
Ha iniziato con un po’ di sfiga, ma…
“Noi ci crediamo, speriamo che abbia esaurito la sua dose di sfiga”.